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Camere di commercio, Terni sempre più in bilico: lo “spettro” del ministero e la “speranza” del Tar

La Corte costituzionale promuove la riforma, adesso Piazza dell’Orologio “rischia” la fusione con Perugia. Il presidente Flamini: è stato un duro colpo, ma la partita non è ancora chiusa

Piazza dell’Orologio, provincia di Perugia. Un paradosso che potrebbe però in qualche modo realizzarsi se la riforma delle camere di commercio andrà avanti secondo lo schema a cui l’ultima sentenza della Corte costituzionale ha – di fatto – dato il via libera.

“La pronuncia della Corte Costituzionale è obiettivamente un duro colpo. La partita non è ancora chiusa, perché comunque è pendente il ricorso al Tar del Lazio contro la riforma. Per salvare la Camera di commercio di Terni occorre però che il territorio con le sue istituzioni sia coeso e pronto a sostenere concretamente le nostre ragioni”, dice Giuseppe Flamini, presidente dell’ente camerale provinciale durante la conferenza stampa con la quale si è voluto lanciare l’ennesimo appello a istituzioni e associazioni del territorio.

La ricostruzione dei fatti dice che era stato proprio il Tar del Lazio, nell’esaminare il ricorso delle camere di commercio, a ravvisare “rilevanti e non manifestamente infondate” le motivazioni del ricorso e aveva anche individuato presunte questioni di violazione dei rapporti di potere tra istituzioni. La questione era così arrivata alla Corte costituzionale che il 23 giugno scorso si è invece pronunciata stabilendo come legittima la riforma delle Camere di commercio. In particolare, la Corte costituzionale ha ritenuto che “non vi sia stata una violazione del principio di leale collaborazione tra lo Stato e le Regioni per le plurime interlocuzioni che il Governo ha avuto con le autonomie regionali”. La sentenza sarà depositata nelle prossime settimane, mentre il Tar del Lazio si pronuncerà probabilmente a marzo-aprile del prossimo anno.

Nel frattempo, però, il ministero dello sviluppo economico – “pressato da Unioncamere”, rileva Flamini – potrebbe fare un suo intervento normativo che dia concretezza alla riforma. “A questo punto – spiega il segretario generale di Piazza dell’Orologio, Giuliana Piandoro – il percorso sarebbe segnato”. Ovviamente verso una fusione tra Terni e Perugia che penalizzerebbe la città dell’acciaio e ridurrebbe ancora di più il suo peso politico e amministrativo in Umbria.

“Il tempo per intervenire ci sarebbe - precisa Flamini - ma servirebbe un’azione forte, coesa di tutta la provincia, nella consapevolezza che perdere la Camera di commercio significherebbe perdere un ultimo presidio di autonomia delle imprese e delle realtà associative del territorio”.

Più volte però Flamini ha rimarcato l’assenza delle istituzioni e delle associazioni di categoria che non hanno “fatto sentire la loro voce a sostegno dell’ente camerale, mentre in altre realtà le Camere hanno presentato il ricorso insieme a sindaci o ad alcune associazioni di categoria”.

Assenti alla conferenza stampa che si è svolta stamattina i parlamentari umbri. Il sindaco di Amelia, Laura Pernazza, presente insieme al vicesindaco di Narni, Marco Mercuri, e a quello di Terni, Andrea Giuli, ha voluto esprimere sostegno alla partita che sta giocando la Camera di Terni per la sua sopravvivenza e ha annunciato “che porterà la questione all’attenzione della prossima e imminente segreteria di presidenza di Anci”.

Il segretario Piandoro ha inoltre snocciolato i numeri che fotografano l’attività dell’Ente e le risorse riversate sulle imprese ternane. “Risorse - è stato detto – che difficilmente potranno essere concentrate tutte sul territorio ternano se il centro decisionale non sarà più a Terni”. Negli ultimi 5 anni, l’ente ha investito in bandi e progetti 10 milioni di euro, nel 2020 da gennaio ad oggi già 2,4 milioni sono andati a favore delle imprese, per sostenere la liquidità, il turismo e l’internazionalizzazione.

L’assistenza sul territorio alle imprese durante il lockdown si è rilevata di particolare importanza. Grazie al sostegno che la Camera ha prestato alla prefettura di Terni, sono state esaminate a tempo di record oltre 850 richieste di esenzione di chiusura attività che hanno permesso alle aziende del territorio di continuare a lavorare durante la pandemia. È stato messo in piedi un progetto formativo da 30 webinar gratuiti che hanno affiancato gli imprenditori per una maggiore qualificazione sul digitale in impresa, sul turismo, sulle novità normative introdotte a seguito del Covid19.

“Siamo un sostegno importante per le imprese del territorio, abbiamo una governance locale e conosciamo i bisogni del territorio, tutto questo scomparirà con la nascita della Camera dell’Umbria e il conseguente spostamento dei centri direzionali. Ancora non comprendiamo quale sarebbe il vantaggio di una fusione, considerato che il riordino e le norme precedenti e successive di contenimento della spesa hanno già enormemente ridotto i costi dell’ente. Sei anni dopo, un territorio afflitto da crisi insormontabili potrebbe subire anche questo. La sede principale sarebbe a Perugia e a Terni rimarrebbe una sede operativa con un ruolo assolutamente marginale. Dopo Banca d’Italia, Arpa, l’elenco degli enti persi o accorpati con realtà più grandi si allungherebbe”.

“Quello che chiediamo e che chiedono le diciotto Camere di commercio, fra cui quella di Terni, a tutti i livelli della politica è una modifica del testo vigente che renda volontari e non obbligatori gli accorpamenti, superando il numero massimo di sessanta, indicato con immotivato senso nella legge Madia”, aggiunge Flamini.

“Se gli enti hanno un equilibrio economico-finanziario, e noi lo abbiamo raggiunto dopo alcuni anni di risparmi e strategie di contenimento dei costi, possiamo tranquillamente servire il nostro territorio dando servizi e risorse alla imprese, come sempre abbiamo fatto in questi anni e soprattutto in questo periodo di pandemia, che lascerà inevitabilmente strascichi di crisi socio-economica che non potrà non essere presidiata direttamente dal territorio e sul territorio”, conclude il presidente.

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