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“Cambio divisa, permessi al posto dei soldi, illegittima la decisione di Asl e ospedale di Terni”

Sentenze e contratto nazionale di lavoro dicono che il tempo per la vestizione degli operatori sanitari deve essere retribuito, ma le due aziende danno disposizioni diverse. Nursind: sottratti al personale gli emolumenti retributivi

La Corte di cassazione prima, il tribunale di Terni poi e ancora il contratto nazionale di lavoro del comparto sanità pubblica lo dicono chiaramente. Il “tempo per il cambio divisa” va conteggiato nell’orario di lavoro degli operatori sanitari e dunque va retribuito.

Così non è, almeno secondo il Nursind – sindacato delle professioni infermieristiche – che denuncia il comportamento di Usl Umbria 2 e azienda ospedaliera Santa Maria di Terni che “cercano di trarre in inganno i lavoratori con disposizioni regolamentari inaccettabili ed elusive delle linee guida regionali”.

Questo perché le due aziende avrebbero fatto pervenire ad ogni lavoratore una disposizione regolamentare in base alla quale viene convertito “il tempo lavorativo impiegato nel cambio divisa in credito orario, peraltro fruibile sotto forma di permessi, dietro specifica autorizzazione del superiore gerarchico con l’ulteriore conseguenza che, in occasioni di tali assenze, i dipendenti non potranno godere delle indennità contrattuali legate alla presenza al lavoro”.

A questo punto, il sindacato ha inviato una nota “alle rispettive aziende sanitarie ed alla direzione regionale salute e welfare” esprimendo “innanzitutto il proprio disappunto per tale decisione, che riteniamo assolutamente illegittima – spiega Marco Erozzardi, coordinatore regionale Nursind - oltre che elusiva anche delle linee guida della Regione Umbria direzione generale sanità e welfare, a loro volta non completamente satisfattive dei diritti dei lavoratori”.

“Infatti – sottolinea Erozzardi - il tempo impiegato dai dipendenti per le operazioni di vestizione e svestizione, costituisce a tutti gli effetti orario di lavoro e quindi va regolarmente retribuito a norma del decreto legislativo 66/2003 e del contratto nazionale di lavoro comparto sanità pubblica”.

Il sindacato parla dunque di “condotta oltremodo speculativa delle due aziende che, nell’immediatezza della comunicazione delle linee guide della Regione (avvenuta presso che contemporaneamente alla diffusione delle disposizioni aziendali) hanno inteso sottrarsi anche alle stesse, facendo pervenire ad ogni singolo lavoratore la disposizione regolamentare, nell’evidente tentativo di carpire la buona fede dei dipendenti ai fini dell’accettazione di una volontà datoriale che misconosce un sacrosanto diritto ed usa delle modalità quantomai riprovevoli per introdurre ed affermare dei principi illegali”.

“Ricordiamo – aggiunte il coordinatore regionale - come Nursind abbia raccolto e depositato circa 300 ricorsi che sono in attesa di giudizio presso i tribunali del lavoro di Perugia e Terni, per vedere finalmente riconosciuto il risarcimento economico per il danno subito negli ultimi 5 anni da parte dei lavoratori della sanità umbra”.

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