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Domenica, 28 Aprile 2024
Economia

Interessi alle stelle per mutui e prestiti, famiglie umbre penalizzate: “Allarme sulle ricadute socio-economiche”

La Federazione autonoma dei bancari italiani analizza l’impatto dell’incremento del costo dei prestiti: “Un punto percentuale degli stipendi è mangiato dai tassi d’interesse sui debiti”

“Abbiamo voluto approfondire i riflessi sulla nostra regione delle evidenze scaturite dalla recente analisi della Fabi nazionale sugli impatti dei recenti aumenti dei tassi Banca centrale europea sui prestiti delle famiglie italiane. E abbiamo ottenuto elementi che ci impongo di lanciare l’ennesimo allarme sulle ricadute socio economiche sulla nostra regione”.

Così il sindacato autonomo dei bancari di Terni e Perugia (Fabi) commenta i risultati che emergono dalla declinazione sull’Umbria dei dati relativi all’aumento dei tassi di interesse analizzati da Fabi nazionale, Banca d’Italia e Prometeia.

In base allo studio generale, l’Italia è divisa in due dal costo dei prestiti per comprare casa: mutui meno cari al nord e interessi alle stelle nel Mezzogiorno e nelle isole. “I tassi praticati dalle banche sono infatti più salati per le famiglie italiane che vivono nel sud (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise e Puglia) oltre che in Sardegna e Sicilia: chi risiede in quelle due aree geografiche del Paese – spiega Fabi - paga rate mediamente più alte rispetto a chi abita nel resto d’Italia. Nelle isole, la media dei tassi d’interesse è del 4,23% e nel Mezzogiorno è al 4,18%, contro il 4,10% del dato nazionale. Una penalizzazione, legata anche ad alcuni fattori di rischio maggiori in alcuni territori, che si aggiunge a quella che sta colpendo indiscriminatamente tutti gli italiani, costretti a far fronte, negli ultimi 12 mesi, durante i quali il costo del denaro è stato portato, con nove rialzi, dallo zero al 4,25%, ad aumenti vertiginosi delle rate dei mutui”.

Ora, dallo studio emerge anche che “rispetto alle condizioni di finanziamento esistenti a fine 2021, le famiglie più penalizzate dai ritocchi sui tassi sono concentrate nelle aree del Paese meridionali e centrali (Lazio, Marche, Toscana e Umbria) dove i tassi hanno subito incrementi più ampi: la variazione più rilevante, fra il 2021 e il 2023, si è registrata nelle regioni del centro con uno spread di 251 punti e gli interessi arrivati al 4,16% medio”.

In Umbria in particolare a (marzo 2023) il quadro è questo. Per importi fino a 125mila euro, i tassi sui mutui per acquisto abitazioni sono al 4,31%, che scendono al 3,96% per importi fino a 250mila euro e al 3,88% per importi oltre i 250mila euro.

“Questi incrementi impattano su un totale di mutui prima casa – sottolinea il sindacato - che al primo trimestre del 2023 ammontano nella nostra regione ad un totale di 4,3 miliardi di euro di cui 113 milioni erogati nel primo trimestre 2023. Altrettanto significativo è l’ammontare del credito al consumo che al primo trimestre 2023 grava sulla popolazione regionale per 2,5 miliardi di euro.

I dati sulla composizione dei debiti delle famiglie umbre ci dicono che essi sono contratti al 55% per acquistare abitazioni, al 30% per crediti al consumo e il resto per altri prestiti quali aperture di credito in conto corrente e mutui diversi da quelli per abitazioni”.

“Interessante è valutare anche su quali fasce anagrafiche gravano maggiormente questi indebitamenti. In Umbria nel 2022 i nuovi mutui sono stati stipulati da under 34 per il 38,4%, da persone di età compresa tra 35 e 44 anni per il 34,5% e da over 44 per il 27,1%. Su tale composizione influiscono sicuramente le garanzie previste per mutuatari di particolari fasce d’età.

Giova tuttavia notare come le stesse aggregazioni demografiche, specie in Umbria, siano anche quelle in media con le maggiori difficoltà ad ottenere occupazioni stabili e redditi adeguati.

I valori monetari dei mutui contratti dagli umbri nel 2022, sono cosi ripartiti: fino a 90mila euro per il 27,6%, tra 90 e 140mila euro per il 44,55%, oltre i 140 e fino a 200mila per il 18,7%, oltre 200mila per il 9,3%”.

Questa ingente massa di prestiti a vario titolo contratti dalle famiglie umbre, secondo Fabi “risentirà in modo sensibile dei continui aggravi dei tassi su di essi applicati. I dati nazionali ci dicono che un punto percentuale degli stipendi delle famiglie italiane è mangiato dai tassi d’interesse sui debiti, dai mutui ai prestiti fino al credito al consumo. La quota delle rate rispetto al reddito disponibile su scala nazionale è passata dal 9,50% del 2019 al 10,55% di marzo scorso e, visti i successivi aumenti del costo del denaro, questa percentuale, è destinata salire: aumenterà ancora l’incidenza della spesa per interessi sul reddito. In Umbria questa situazione è aggravata da un fenomeno inflattivo particolarmente virulento, tanto che sempre dai dati ufficiali Prometeia, il reddito disponibile delle famiglie umbre è diminuito in termini reali dell’1,8 per cento (-0,9 in Italia) risentendo del fenomeno inflattivo in media superiore dello 0,6% a quello nazionale, facendo toccare a fine 2022 al tasso d’inflazione sui dodici mesi, misurata dall’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic) il 12,2%”.

“Tale aumento ha gravato in modo più che significativo soprattutto sui ceti meno abbienti vista la prevalenza in queste ultimi dei consumi essenziali, che più di altri hanno risentito dell’aumento dei prezzi. Difronte ad un scenario regionali cosi fatto e in considerazione delle dinamica future dello stesso, con i nuovi maggiori rialzi dei tassi d’interesse previsti da qui alla fine del 2023, la Fabi dell’Umbria auspica che sia raccolto al più presto il suo appello a riunire tutte le componenti istituzionali, politiche e di categoria idonee a fronteggiare le conseguenze dello stesso sulla comunità umbra”.

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