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Economia

Sangemini e le altre, lo strano caso delle “minerali”: un buco nell’acqua

In Italia c’è il record di consumi di effervescenti, oligominerali e frizzanti ma nel Ternano si perdono volumi produttivi e posti di lavoro. Allarme dei lavoratori Norda: la proprietà rispetti gli impegni

Lo scorso 22 marzo, in occasione della Giornata mondiale dell’acqua, Legambiente e Altraeconomia hanno fatto il punto della situazione. L’Italia detiene il record europeo per il consumo di acqua in bottiglia: 206 litri a testa ogni anno che escono dai 140 stabilimenti presenti nel Paese che producono circa 240 marchi per un giro d’affari stimato in dieci miliardi di euro. Un trend in crescita costante che raggiunge vette più alte soltanto in Messico. Il business, insomma, c’è. Ma nel Ternano non si vede.

Com’era e com’è

tione-2Nel 2001, il settore delle acque minerali in Umbria dava lavoro a 193 persone suddivise in 10 stabilimenti. L’impatto occupazionale nel 2013 era lievitato a 327 addetti. Di questi, 130 erano gli occupati diretti della Sangemini spa, ai quali si aggiungevano i 4 della Società per azioni delle acque di San Francesco di Acquasparta. In più, c'erano i 22 addetti della Tione srl di Orvieto. I conti sono presto fatti: poco meno della metà della forza lavoro del mondo delle acque minerali umbre si trovava in provincia di Terni. Le tre aziende imbottigliavano quasi 200 milioni di litri di acqua su un totale regionale prossimo a 1,2 miliardi di litri. Ad un certo punto, però, il “giochino” si è rotto: nel 2013 la Tione è stata dichiarata fallita, schiacciata ma ingorghi societari che hanno trasformato quella che sembrava davvero una importante promessa del settore in uno stabilimento vuoto e abbandonato. La Sangemini è passata di mano: la famiglia di armatori campani Rizzo-Bottiglieri ha lasciato il passo alla famiglia Pessina che il primo marzo 2014 ha inglobato Sangemini e tutto il resto nel gruppo Ami, Acque minerali d’Italia, assieme a Gaudianello e Norda. Una crisi che ha travolto anche la Sanfaustino di Massa Martana ma che, realisticamente, poco ha che fare con motivi di mercato, visto che i consumi – come detto sopra – nel frattempo galoppavano. Semmai, il nodo debole è stata la gestione. Non il mercato.

L’allarme

“Sono passati quattro anni e mezzo e non è stata attuata che una parte minima del roboante piano di investimenti annunciato e che prevedeva un impegno di 14 milioni di euro entro il 2024. Va ricordato peraltro che - scrivono in una nota i lavoratori Sangemini del comitato Flai-Cgil - solo a fronte di quel piano e della garanzia del suo rispetto, a Sangemini Acque furono trasferite le concessioni per l’utilizzo delle fonti per un canone annuo di 52.250 euro. Ad oggi, invece, per la Sangemini, fatte salve le campagne pubblicitarie, è stato speso 1 milione e 500 mila euro per l’acquisto di due soffiatrici e un’etichettatrice. Ma di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e per far sì che si possa fare un risparmio energetico adeguato e abbassare il costo della bottiglia, non se ne è parlato mai. Della manutenzione mirata da noi chiesta più volte per mantenere efficienti impianti non più giovanissimi, seppur ancora in grado di garantire volumi produttivi più elevati di quelli attuali, non c’è stata traccia e non c’è la volontà di attingere ai fondi dell’area di crisi complessa perché legati al mantenimento occupazionale. Mentre ad esempio sono stati investiti 32,8 milioni di euro su Gaudianello e 24,5 sui siti di Norda. I lavoratori hanno già pagato e stanno pagando un prezzo altissimo: il sacrificio dei 36 espulsi dal percorso produttivo per la chiusura della Fruit (altro capitolo della storia di Sangemini) e mai rimessi in marcia con promesse fatte dalla proprietà. Mentre per tutti i 92 che attualmente sono impiegati è in vigore l’accordo che prevede, garantendo alla proprietà un risparmio di circa 700mila euro l’anno, il ricorso alla cassa integrazione per una settimana al mese. E anche qui ci sarebbe da discutere. Di fatto questa è l’unica parte degli accordi firmati e sottoscritti dalla proprietà dal 2014 che è stata integralmente rispettata. Nel 2014, ad esempio, era stato assunto un impegno formale: portare la produzione dei siti Sangemini e Amerino entro il 2018 a 250 milioni di pezzi. Ebbene, tale risultato non sarà nemmeno avvicinato perché le proiezioni ci portano a pensare che si possa arrivare a circa 160 milioni. Come nulla è stato fatto, ad esempio, per la creazione di una linea-vetro sbandierata dalla proprietà più volte e con cui mettere Sangemini in condizione di aggredire il mercato Horeca (hotellerie-restaurant-cafè) e riposizionare in maniera adeguata quello che resta il marchio di maggior prestito di cui dispone Ami. Come pure appare sempre più evidente il disimpegno nei confronti del marchio Fabia Aura Amerino, solo in parte compensato dalla confermata attenzione per Grazia, e la preoccupante mancanza di un piano commerciale in grado di aprire nuovi canali di distribuzione. A fronte di tutto questo e nella consapevolezza che questi segnali (ai quali si aggiunge la preoccupazione per i ritardi nei pagamenti dei vari fornitori) non possono e non devono essere ignorati dagli stessi ambienti politici e istituzionali che gestirono il passaggio di Sangemini e Amerino alla famiglia Pessina, chiediamo con forza una presa di posizione unitaria al fine di chiamare la proprietà di un bene prezioso per il Pil regionale, oltre che per la collettività, ad un’assunzione chiara di responsabilità e soprattutto a quegli impegni finora clamorosamente disattesi”.

La politica

“Acqua Sangemini è una realtà produttiva che funziona e con un serio piano industriale può diventare uno dei punti chiave per il rilancio dell’economia del territorio. Le preoccupazioni per il futuro sono lecite e giustificate – scrive in una nota il sindaco di San Gemini e senatore del Partito democratico, Leonardo Grimani - ma è bene ricordare che sinora la famiglia Pessina non ha prospettato né l’eventualità di una crisi, né di tagli all’organico. Bisogna però avere chiaro il piano industriale per i prossimi anni ed è su questo che personalmente continuerò ad insistere. Avere chiarezza sugli obiettivi e sui traguardi consentirebbe di dare certezze e serenità ai lavoratori ed allo stesso tempo di poter valutare chiaramente e senza incertezze quale percorso viene delineato. Nel piano devono essere indicati anche eventuali investimenti tecnologici, che sono un aspetto sempre positivo, purché vengano inseriti in un quadro di fermezza dal punto di vista occupazionale. Il marchio ‘Sangemini’ è ormai consolidato a livello nazionale come una delle eccellenze nel campo delle acque minerali. Auspico che la famiglia Pessina, partendo dai risultati che questo sta ottenendo, possa proporre un piano di rilancio e di sviluppo anche per i brand secondari, specialmente ‘Fabia’, i quali – ciascuno con la propria specificità – hanno le potenzialità per diventare a loro volta dei punti di riferimento nazionale”.

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