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“De Michelis? Gli prestai il mio aereo e lui salì a bordo con tredici bellissime donne”

Hollywood, affari d’oro, calcio. Giancarlo Parretti, il “leone” che da Orvieto scalò la Mgm, ricorda così il politico simbolo degli anni 80 morto a 78 anni

Un uomo di “grandissima cultura” e “pazzo per la politica” che “la sera aveva bisogno di distrarre la mente”. Così Giancarlo Parretti, il “leone” che da Orvieto nel 1990 scalò la Metro Goldwyn Mayer grazie ad un prestito di 1.500 miliardi di vecchie lire concesso dal Crédit Lyonnais, ricorda Gianni De Michelis, politico simbolo del anni ’80, morto sabato a 78 anni, in una intervista di Franco Bechis al Tempo.

Tanti gli aneddoti che Parretti ricostruisce, a partire dalla conoscenza di De Michelis (“Nel 1971, a Siracusa. Io ero vicesegretario del partito socialista locale, e lui era venuto a fare un incontro lì. Scoccò subito la scintilla, è stato come un amore a prima vista. Era di grandissima cultura, e pazzo di politica. Ma rispettato da tutti”) fino ad arrivare proprio alla scalata della major di Hollywood che all’epoca venne attribuita proprio alla amicizia che legava Parretti e De Michelis.

“De Michelis non c’entrava nulla”, ricorda Parretti al Tempo. L’operazione, secondo la sua ricostruzione nacque per una “scommessa con Gianni Agnelli ed Henry Kissinger”. “Ero a New York, al ristorante Le Cirque di Sirio Maccioni. Pranzavo solo soletto in attesa di un incontro d’ affari. Al tavolo di fianco c’era l’Avvocato con Kissinger che stavano discutendo dell’interesse di Fiat per la Chrysler. Agnelli era molto cortese, e quando mi vide mi invitò al loro tavolo: ‘Parretti che fa? Mangia da solo. Si unisca a noi’. Parlando degli affari, si commentò la notizia appena uscita di Kirk Kerko rian che aveva messo in vendita la Mgm. Li guardai è dissi: ‘Scommettete che alla fine me la prendo io?’. Kissinger si fece una grande risata, ma non voleva scommettere, perché aveva il braccino corto. All’ Avvocato invece piacque la sfida, e sorrise all’amico: ‘Henry, se vinciamo noi dividiamo. Se perdiamo pago io per tutti e due’. La persero. E l’Avvocato onorò la scommessa”.

Così come quasi per scommessa Parretti ha avuto a che fare con il Milan. “Un giorno era il 1987 - mentre ero a Cannes, mi chiamò un amico milanese e mi chiese il favore di ricevere Giuseppe Farina, il presidente del Milan, a Parigi. Il favore lo feci, ma Farina stava scappando dall’Italia perché sapeva che sarebbe stato emesso un mandato di cattura nei suoi confronti per un’inchiesta milanese. Si presentò con una valigia piena di scartoffie: erano le azioni del Milan. Voleva venderlo subito per metterlo al riparo da quel che stava per accadere. Era convinto che volessero fare fallire la squadra”. E lui la comprò, salvo poi rivenderla quasi subito a Berlusconi dopo avere ricevuto una furibonda telefonata da Bettino Craxi.

Fino ad arrivare alla movida e alle donne e ai balli sfrenati con i quali si descrive la vita notturna di De Michelis. “Mah... ho visto che oggi tutti ricordano quello. Ma non era così vero. Lui lavorava come un matto tutto il giorno (…). La sera ogni tanto aveva bisogno di distrarre la mente. Non che facesse un granché: il più delle volte andava con il segretario del Pli, Renato Altissimo, al Tartarughino che più che una discoteca era un piano bar. Anche io ogni tanto ci andavo per rilassarmi dalla tensione di una giornata”.

“Pensi – racconta poi al Tempo - che un giorno gli prestai il mio aereo privato, che era un Gulfstream. Lui non era più ministro, ma doveva andare a Mosca a un incontro e non aveva trovato posto sugli aerei di linea. Ricordo che mi chiamò il mio comandante preoccupato: ‘Mr Parretti, lei mi ha detto che dovevo accompagnare a Mosca il ministro De Michelis. Ma lui qui si è presentato con 13 donne, tutte bellissime’. Era quasi scandalizzato. Gli risposi: c’è posto a bordo? E allora a te che te frega? Falle salire”.

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