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Economia

ThyssenKrupp nel guado, pressing degli azionisti per una nuova guida

Il fondo tedesco Union Investment chiede un amministratore esterno per rilanciare il gruppo, in tre in corsa per sostituire Kerkhoff

Continua il pressing degli azionisti di ThyssenKrupp per individuare una nuova guida della multinazionale tedesca. Dopo Cevian ed Elliot, all'indomani dei risultati finanziari del terzo trimestre anche il fondo di investimenti teutonico Union Investment ha chiesto un nuovo amministratore esterno che prenda le redini al posto di Guido Kerkhoff.

L'attuale Ceo di TK, nominato temporaneamente dopo le dimissioni di Heinrich Hiesinger a luglio, è considerato troppo vicino al suo predecessore e alla sua strategia che ha portato le azioni del gruppo a ridursi di un terzo dal 2011 a oggi. "Thyssenkrupp ha bisogno di un cambio di strategia - ha detto alla ReutersIngo Speich, il manager del fondo che detiene lo 0,2% delle azioni del gruppo - e questo obiettivo è più facile da ottenere quando arriva qualcuno nuovo dall'esterno. Kerkhoff rappresenta la vecchia strategia - ha aggiunto - e si manderebbe un segnale più forte ai mercati se il nuovo Ceo venisse dall'esterno. Una buona combinazione potrebbe essere un nuovo amministratore esterno supportato da Kerkhoff".

Secondo le indiscrezioni che arrivano dalla Germania ci sarebbero almeno tre nomi come potenziali candidati a prendere il timone del colosso di Essen. Si parla dell'ex direttore finanziario della Thyssenkrupp Stefan Kirsten, dell'ex membro del consiglio di amministrazione di Siemens, Siegfried Russwurm, e del ceo dell'azienda chimica Lanxess, Matthias Zachert.

Spettatori ovviamente interessati per capire le sorti di Ast sono le istituzioni locali e i sindacati che attendono ancora un cenno dal ministero dello Sviluppo economico per sapere se si chiederà proprio ai rappresentanti di ThyssenKrupp di partecipare al tavolo convocato per il prossimo 13 settembre. 

"ThyssenKrupp ha confermato anche nel rapporto finanziario dell’ultimo trimestre che il sito di Terni non è più considerato asset strategico - commenta il senatore del Pd, Leonardo Grimani -  ma che continua a produrre utili di alto livello. Non siamo quindi di fronte ad una azienda in crisi bensì ad un sito di eccellenza che tuttavia non rientra nel progetto di joint venture recentemente siglato dalla multinazionale con Tata Steel ed è stato messa sul mercato. I corretti interlocutori per il tavolo del Mise non sono quindi l’ad di Ast Burelli e il responsabile delle vertenze per le aziende in crisi Castano, ma i massimi vertici di ThyssenKrupp ed il ministro Di Maio in persona. Allo stesso tempo, è importante che il Governo prenda atto di come in un mercato ristretto come quello siderurgico, il sito di Terni è fondamentale non solo per il tessuto economico di un territorio in crisi come quello nel quale insiste ma per l’economia dell’intero paese. Lasciare che perda di competitività significherebbe assestare un altro duro colpo alla crescita economica nazionale e l’Italia non può permetterselo. Soltanto un confronto con i diretti interessati, senza intermediari, permette di individuare acquirenti che possano fornire quelle garanzie di carattere produttivo, economico e commerciale necessarie alla tenuta occupazionale ed allo sviluppo del comparto. Sollecito pertanto il Governo ad intervenire in prima persona ed altresì assumere il ruolo di garante affinchè nelle trattative di vendita vengano privilegiati interlocutori industriali a vocazione internazionale".

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