‘Ndrangheta, il boss dal carcere di Terni minaccia il giudice: è un morto che cammina
Show di Francesco Amato, detenuto a Sabbione dopo la sentenza Aemilia, durante il processo per il sequestro di cinque dipendenti in un ufficio postale di Reggio Emilia: anche Salvini è un traditore
Francesco Amato, 56enne di Rosarno (in Calabria) che sta scontando una condanna a 19 anni di carcere per associazione mafiosa dopo la sentenza Aemilia per la presenza della ‘Ndrangheta nel nord Italia, ha partecipato oggi in collegamento dal carcere di Terni al processo a suo carico per il sequestro di cinque dipendenti di un ufficio postale alla periferia di Reggio Emilia avvenuto lo scorso 5 novembre.
Quello del calabrese è stato un vero e proprio show, tanto che il giudice Silvia Guareschi è stata costretta a spegnergli il microfono. Lui però ha rubato quello di un tecnico e ha continuato, revocando in diretta il mandato all'avvocato difensore reggiano Franco Beretti, nominando poi Marilena Facente.
“A convincermi a liberare gli ostaggi – riporta l’agenzia Ansa - è stata il giudice Cristina Beretti (presidente del tribunale di Reggio Emilia) ma poi non ha voluto mantenere la promessa. Volevo farle sapere - ha ricordato Amato - che era a rischio, che è un morto che cammina”.
“Il sequestro – ha aggiunto ancora – l’ho fatto per il terrorismo che c’è a Reggio, non per difendere me stesso. Non volevo fare male a qualcuno. Volevo parlare con Matteo Salvini, ma anche lui si è rivelato un traditore”.
Il pubblico ministero Iacopo Berardi aveva chiesto dieci anni per i reati di sequestro di persona aggravato e porto d’arma abusivo (il coltello utilizzato per minacciare i dipendenti). Il giudice gli ha riconosciuto le attenuanti generiche, stabilendo infine la condanna a 6 anni e 4 mesi di cella.