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Imprese, più chiusure che aperture. Ma Terni fa di tutto per “resistere” alla crisi

La città dell’acciaio in controtendenza rispetto al resto dell’Umbria: il saldo è positivo grazie a costruzioni, consulente e attività immobiliari. Faticano i negozi al dettaglio

Almeno sulla carta, il bicchiere sembra mezzo pieno. Soprattutto perché riesce a “riempirsi” mentre tutto, intorno, si svuota. “Per la prima volta dal 2009, nel 2023, le cessazioni delle aziende al registro imprese della Camera di commercio dell’Umbria superano le iscrizioni – spiaga infatti una nota diffusa dall’ente camerale che tira una riga sotto al bilancio fra iscrizioni e cessazioni nell’anno appena concluso - Ciò significa che nel 2023, per la prima volta, le aziende registrate nel registro imprese scendono (nel 2022 erano aumentate di 200 unità). La flessione a livello numerico è di 139 imprese, frutto - rispetto al 2022 – di un calo delle iscrizioni (da 4.077 a 3.975) e di un improvviso aumento delle cessazioni (da 3.877 del 2022 a 4.114 del 2023). In termini percentuali il calo umbro delle imprese nel 2023 - rispetto al 2022 - è dello 0,15%, secondo peggior risultato d’Italia (peggio fa il Molise -0,55%), mentre le altre regioni che presentano un saldo iscrizioni-cessazioni negativo, benché leggerissimo, sono Marche (-0,07%) e Liguria (-0,02%). Tutte le altre regioni registrano invece un saldo positivo. A livello nazionale, invece, il numero delle imprese registrate segna +42mila (+0,7% sul 2022), frutto di 312.050 iscrizioni e 270.011 cessazioni”.

Il dato regionale va però analizzato, perché non tutta l’Umbria si comporta allo stesso modo. “La flessione dell’Umbria – spiega la Camera di commercio - non è provocata tanto a un brusco calo delle iscrizioni (che scendono, ma in linea con gli anni scorsi, marcando -2,5% sul 2022) quanto a un balzo delle cessazioni (+237, +6,11% sul 2022) dopo che erano state in calo ininterrottamente dal 2017, con l’eccezione del 2022. Il calo del numero delle aziende che si registra in Umbria nel 2023 è dovuto esclusivamente alla flessione in provincia di Perugia, dove le iscrizioni sono scese a 2.957 (-1,4%, erano state 2.999 nel 2022) e le cessazioni cresciute a 3.131 (+8,7%, erano state 2.870 nel 2022), per un saldo di -174 imprese (nel 2022 il saldo era stato +129). In provincia di Terni, invece, le iscrizioni sono scese da 1.078 a 1.018 (-60, -5,5% sul 2022) e le cessazioni sono invece scese da 1.007 a 983 (-24, -2,4%), per un saldo positivo di 35 imprese”.

Facendo un bilancio del periodo preso in considerazione dalla Camera di commercio, il territorio provinciale di Terni ha visto 20.138 iscrizioni dal 2009 al 2023 e 17.137 cessazioni, per un saldo pari a 3.001 imprese che hanno “resistito”.

“A livello nazionale – prosegue la nota della Camera di commercio - oltre il 70% delle 42mila imprese registrate in più negli ultimi dodici mesi opera in soli tre macro-settori: costruzioni, turismo e attività professionali. Il più dinamico, in termini di crescita imprenditoriale, è il comparto delle costruzioni che, nonostante l’incertezza sulle prospettive dei bonus legati al mondo dell’edilizia che ha caratterizzato il 2023, alla fine degli scorsi dodici mesi ha contato 13.541 imprese in più rispetto al 2022 (+1,62%). Bene anche le attività professionali, scientifiche e tecniche, che a fine 2023 presentano un aumento significativo di 11mila imprese, trainate da un “boom” della consulenza aziendale e amministrativo-gestionale (saldo positivo di oltre 6mila attività e una variazione relativa dell’8%). Anno positivo anche per il comparto della vacanza, in cui si contano 3.380 attività di alloggio aggiuntive (+5,13%) e 3.015 bar e ristoranti in più rispetto al 2022 (+0,77%).

Alla crescita hanno contribuito significativamente anche le attività immobiliari, che a fine 2023 contano 5.197 imprese in più dell’anno precedente (+1,72%)”.

Grafico 3 Andamento iscrizioni e cessazioni imprese in prov. di Terni dal 2009 al 2023 (1)-2

A fronte di questi risultati positivi, però, “i settori più tradizionali continuano a segnalare un restringimento della platea delle imprese. Per il commercio, il 2023 si è chiuso con una riduzione complessiva di 8.653 attività (-0,6% su base annua) ma, approfondendo l’analisi dei dati, si rileva come il processo di selezione in questo settore abbia riguardato essenzialmente il commercio al dettaglio, che nel 2023 ha perso quasi 7.700 unità. Nell’agricoltura, il bilancio di fine anno evidenzia una riduzione complessiva di 7.546 imprese (-1,05%) mentre la manifattura presenta una perdita complessiva di 2.962 imprese (-0,56%). Una performance, per quest’ultimo settore, che tocca tutti comparti con la sola eccezione delle imprese di riparazione, manutenzione e installazione di macchine ed apparecchiature (+1.137 unità), accompagnata da una sostanziale stabilità delle industrie di cantieristica navale, aerospaziale e ferro-tramviaria (+56), delle bevande (+37).

I dati indicano in crescita il tessuto imprenditoriale di tutte le quattro aree geografiche italiane. Con le sue 14.948 imprese in più, il Mezzogiorno ha determinato più di un terzo dell’intero saldo annuale, staccando il nord-ovest (+11.210) e il centro (+10.626)”.

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