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Crisi dei consumi, Umbria maglia nera: le famiglie spendono 433 euro al mese in meno rispetto al 2007

Secondo la ricerca dell’Ufficio Studi della Cgia, in Italia con la crisi sono stati persi 21,5 miliardi di consumi delle famiglie. Crollati negozi e botteghe: 200mila in meno negli ultimi 10 anni

Una ricerca che torna ad evidenziare la profonda crisi economica italiana, quella dell’Ufficio studi della Cgia, che sottolinea come l’Umbria vesta la “maglia nera” rispetto al calo dei consumi da parte delle famiglie e rispetto alla chiusura di imprese artigiane.

I consumi delle famiglie

Rispetto al 2007 (anno pre-crisi) le famiglie italiane, si legge nel report, hanno “tagliato” i consumi per un importo pari a 21,5 miliardi di euro. Lo scorso anno, la spesa complessiva dei nuclei familiari del nostro Paese è stata pari a poco più di 1.000 miliardi di euro. Nonostante la contrazione, questa voce continua comunque ad essere la componente più importante del Pil nazionale (pari al 60,3 per cento del totale)

Se il Sud Italia ha registrato la riduzione più importante. Dal 2007 al 2018 le famiglie meridionali hanno “tagliato” la spesa mensile media di 131 euro (mediamente di 1.572 euro all’anno), quelle del Nord di 78 euro (936 euro all’anno) e quelle del Centro di 31 euro (372 euro all’anno).

La situazione in Umbria

In questo contesto, sempre in merito ai consumi delle famiglie, a livello regionale le situazioni più negative in termini assoluti ed espressi in valore nominali medi si sono verificate in Umbria (-443 euro al mese), in Veneto (-378 euro) e in Sardegna (-324 euro). In contro tendenza, invece, i risultati ottenuti in Liguria (+333 euro al mese), in Valle d’Aosta (+188 euro) e in Basilicata (+133 euro). La situazione di difficoltà è proseguita anche nell’ultimo anno, in particolar modo al Nord: in Lombardia, in Trentino-Alto Adige, in Emilia Romagna, in Piemonte, in Veneto e in Friuli Venezia Giulia la spesa mensile media delle famiglie nel 2018 è stata inferiore a quella relativa al 2017.

La chiusura delle imprese artigiane

In termini percentuali la regione più colpita dalla moria di aziende artigiane è stata la Sardegna che negli ultimi 10 anni ha visto scendere il numero del 19,1 per cento. Seguono l’Abruzzo con il 18,3 per cento e l’Umbria con il 16,6 per cento. L’andamento delle imprese attive nel piccolo commercio, invece, ha subito la riduzione più significativa in Valle d’Aosta con il 18,8 per cento, in Piemonte con il 14,2 per cento e in Friuli Venezia Giulia con l’11,6 per cento. Rispetto al trend negativo, risultano essere di segno opposto la Calabria (+3 per cento), il Lazio (+3,3 per cento) e la Campania (+4,6 per cento)

Il crollo dei beni non durevoli

Dall’analisi delle funzioni di spesa, tra il 2007 e il 2018, la contrazione più importante ha riguardato l’acquisto dei beni (-10,3 per cento), mentre i servizi sono cresciuti del 7 per cento. Nel dettaglio, i beni non durevoli (es. prodotti cura della persona, medicinali, detergenti per la casa, etc.) sono crollati del 13,6 per cento, quelli semidurevoli (es. abbigliamento calzature, libri, etc.) si sono ridotti del 4,5 per cento e quelli durevoli (es. auto, articoli di arredamento, elettrodomestici, etc.) del 2,8 per cento. La caduta dell’acquisto dei beni è proseguita anche quest’anno: tra il primo semestre 2019 e lo stesso periodo del 2018 la contrazione è stata dello 0,4 per cento con una punta del -1,1 per cento dei beni non durevoli. Interessante, invece, l’esito dei beni durevoli: quest’anno la crescita è stata del 2,9 per cento.

Tra le voci di spesa più significative va segnalata quella dei trasporti (auto, carburanti, biglietti treni, bus, tram, etc.): tra il 2007 e il 2018 la caduta è stata addirittura del 16,8 per cento ed è proseguita anche quest’anno con un preoccupante -1 per cento. Diversamente, le telecomunicazioni (cellulari, tablet e servizi telefonici, etc.) hanno segnato degli score straordinari: negli ultimi 10 anni +20,1 per cento e nell’ultimo anno +7,7 per cento (vedi Tab. 3).

Le vendite al dettaglio, che costituiscono il 70 per cento circa del totale dei consumi delle famiglie, negli ultimi 11 anni sono scese del 5,2 per cento. Tuttavia, quelle registrate presso la grande distribuzione sono aumentate del 6,4 per cento, mentre nella piccola distribuzione (botteghe artigiane e piccoli negozi) sono precipitate del 14,5 per cento. Sebbene il gap si sia decisamente ridotto, anche in questi primi 9 mesi del 2019 i segni sono rimasti gli stessi: +1,2 per cento nella grande e -0,5 per cento nella piccola distribuzione.

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