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Pillola abortiva solo in ospedale, terremoto in Umbria: la Lega esulta, la sinistra attacca

La giunta Tesei: ospedalizzazione per l’aborto farmacologico. Plauso del senatore Pillon, le opposizioni in consiglio regionale: negati i diritti delle donne. Cgil Terni: la Regione garantisca l’assistenza domiciliare

La Mifegyne, o pillola abortiva Ru486 è arrivata in Italia nel 2009 dopo cinque anni di polemiche, dopo che l’Agenzia italiana per il farmaco ha dato il via libera alla commercializzazione del farmaco. Spettava a Stato e Regioni emanare le disposizioni per il corretto percorso di utilizzo clinico del farmaco all’interno del servizio ospedaliero pubblico. Il giunta guidata da Catiuscia Marini garantiva la possibilità di utilizzare la pillola abortiva in casa. Oggi, l’esecutivo guidato da Donatella Tesei ha modificato quella delibera, stabilendo che gli interventi vengano effettuati in regime di ricovero ospedaliero. E la polemica è di nuovo esplosa.

La Lega esulta

Apprezzamento nei confronti della decisione di Palazzo Donini viene espresso dal senatore del Carroccio, Simone Pillon, commissario della Lega di Perugia. “Da oggi gli interventi dovranno essere effettuati, come previsto dalla legge, in regime di ricovero ospedaliero, evitando che la donna sia di fatto lasciata completamente sola anche davanti a eventuali rischi, come emorragie, infezioni o altre gravi complicanze. Il tutto – rileva Pillon - con buona pace della sinistra che, brava solo a parole a difendere i diritti delle donne, si è opposta fino alla fine, preferendo anteporre le ideologie alle reali esigenze della salute femminile. Resta sullo sfondo la speranza che, a livello nazionale, sia presto approvata una legge per garantire a tutte le donne con gravidanze difficili di poter scegliere la vita contando sul sostegno umano ed economico delle istituzioni”.

“Pieno sostegno alla scelta della giunta regionale. Stupisce che la sinistra ancora sia convinta che lasciare sole le donne in un momento tanto difficile, sia un modo per aiutarle”. Così i consiglieri regionali della Lega Paola Fioroni, Francesca Peppucci, Stefano Pastorelli, Daniele Carissimi, Enrico Melasecche, Daniele Nicchi, Valerio Mancini, Eugenio Rondini.

“Al contrario – scrivono in una nota - le direttive del ministero indicano con chiarezza la necessità dell'assunzione della pillola abortiva in regime di ricovero, proprio per poter intervenire con immediatezza qualora le purtroppo non infrequenti complicazioni mettano in pericolo la salute della donna”.

“Crediamo che in un momento tanto difficile in cui la morte, a causa della pandemia – continuano -, sembra avere trionfato, sia indispensabile dare segnali di vita e di sicurezza. Studieremo insieme anche delle risposte di natura economica – assicurano - per garantire aiuti immediati alle donne con una gravidanza difficile e poterle aiutare a scegliere per la vita”.

“Prendersi cura di una donna con una gravidanza difficile – concludono i consiglieri della Lega - non vuol dire affatto limitare i suoi diritti, ma significa sostenerla e aiutarla in uno dei momenti più traumatici della sua esistenza”.

Il "plauso" dei prolife

“Un plauso alla giunta” arriva anche dall’associazione Family Day dell’Umbria e dell’Associazione famiglie numerose. “Si tratta di un passo avanti nella tutela della salute della donna, perché da ora in avanti la donna alla quale viene somministrato l’aborto per via farmacologica verrà sottoposta per eseguire l’intervento a regime di ricovero ospedaliero, e non più lasciata da sola a vivere il drammatico momento dell’espulsione del feto in solitudine, nel bagno di casa. Va detto che questa modalità di interruzione delle gravidanza è richiesta in Italia solo nel 15% dei casi (dati ministero della salute, 2018) e che le controindicazioni registrate con l’uso della pillola abortiva hanno portato nel mondo anche 27 morti di donne (un caso in Italia nel 2014) e secondo un rapporto di Food and Drug Administration con una media di 228 eventi avversi all’anno di varia natura legati alla somministrazione di Ru486. Da oggi, invece, nella nostra regione, gli interventi abortivi dovranno essere effettuati in regime di ricovero ospedaliero, consentendo alla donna di trovarsi in condizioni di sicurezza nell’ipotesi di eventuali rischi, tra cui emorragie, infezioni o altre complicanze”.

Opposizioni sulle barricate

“La presidente della Regione, Donatella Tesei avrà la responsabilità storica di aver riportato indietro le lancette della storia ai tempi in cui venivano negati i diritti delle donne, al solo scopo di assecondare il volere dell’ultraconservatore Senatore Pillon, suo collega di partito”. È quanto dichiarano, in una nota congiunta, i consiglieri regionali Tommaso Bori, Simona Meloni, Fabio Paparelli, Donatella Porzi e Michele Bettarelli (Pd), Thomas De Luca (Movimento 5 Stelle) e Vincenzo Bianconi (Misto), in merito alla delibera di Giunta che “complica in maniera strumentale l’accesso all’interruzione di gravidanza farmacologica”.

