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Economia

Città “strozzata”, così Terni è finita in mano agli usurai

Indice di permeabilità all’usura più alto che in tutte le altre realtà del centro Italia e redditi ancora lontani dai livelli pre-crisi: la situazione. Le proposte della Uilca: microcredito e formazione. Le storie. Appello alle fondazioni bancarie

I redditi dei ternani restano impigliati nel gorgo della crisi cominciata nel 20088. I timidi segnali di ripresa registrati nel 2017 sono poca cosa rispetto alla generale difficoltà rilevata – soprattutto – negli ultimi tre anni e mezzo. Colpa della bolla economica esplosa a livello globale ma anche di altri fattori più territoriali – dalla deindustrializzazione alla mancanza di alternative per uno diverso sviluppo – con il risultato che la città dell’acciaio è, nel centro Italia, quella con il maggiore tasso di permeabilità all’usura.

Non solo i casalesi e gli Spada, ecco lo strozzino della porta accanto

Di finanza ed etica si è parlato ieri nell’ambito di un convegno organizzato da Uilca Umbria a Terni: attorno al tavolo – coordinati dal giornalista economico Massimo Sbardella - il segretario regionale di Uilca, Luciano Marini, oltre ad Aferdita Demiri, Loris Nadotti e Cristina Montesi con associazioni di volontariato e rappresentanti del mondo degli anziani.

Se è vero che “pensionati e stranieri” sono i soggetti deboli del mondo bancario, è altrettanto vero che molto spesso anche tante aziende faticano ad accedere al sistema creditizio: di fronte alle porte chiuse, l’unica possibilità appare essere quella dell’usura.

Soprattutto, in quadro di notevole sofferenza economica. L’Umbria, in base alle dichiarazioni dei redditi Irpef presentate al fisco, nel 2017 (riferite all’anno di imposta 2016) nonostante qualche passo avanti è ancora sotto del 4,4% rispetto ai livelli del reddito complessivo pre-crisi. Il che, in valori assoluti, significa che per tornare ai livelli del 2008 mancano ancora 557 milioni di euro. Nel 2017, infatti, complessivamente i contribuenti umbri hanno dichiarato redditi Irpef complessivi per 12,141 miliardi di euro, mentre in termini reali (ossia tenendo conto del 9,5% di inflazione intercorsa nel periodo), nelle dichiarazioni presentate nel 2009 (anno di imposta 2008) ne avevano dichiarati per 13,28 miliardi. Una fotografia questa che, se declinata su Terni, significa che rispetto al 2008 c’è ancora un gap pari a -8%, anche a fronte di un leggero miglioramento rilevato nell’ultimo anno fiscale pari ad un +0,4% che corrisponde ad un incremento complessivo di 6,58 milioni rispetto al 2016.

“Il boom demografico ed economico che ha portato negli anni Terni a diventare una grande città – ha detto l’assessore comunale al welfare, Marco Cecconi – oggi fa in conti con una perdita di redditività frutto di una matassa di problemi che si srotola da decenni”. Politica industriale poco efficace e lungimirante, fattori economici, crisi producono dunque una spirale che si riflette anche sull’andamento demografico della Conca: “Siamo prossimi ai 110.000 abitanti. Di questi, circa 15.000 sono stranieri, comunitari e non”. Con un dato evidente: non si fanno più figli.

E spesso non si creano nemmeno le condizioni per permettere a chi vorrebbe di scegliere Terni come città d’elezione. Nel corso del convegno è stata ad esempio raccontata la vicenda di due giovani albanesi. Laureati e intenzionati a mettere su famiglia. Nel momento in cui hanno provato ad accedere al credito bancario, si sono sentiti rispondere che non avevano abbastanza garanzie. Così, valigie in mano, hanno scelto la Svizzera. Dove sono stati accolti e finanziati. Oppure la vicenda di una ragazza indiana che in città avrebbe voluto avviare la sua attività imprenditoriale. Ma anche a lei, per avere credito dalle banche, servivano garanzie. L’unica possibilità era quella di chiedere alla cerchia famigliare: solo così è stato possibile recuperare i soldi necessari per l’investimento iniziale. “Ma non tutti – è stato ribadito al convegno – hanno la possibilità di avere famigliari in grado di fornire coperture economiche adeguate”.

“La Uilca ha una serie di proposte da fare – dice Marini – Come ad esempio sviluppare lo strumento del microcredito, magari contando sul contributo economico delle fondazioni bancarie. O ancora, scommettendo sulla educazione finanziaria e sulla trasparenza dei prodotti commerciali che vengono proposti dal mondo bancario”.   

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