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Slalom fra obiettori e dati incerti: “Se l'aborto non è garantito, nessuna di noi è al sicuro”

La situazione nell’azienda sanitaria e all’ospedale di Terni in base alle “mappe” raccolte nel lavoro di Chiara Lalli e Sonia Montegiove. La Rete umbra per l’autodeterminazione: “Viviamo in un Paese proiettato nel passato che non ha a cuore la salute sessuale e riproduttiva delle donne”

“Come sta la 194, la legge sull’interruzione volontaria della gravidanza? Per saperlo avremmo bisogno dei dati, ma quelli della relazione di attuazione del ministero della salute sono chiusi, aggregati per regione e vecchi. Cioè sono poco utili e poco a fuoco”.

Questo il punto di partenza di “Mai dati. Dati aperti (sulla 194). Perché sono nostri e perché ci servono per scegliere”, il lavoro di approfondimento di Chiara Lalli e Sonia Montegiove (edizioni Fandango) con l'obiettivo di fotografare la situazione in Asl e ospedali in merito all'applicazione della legge sulla interruzione volontaria di gravidanza.

“Abbiamo bisogno di una mappa dettagliata e aggiornata, disegnata a partire da dati aperti e ufficiali. Li abbiamo chiesti, ce li hanno mandati (non tutti) – spiegano le autrici del libro - Abbiamo bisogno di questi dati sui quali non dobbiamo fare ipotesi magiche o essere costrette a verifiche complicatissime. Speriamo che tutti questi (mai) dati si possano trovare presto e facilmente sui siti istituzionali. Senza bisogno di una caccia al tesoro”.

Ecco, in base alle mappe realizzate da Lalli e Montegiove – che prendono in considerazione la situazione di Umbria, lazio, Molise e marche - all’ospedale di Terni i ginecologi obiettori sono 33 – circa il 70% del totale - mentre il personale non medico obiettore ammonta a 10 unità, a fronte di un “totale non comunicato”. Presso l'ospedale di Narni, i ginecologi sono 3 di cui uno obiettore (33%), le ostetriche sono 6 di cui 2 obiettori (33%). All’ospedale di Orvieto su 7 ginecologi in servizio, 2 sono obiettori (28,57%) mentre le ostetriche obiettori sono 7 su 14 in servizio (50%).

“Questi dati sono inevitabilmente già vecchi – ribadiscono Lalli e Montegiove - in parte perché alcuni risalgono al 2021, in parte perché l’unico modo di avere dati davvero aggiornati è tramite la pubblicazione dei dati in formato aperto o attraverso la pubblicazione di API che renderebbero il flusso di pubblicazione continuo e in tempo reale: la tecnologia lo permette, ci sono già buone pratiche anche in dominio sanitario come l’E015 della Regione Lombardia”.

“Oltre a non aver accesso a dati trasparenti sull’applicazione della legge 194 - denuncia la Rete umbra per l’autodeterminazione RU2020 - viviamo in un Paese proiettato nel passato che non ha a cuore la salute sessuale e riproduttiva delle donne. Vogliamo poter accedere all’Ivg in modo rapido e con teleassistenza secondo le più moderne e meno invasive tecnologie mediche come la RU486. Vogliamo vivere nel futuro e non nel passato. Se l’aborto non è garantito, nessuna di noi è al sicuro. Non arretreremo mai”.

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