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Affido familiare, il business e le polemiche: “Ipocrita chi versa lacrime sui fatti di Reggio Emilia”

Minori fuori dalla famiglia: quanti sono e quanto costano a Terni e in Umbria. De Vincenzi (Umbria Next): da Regione e Comuni assoluta mancanza di politiche efficaci

Le ombre dell’inchiesta che a Bibbiano, in provincia di Reggio Emilia, ha portato alla luce lo scandalo della gestione degli affidi famigliari, si allungano anche sull’Umbria. A parlare di “realtà che lasciano emergere gestioni non limpide dei minori fuori famiglia” è il consigliere regionale di Umbria Next, Sergio De Vincenzi, che evidenzia come “anche in Umbria sono in atto vari procedimenti giudiziari, seppur non dello stesso livello di gravità penale rilevato a Reggio Emilia”.

Che cos’è l’affido familiare

L’affido familiare è regolamentato dalla legge 4 maggio 1983 numero 184 “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori”, modificata dalla legge 28 marzo 2001 numero 149. Si tratta di un intervento che si pone l’obiettivo di garantire al minore – la cui famiglia di origine si trovi nella temporanea impossibilità o incapacità di prendersi cura di lui – le cure e gli affetti necessari. L’affido si prefigge al contempo di recuperare la famiglia di origine del minore in modo da consentirgli il rientro a casa una volta risolta la situazione che ne ha provocato l’allontanamento. L’affido ha carattere di temporaneità e può essere stabilito con il consenso dei genitori biologici del minore oppure in forma giudiziale e quindi disposto dal tribunale dei minorenni. La legge “predilige” l’affidamento ad una famiglia possibilmente con figli minori o ad una persona singola, prevedendo che ove non sia possibile darvi luogo, sia consentito “l’inserimento del minore in una comunità di tipo famigliare”, che abbia sede preferibilmente nel luogo più vicino a quello in cui risiede stabilmente il nucleo familiare di provenienza.

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La situazione a Terni e in Umbria

Una indagine conoscitiva realizzata dalla commissione parlamentare su infanzia e adolescenza e poi l’autorità garante per l’infanzia hanno rilevato le difficoltà nell’avere un quadro esaustivo dei minori fuori dalla famiglia di origine, parlando di numeri non sempre certi e di dati raccolti con difficoltà, soprattutto a livello nazionale. In Italia, i minori fuori dalla famiglia di origine dovrebbero essere all’incirca 30mila. Per quanto riguarda l’Umbria, l’ultimo dossier è stato pubblicato nel 2012 ed era relativo alla situazione del 2009. Un anno fa, proprio a seguito di una interrogazione a risposta immediata dello stesso De Vincenzi, l’ex assessore alla sanità regionale, Luca Barberini, fornì ulteriori dati. “L’annualità 2016-2017 – riferì l’assessore all’assemblea di Palazzo Cesaroni – è in fase di rendicontazione. Per quanto riguarda il 2015, nei servizi residenziali, esclusi i maggiorenni e i bambini accolti con i genitori maggiorenni, erano presenti nelle strutture regionali 224 bambini, di cui 89 di cittadinanza straniera e 58 minori stranieri non accompagnati. Di questi, 125 minori sono stai collocati in comunità socio-educative e 55 in comunità familiari. Sempre al 31 dicembre 2015, il totale dei minorenni collocati in affidamento a singole famiglie e parenti, esclusi i maggiorenni, è di 232, di cui 62 di cittadinanza straniera”. Di fatto si tratta di circa 450 minori. A Terni, il numero dei bambini in affidamento familiare è prossimo alle 70 unità: la metà si trova ospitata in strutture di accoglienza.

Dove vanno i bambini

Se è complicato sapere quanti sono i minori in affidamento, ancora di più lo è sapere quante sono le famiglie che accolgono. Le famiglie affidatarie vengono sottoposte ad un iter formativo al termine del quale si accede ad una “banca delle famiglie affidatarie” dalla quale poi i servizi territoriali dovrebbero attingere nel momento in cui si presenta la necessità di mandare un minore in affidamento. Un elenco regionale però non esiste, o almeno non è pubblico. Il dato può essere in qualche modo dedotto dalla cifra complessiva erogata come contributo alle famiglie affidatarie. I numeri, anche in questo caso, sono quelli del 2009. L’entità del contributo mensile per ogni bambino assegnato alle famiglie affidatarie oscilla tra 200 e 450 euro: nel 2009, la somma complessiva erogata in Umbria è stata di circa 450.000 euro. Il che sta a significare che allora c’erano in Umbria circa 120 famiglie – o single – affidatarie.
Questo numero deve essersi ridotto perché, nel frattempo, un altro dato ha subito un importante incremento. Dopo la Valle d’Aosta, l’Umbria è infatti la regione in cui più alto è stato l’incremento relativo al numero di comunità presenti sul territorio. Che sono passate dalle 24 del 2014 alle 31 del 2015 (ultimo dato disponibile), ossia il 29% in più a fronte di un aumento medio nazionale del 5%.

A proposito di soldi

Al crescere delle strutture, cresce anche il costo che viene sostenuto dal pubblico. Il dossier pubblicato dalla Regione Umbria nel 2012 dice che la spesa annuale sostenuta nel 2009 per l’inserimento di minori (erano allora 263) nei servizi residenziali era complessivamente di quasi 5,7 milioni di euro (oltre dieci volte in più rispetto al contributo erogato alle famiglie affidatarie) per una retta media giornaliera prossima ai 90 euro a minore (per gli stranieri è di circa 45 euro al giorno, ma si sta dibattendo sulla opportunità di equiparare i costi).

La discussione

È in questo contesto che si inserisce l’intervento di De Vincenzi che definisce “ipocrita chi siede sulle poltrone delle istituzioni regionali e versa lacrime sulle vicende riguardanti l’assistenza di minori a Reggio Emilia, perché l’inerzia e le discrasie dei nostri servizi per minorenni si devono anche a loro”.
“La X legislatura regionale - sottolinea - è stata caratterizzata dall’assoluta mancanza di volontà della Regione e dei Comuni di promuovere politiche efficaci volte alla tutela dei minori. E una maggiore attenzione a queste delicate problematiche dovrà essere un impegno preciso della prossima legislatura e mio personale”.

De Vincenzi ricorda di aver trovato “un muro impenetrabile ai suoi atti ispettivi e propositivi finalizzati alla verifica ‘della massima tutela dei diritti dei minori’ e rivolti alla giunta e alla terza commissione dell’assemblea legislativa dell’Umbria”. L’esponente di opposizione punta il dito sulle “storture del sistema” riguardanti i minori e parla ancora di “chiare difficoltà di controllo sui servizi residenziali e l’affido familiare dei minori” emerse a seguito della sua indagine conoscitiva promossa in terza commissione nel 2018, con dati fermi al 2015 e non incrociabili con quelli di servizi attinenti. E nel frattempo rileva che a livello regionale e comunale si registra “un reale disinteresse a promuovere e incentivare l’affidamento del minore in famiglia, in alternativa all’inserimento in comunità. Tanti i buoni propositi e i proclami ascoltati in questi cinque anni di frequentazione politica - conclude De Vincenzi - tanti convegni e tavoli inter-istituzionali, con colleghi e addetti ai lavori che si riempivano la bocca con sigle come Pippi o Siso. Ma nessun passo concreto è stato poi fatto”.

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