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Cronaca Otricoli / Via Roma, 72

I migranti della Diciotti sono arrivati a Otricoli: "Speriamo che l'Italia ci dia una possibilità"

Sono arrivati questo pomeriggio a Otricoli i ragazzi eritrei che la Diocesi di Terni, Narni e Amelia si era preparata ad accogliere. Non sono 5 come era stato anticipato, ma 4. Per loro è stata allestita la scuola materna Pio XII, al centro del paese.

"Sono arrivato qui dopo un viaggio terribile. Sono stanco, ma contento. Non so cosa farò in futuro, non ho progetti precisi. L'unica cosa che spero è che l'Italia mi dia una possibilità. Ringrazio Dio di essere arrivato fino a qui. E sono felice di essere in un paese che riconoscerà i miei diritti, finalmente ho abbandonato la mia nazione che al contrario non me ne garantiva nessuno. Non so cosa succederà. Per adesso va bene così. Vedremo quello che sarà". 

Sono arrivati questo pomeriggio a Otricoli, il piccolo borgo umbro al confine con la Sabina, i ragazzi eritrei che la Diocesi di Terni, Narni e Amelia si era preparata ad accogliere. Non sono 5 come era stato anticipato, ma 4. Per loro è stata allestita la scuola materna Pio XII, al centro del paese.

I giovani esplorano la loro nuova 'casa' e già si sentono al sicuro, nonostante i mormorii che si sentono nei bar: "Bisognerà comprare lo spray al peperoncino", dice qualcuno. "Stuprano le donne", inveisce qualcun'altro. Ma a loro non interessano i pregiudizi, non li capiscono sono solo felici di essersi salvati, di essere riusciti ad arrivare in un posto dove possono essere tranquilli.

Sono tutti molto giovani. Il più grande ha 32 due anni, ce n'è poi uno di 30, uno di 24 e il piccoletto del gruppo ne ha 23. Stanno sul terrazzo e si rilassano guardando il panorama che la scuola materna di Otricoli offre ai loro occhi stanchi. Rientrano in casa, e seduti a un grande tavolo tondo il ragazzo di trent'anni prende la parola. "Non so cosa mi aspetta, ma so cosa ho passato. Sto fuori casa mia, fuori dall'Eritrea, dal 2012, da quando avevo 24 anni. Sono stato prima in Sudan e poi mi sono passato dalla Libia, pensando di starci solamente un mese. Non è stato così. Ho passato lì un anno. È stato terribile. Ogni notte la passavamo paralizzati nei letti pensando 'stanno per arrivare. stanno per venirci a prendere'".

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Nessuno di loro ha il coraggio di raccontare quello che è stato il viaggio per arrivare in Italia. C'è chi evita l'argomento parlando di altro, chi si mette le mani in testa, chi si copre gli occhi lucidi, e chi si accascia sul tavolo. Sanno quello che è successo a Rocca di Papa, ma fortunatamente dicono di non averlo vissuto.

Loro non si trovavano sul primo autobus arrivato, quando c'entra lo scontro netto tra i pro e i contro. Loro erano sul secondo, quello che ha avuto problemi tecnici. "Quando siamo arrivati - racontano - la situazione era tranquilla. Gli 'scontri' erano finiti. Siamo stati accolti nel migliore dei modi. Non c'è stato nessun problema".

Sebbene ci sia qualcuno preoccupato di questo arrivo c'è anche qualcuno felice di poterli accogliere. "Sono persone come noi. Hanno bisogno di aiuto e noi siamo felici di poter dare loro quello di cui necessitano", dice una signora. "L'unico interrogativo che resta è perché li hanno portati qui?".

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A dare delle risposte è Francesco Venturini, presidente dell'associazione San Martino. "È stato scelta Otricoli perché tra i paesi compresi nelle Diocesi, questo borgo non aveva mai accolto nessuno. Per le sue dimensioni, secondo lo stratuto dei migranti, ne può accogliere fino a 6. Quando ci hanno detto che ne sarebbero arrivati 5 abbiamo pensato fosse il posto giusto. Ora sono arrivati in 4, non sappiamo peché da Roma abbiano deciso così, ma siamo felici di poterli aiutare".

I ragazzi sono stanchi e i volontari vogliono finire di farli ambientare. "Domani - spiega Venturini - li faremo riposare. Penso anche domenica. Da lunedì invece inizieranno tutte le trafile burocratiche. Dovranno imparare l'italiano, ma a questo ci penseremo poi. Se troviamo qualcuno disposto a Otricoli bene, altrimenti li porteremo a scuola a Terni".

Il parrocco passa a salutare i ragazzi e si scusa per la confusione che sentiranno, in paese per tre giorni ci sarà la festa. "Siamo contenti di sentire la musica - rispondono - ci aiuterà a cancellare tutte le immagini e le ferite che abbiamo nella testa. Le porteremo sempre con noi, ma almeno avremmo un attimo di pace".

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