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Giovedì, 18 Aprile 2024
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Terni è destinata a scomparire? Meno bambine e “potenziali” mamme, “tsunami d’argento” sulla Conca

Cinquemila donne in età fertile in meno rispetto a quindici anni fa, la previsione di Palazzo Spada: “Il calo del numero di nati non accennerà ad arrestarsi nei prossimi anni”

Qualche settimana fa, Jason Horowitz, corrispondente dall’Italia per il New York Times, in un reportage sulla crisi demografica del Belpaese, si chiedeva se l’Italia non fosse destinata a scomparire sotto le bordate del cosiddetto “tsunami d’argento”, ossia l’incremento della popolazione anziana e la costante diminuzione di quella giovanile.

Bene, in questo quadro tutt’altro che ottimistico, se possibile Terni non solo non fa differenza ma anzi amplifica alle estreme conseguenze questi fattori. Perché non solo il numero di nuovi nati soccombe rispetto all’incremento dell’età media e di fronte all’implacabile avanzata del saldo naturale, ossia la differenza tra nascite e morti (nel 2022 ci sono stati 572 nuovi nati e 1.540 morti). Non solo l’inverno demografico è diretta conseguenza di quei “fattori” che hanno innescato gli stessi risultati in tutta Italia e nel resto d’Europa. Terni ha una sua peculiarità che aumenta le difficoltà sociali ed economiche che favoriscono l’inverno demografico.

“Ogni anno – spiega il Dip 2023 di recente approvato dalla giunta comunale - si svuota il contingente di donne in età riproduttiva: quest’anno, come effetto della diminuzione costante nel tempo del numero delle nascite, rispetto a quindici anni fa si contano quasi 5mila potenziali mamme in meno. Di pari passo diminuiscono costantemente le bambine da 0 a 15 anni, ovvero quelle che entreranno in età riproduttiva nei prossimi anni, facendo presagire che il calo del numero di nati non accennerà ad arrestarsi”.

Se dunque il dato delle nascite 2022 “rappresenta in assoluto dato più basso di sempre” dal momento che “i bambini nati sono stati un terzo rispetto alle nascite registrate nel periodo del baby boom, con una popolazione totale pressoché identica”, questo record è destinato a non restare imbattuto, anzi. Perciò, “il saldo naturale, ovvero la differenza tra le nascite e le morti, sfiora quota mille”, precisa il Dup, sottolineando che “con un tale andamento, si è ben lontani dai valori che consentono un adeguato ricambio generazionale”.

Ma la spirale negativa difficilmente potrà essere invertita “in conseguenza del calo della natalità iniziato già negli anni novanta”, da quando “sono nate meno bambine e di conseguenza è diminuito il valore assoluto delle donne in età fertile”. Altra causa della denatalità è “la diminuzione costante del numero delle coppie e il crollo del numero di matrimoni. A ciò si aggiungono varie dinamiche sociali quali la minor propensione a fare figli e la tendenza a spostare sempre più in avanti il momento di programmare la maternità (restringendo in questo modo l’intervallo riproduttivo) come conferma il valore dell’età media al parto, costantemente in crescita a Terni e attualmente pari a oltre 33 anni per le madri italiane e 30 per le straniere”. Se possibile, insomma, si fa un figlio. Al massimo due. Ma questo non è sufficiente. E se anche ci fosse l’intenzione di “combattere” contro il gelo demografico, esiste una variabile contro la quale sembrano non esserci armi adeguate. A Terni, ma anche anche nel resto d’Italia e in Europa, mancano le (potenziali) mamme. E la domanda del New York Times resta drammaticamente valida e d’attualità.

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