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L'eroe per un giorno di Imola che diede alle Fere la voglia di risorgere

Nel '95 l'ultima trasferta della Ternana a Imola con la doppietta di Costa

L’ultimo gol a Imola lo segnò Costa. Che adesso faccio uno sforzo a ricordarmi com’era fatto. Ma che anche quando stavamo lì, su quegli scomodi gradoni non lo conosceva quasi nessuno. Però lui fece una doppietta, che suggellò il 5 a 0 della Ternana, nella prima trasferta di C2 dopo il triste ripescaggio dai Dilettanti. Era il 1995.

 “Ahò ma come se chiama Costa de nome?”, urlò un ultrà voltandosi verso di noi. Uno disse Andrea. Un altro gli strillò: “Ma che Andrea, quella è la nave!”. L’amico più colto scosse il capo e disse che no, Andrea Costa era un vecchio socialista, peraltro proprio di Imola. Alla fine se ne ricordò un ragazzino di dodici anni, forse per aver compulsato il Corriere dell’Umbria nei giorni del calciomercato e gli gridò: “Alessandro, se chiama Alessandro!”. Senza neanche pensarci e con grande fiducia, l’ultrà lanciò il coro: “Lode a te….Alessandro Costa!”, seguito subito dal migliaio di tifosi delle Fere saliti in Emilia, con il solito scetticismo da ternano tribolatore, con l’insolita soddisfazione di aver fatto cinque pallini in trasferta, seppure all’Imola…

Al ritorno sull’E45, allora con pochi autovelox, l’amico trasfertista alla guida teneva una media prossima ai 180 chilometri orari. E aivoglia a dirgli che eravamo stati allo stadio e non all’autodromo di Imola. Tra un sorpasso e un altro si parlava di quella Ternana che per l’ennesima volta provava a risorgere. Dopo le vittorie di Clagluna e le illusioni di Gelfusa, dopo Maiellaro e i fallimenti, dopo i derby con la Narnese, peraltro neanche vinti. Rieccoci lì a fare le nostre vecchie e care trasferte gita-pranzo-bevuta-stadio-tifo-improperi-risate. Trasferte di C2 certo, ma non ce ne importava granché, l’importante era essere lì, insieme e con la sciarpa rossoverde stretta al collo, anche se era settembre. 

Quel campionato, nonostante il roboante 5 a 0 all’Imolese (peraltro bilanciato da una sconfitta in casa al ritorno) non lo vincemmo, bocciati ai play off dal maledetto gol di Pennacchietti della Fermana. Contro quella sfiga nulla poté neanche il Mago Silva, che l’avevamo mandato via già da un pezzo. La resurrezione iniziò subito dopo, con il biennio di Delneri e nel ’98 già battevamo Torino e Napoli in un Liberati ribollente di tifo e di colori, quando non c’erano Sky e Daspo, con Gianni, Agarini in arrivo e il sindaco Ciaurro quasi alla fine della sua esperienza.

La storia fa strani giri e rieccoci qui a Imola, con la stessa voglia di risorgere di allora. Stavolta i nomi dei nostri attaccanti li sappiamo tutti, se non altro perché li strilla lo speaker del Liberati piuttosto spesso. Guido per Marilungo, Daniele per Vantaggiato. Nicastro non me lo ricordo perché l’ho sentito qualche anno fa, ma devo averlo rimosso. Dice che siamo una corazzata, ma di corazze all’acciaieria di Viale Brin non se ne fanno più da un bel po’. E poi le corazzate spesso sono un po’ lente nei movimenti. Meglio trasformarsi in una fregata, sempre per gli altri però, che noi di fregature ne abbiamo prese fin troppe.

Sono passati tanti anni e stavolta l’amico trasfertista è più saggio e chiosa: “Lo sai dalle parti nostre quando una coppia faceva troppe figlie femmine come la chiamavano l’ultima? No? La chiamavano Finimola, abbreviata in Imola”. 
“Ecco, allora famo così: riandiamo su a vederci ‘sta partita, ma FinImola. Che sia l’ultima. A Imola voglio tornare solo per l’autodromo, o al limite per le piadine! La prossima volta se si sale da queste parti si va a giocare col Bologna, al Dall’Ara. Anche perché lì mi pare che ci sia una curva intitolata a Andrea Costa”. “Ah, quindi non era Alessandro!”.

Per altre storie leggi anche Caffé Borghetti, il blog di Gianluca Diamanti

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