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Attualità Via Campomicciolo

La proposta: realizzare all’ex Milizia di Terni il centro umbro di accoglienza e cura delle epidemie

Mozione di Paparelli (Pd) in consiglio regionale: progetto strategico, il fabbricato è già dotato di impiantistica idonea a garantire il contenimento biologico

Tremila metri quadrati, via Campomicciolo. Prima centro per la ricerca sulle cellule staminali del professor Angelo Vescovi, poi sede di dislocamento per alcuni laboratori del Santa Maria. Ma ancora oggi solo stanze grandi e libere.

A metà dello scorso gennaio, il presidente uscente dell'Ater, Alessandro Almadori, tracciando un bilancio del suo mandato disse: "Spero che vi sia piena sinergia tra istituzioni ed enti per questo posto che, anche per la sua collocazione vicina all'ospedale, vede come sua vocazione naturale una destinazione d'uso per la sanità e la ricerca biomedica".

Oggi, quando l'Umbria sembra intravedere la fine del tunnel dell'emergenza Coronavirus, il consigliere regionale del Partito democratico, Fabio Paparelli, rilancia: “Realizzare a Terni, nella struttura denominata Ex Milizia di proprietà di Ater, un centro esclusivo di cura e isolamento dei malati Covid19”, anticipando una proposta che verrà formalizzata attraverso una mozione di cui annuncia la presentazione.

“In particolare – spiega Paparelli - questo fabbricato di nuova costruzione, ad oggi ampiamente sottoutilizzato, si trova nei pressi dell’azienda ospedaliera Santa Maria, ed è stato progettato e, in parte realizzato, ai fini della ricerca biomedica, risultando quindi già dotato di impiantistica idonea a garantire il contenimento biologico. Mi auguro che i colleghi consiglieri, aldilà del colore politico e della provenienza territoriale, sappiano cogliere l’opportunità di realizzare, a costi contenuti e in tempi brevi, una struttura così importante e strategica per i cittadini di Terni e dell’Umbria, dando il via all’impegno delle risorse necessarie al suo adeguamento ai fini di una nuova destinazione d’uso”.

“Come noto - sottolinea Paparelli - fin dall’inizio della pandemia, è apparso chiaro a tutta la comunità scientifica, che l’ospedalizzazione dei pazienti affetti da Covid19 ha avuto, specie in una prima fase, un ruolo di amplificazione dei contagi, principalmente a causa delle errate modalità di accoglienza e ricovero dei sospetti positivi nell’ambito della gestione dei protocolli di sicurezza ospedaliera, come nei casi tristemente famosi di Lodi e Codogno. È indispensabile pertanto che la separazione dei percorsi di accesso alle cure dei pazienti Covid19, venga affrontata ancor meglio anche in Umbria, con l’attivazione di nuove misure preventive unite ad una maggiore territorializzazione dei servizi sanitari, e attraverso soluzioni di isolamento adeguate che portino ad escludere l’automatismo sintomo–pronto soccorso–ricovero”.

“Anche nel medio e lungo periodo - precisa Paparelli - il tema delle strutture interamente dedicate alle gestioni di possibili eventi epidemici sembra essere l’unico strumento per garantire una corretta gestione delle emergenze come quella che stiamo vivendo, che non può certamente essere affrontata con ospedali da campo eccessivamente costosi ed inefficaci, come ci dimostra l’esempio di Milano, ad oggi peraltro ampiamente inutilizzato, o come quello che si starebbe per realizzare anche in Umbria, sul quale già si adombrano, da più parti, forti dubbi”.

“È necessario – conclude Paparelli - che si proceda celermente all’adozione del piano sanitario regionale preadottato nel maggio 2019. Ma anche all’aggiornamento del piano pandemico del 2007, prevedendo anche la realizzazione del centro di accoglienza e cura sulle epidemie nella Ex Milizia di Terni, confermando e rafforzando il ruolo primario della sanità pubblica, e, in particolare, di quello della medicina territoriale e di base che ha consentito all’Umbria di affrontare meglio di altre Regioni questa emergenza sanitaria”.

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