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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Culle vuote, a Terni nascono sempre meno figli. E cominciano a scarseggiare anche le mamme

Nel 2017 sono nati 707 bambini, nel 1965 furono 1.600. E nei prossimi dieci anni ci saranno 6.000 donne in età fertile in meno. Tutti i numeri della crisi demografica

Il dato è noto, tanto che sembra quasi non essere più un’emergenza. Il fenomeno delle culle vuote in Italia è allarmante. A Terni, lo dicono i dati, la situazione sembra essere ancora più grave. E fa il paio con una ulteriore crisi: quella delle mamme. Perché cominciano a scarseggiare anche queste.

L’analisi, accompagnata da alcuni eloquenti dati, è stata elaborata dall’ufficio statistica del Comune di Terni. Nella città dell’acciaio nel corso del 2017 sono nati 707 bambini (135 sono stranieri) ossia 10 in più rispetto al 2016. Un incremento lievissimo che però non tocca la questione centrale della crisi demografica: la bassa natalità è destinata in previsione a peggiorare fino a non garantire il fisiologico ricambio generazionale.

Chi nasce

I servizi statistici rilevano che “il calo delle nascite al quale si assiste ormai da diversi anni, è accentuato per le coppie di genitori entrambi italiani. I nati da questa tipologia di coppia scendono infatti costantemente ormai da oltre due decenni. Aumenta anche il numero di bambini italiani da coppie miste. Dei 707 nati da madri residenti a Terni, uno su 5 risulta essere straniero e uno su 4 risulta avere la mamma straniera. Malgrado l’aumento del numero di mamme straniere, generalmente più propense a fare figli, gli attuali valori di natalità sono lontanissimi dal massimo storico che si era avuto a Terni nel 1965 anno di baby boom nel quale vi furono 1.600 nati su una popolazione totale di circa 100mila residenti (e poche centinaia di stranieri)”.

Perché le culle vuote

La crisi demografica a Terni ha due radici: “Le donne ternane in età riproduttiva sono sempre meno numerose - dicono le statistiche - e mostrano una propensione decrescente ad avere figli”.
Per capire: le generazioni più giovani sono sempre meno folte e scontano l’effetto del cosiddetto baby-bust, “ovvero la fase di forte calo della fecondità del ventennio 1976 -1995. Al contrario – spiega il dossier degli uffici comunali - le donne che si stanno avviando a concludere l’attività riproduttiva sono le cosiddette baby-boomers (ovvero le donne nate tra la seconda metà degli anni Sessanta e la prima metà dei Settanta) anni in cui, come detto, si sono toccati i valori più alti di natalità e a Terni nascevano più del doppio dei bambini che nascono oggi. E il fenomeno è destinato a peggiorare nei prossimi anni: se si considera infatti il numero di donne che entrano nel periodo considerato fecondo (convenzionalmente fissato tra 15 e 49 anni), questo risulta di gran lunga inferiore a quello delle donne che ne stanno uscendo. Se contiamo le donne che nei prossimi 10 anni entreranno nell’età feconda, queste arrivano a poco più di 8.000. Le donne invece che nello stesso periodo di tempo usciranno dall’età riproduttiva ammontano a oltre 14.000. Si tratta di 6.000 potenziali mamme in meno e quindi come logica conseguenza i nati saranno ancora di meno rispetto ad oggi. Per le straniere la situazione è ancora più evidente: ne entreranno in età riproduttiva meno della metà rispetto a quelle che usciranno”.

Un figlio a testa

Altro tema cruciale è quello del tasso di fecondità, ovvero il numero di figli per donna. A Terni, il valore medio è di 1,2 figli per donna, più basso rispetto alla media nazionale (1,3) “e ben al disotto di quello necessario per garantire un corretto ricambio generazionale. Rispetto al resto della nazione, nella nostra città la situazione appare ancora più preoccupante, sia perché le residenti italiane si accontentano di procreare in media 1,1 figli per donna, contro il dato nazionale pari a 1,24, sia perché le mamme straniere residenti a Terni, dimostrano una fecondità minore rispetto a quelle del resto della nazione con un tasso di fecondità totale per le mamme straniere pari a 1,4 a fronte del 1,98 per l’intera nazione”.
A Terni, dunque, non si fanno più figli in generale: nè tra gli italiani, né tra gli stranieri. Questo dipende “dall’area di provenienza delle straniere ternane, principalmente europea, mentre in altre realtà è maggiore la presenza di cittadine provenienti dall’Africa, continente che ha sempre mostrato valori di fecondità ben più elevati. Tendenzialmente a Terni, in linea con l’andamento nazionale la fecondità delle straniere sta costantemente diminuendo cosi come sta crescendo l’età al primo figlio”.
“Altro problema infatti, che contribuisce alla bassa fecondità – rilevano ancora i servizi statistici - è la scelta di posticipare sempre più il momento in cui avere figli e l’età media al parto si attesta quest’anno a 33 anni per le madri italiane e a 30 per le straniere, valori anche in questo caso superiori alla media nazionale (rispettivamente pari a 32,4 e 28,7 anni)”.

In crisi anche i matrimoni

Nell’ultimo decennio diminuiscono sensibilmente i nati da coppie coniugate e questo netto calo è in buona parte dovuto all’andamento dei matrimoni costantemente decrescente. A Terni, dei nati nell’anno, poco più della metà è figlio di genitori sposati, dieci anni fa quasi l’80% dei bambini nasceva invece all’interno del matrimonio e nel 2000 soltanto il 5% dei nati aveva genitori non sposati. “Un fenomeno particolarmente rilevante nella nostra città – dice il dossier - se si considera che nel resto d’Italia ancora il 70% dei nati proviene da una coppia unita in matrimonio. D’altronde a Terni, dal 2000 a oggi, il tasso di nuzialità è passato da 6,4 a 3,1 per mille ovvero il numero di celebrazioni si è dimezzato. Ciò è dovuto al crollo dei matrimoni religiosi. Dal 2012 il numero di matrimoni civili ha superato quello dei religiosi e nel 2017 la percentuale di matrimoni celebrati con rito religioso è scesa al 39%. In poco meno di un matrimonio su tre, uno dei due coniugi è straniero e tale percentuale aumenta per quelli civili. Nettamente in aumento anche l’età media dei coniugi al momento della celebrazione, dovuto alla crescita dei secondi matrimoni e di coppie che posticipano l’età del matrimonio in età avanzata”.  

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