“Si tratta di un atto grave - sottolineano i consiglieri di opposizione - che renderà ancor più difficile la vita delle donne, la loro libertà, la loro autodeterminazione, attraverso la privazione del diritto a scegliere il metodo meno invasivo di interrompere una gravidanza”.

“Così facendo - aggiungono - la Giunta regionale ha scelto l’obbligo di ospedalizzazione forzosa di almeno tre giorni, rendendo volutamente ad ostacoli il percorso per ottenere l’opzione farmacologica, aumentando le spese del sistema sanitario regionale e, in epoca Covid, allungando paradossalmente le degenze. Ciò significa che – spiegano -, da ora in poi, i reparti autorizzati a mettere in atto la procedura di IVG farmacologica, quelli di Pantalla e poi, dopo il Covid, quello di Umbertide, oltre che di Orvieto e Narni, chiuderanno a breve, allungando ulteriormente i tempi per le IVG chirurgiche, che già adesso fanno registrare oltre tre settimane di attesa”.

“Considerando che la stessa Società italiana ginecologi ed ostetrici (Sigo) ha affermato, non più tardi dell’aprile scorso, che ‘si dichiara favorevole a una maggiore diffusione dell’aborto farmacologico, a tutela della salute e dei diritti delle donne, che rischiano di essere negati a causa dell’emergenza sanitaria in corso, l’atto compiuto da questa Giunta a trazione leghista – rimarcano - non è altro che un chiaro segnale di brutale inversione di tendenza rispetto alla cultura dei diritti delle donne”.

“Riteniamo pertanto doveroso – assicurano i consiglieri del Pd, M5S e Gruppo misto - stare al fianco di chi si vorrà impegnare, fin da adesso, affinché si possano riaffermare questi diritti di civiltà attraverso un potenziamento dei consultori, ripristinando la gratuità dei percorsi di contraccezioni e favorendo una maggiore formazione del personale adeguatamente destinato a questi ambiti così delicati per la vita delle donne”.

“In questo senso - concludono - ci sentiamo di fare un appello al ministro della Salute, Speranza, affinché ascolti le istanze portate avanti, in particolare, dalle Società scientifiche, e modifichi al più presto linee guida nazionali sull’IGV, approvate nel 2010 dal Governo Berlusconi, che rendono l’Italia il fanalino di coda dell’Europa”.

Tuona la Cgil

“La donna deve essere libera di scegliere dove assumere il farmaco ru 486, domicilio o ospedale, ferma restando l’attenzione e la tutela della salute, prima durante e dopo la somministrazione”. È quanto affermano in una nota Valentina Porfidi, segretaria della Cgil di Terni, e Luciana Cordoni, del coordinamento donne dello Spi Cgil di Terni, in riferimento alla delibera della giunta regionale che è intervenuta sull’interruzione di gravidanza farmacologica.

“L’interruzione di gravidanza è già una scelta comunque traumatizzante e riteniamo che non si possa aggiungere trauma al trauma con l’obbligo ospedaliero – affermano le due rappresentanti sindacali - Spetta invece alle Istituzioni, in questo caso alla Regione dell’Umbria, garantire l’assistenza domiciliare attraverso il potenziamento dei servizi territoriali”.

La Cgil di Terni sottolinea come nel tempo il ruolo dei consultori si sia marginalizzato, sia per i servizi offerti, per carenza di strumentazioni adeguate, che per le professionalità occupate. “Occorre una politica di rilancio dei consultori, tornando ad essere un punto di riferimento dei servizi socio/sanitari nel Territorio per le donne e per la famiglia”, concludono Porfidi e Cordoni.

La Cgil di Perugia giudica inaccettabile e inutile l’accanimento contro le donne della giunta regionale dell’Umbria, che ha deciso di annullare la possibilità di ricorrere all’aborto farmacologico in regime domiciliare o di day hospital. “È una scelta inaccettabile - scrivono in una nota le segretarie Vanda Scarpelli, Elisabetta Masciarri e Giuliana Renelli, insieme al coordinamento donne dello Spi Cgil di Perugia - una pesante azione contro la volontà di autodeterminazione delle donne, peraltro compiuta con un aumento dei costi complessivi. Ricordiamo che la Cgil di Perugia già da tempo aveva richiesto la possibilità di utilizzo della Ru senza ricorrere all’ospedalizzazione e un rafforzamento dei servizi consultoriali in tutta la provincia. Servizi ad oggi in parte chiusi o comunque depotenziati”.

“La pandemia dovrebbe aver evidenziato quanto la sanità territoriale vada rafforzata e non depotenziata in un’ottica tutta ospedalo-centrica - continuano dalla Cgil di Perugia -  Chiediamo quindi che la Giunta riveda questa decisione, rafforzi ed ampli i servizi consultoriali e nel caso contrario non esiterrmo a promuovere una larga mobilitazione”.

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