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Tea e gli altri, lo strano caso delle adozioni quasi impossibili nei canili di Terni

Il regolamento comunale vieta che i cani vengano affidati a famiglie fuori regione. Alcune associazioni animaliste: “Non si mandano animali allo sbaraglio per risparmiare o per ottenere visibilità politica”. Ma non tutti sono d’accordo

Cominciamo dalla fine. Dopo otto anni in canile, Tea ha lasciato la struttura di Colleluna per la sua nuova famiglia. Ma la sua non è stata per niente un’adozione facile. L’epilogo della vicenda poteva esserci già qualche settimana fa, ma l’articolo 32 bis, comma 11 del regolamento del Comune di Terni sulla “Tutela e difesa degli animali” vieta che le adozioni avvengano fuori regione. E così, la coppia di Viterbo che aveva deciso di prendersi cura della cagnolina, dopo un primo “no” da parte della consulta comunale, ha dovuto attendere un nuovo pronunciamento. Che è arrivato lo scorso 9 febbraio con 4 sì e altrettanti no alla richiesta di adozione nel Viterbese.

“Questo parere consultivo delle associazioni animaliste ternane, richiesto dal regolamento comunale in caso di adozioni fuori dalla regione - spiegavano dal canile di Colleluna all’indomani della decisione della consulta - supporterà il delegato del sindaco (il direttore sanitario del canile) nel procedere o meno con l’adozione. Alle differenti motivazioni favorevoli si è contrapposta la motivazione delle associazioni che hanno espresso voto sfavorevole che risiederebbe nella impossibilità dei controlli post affido sia della Asl Umbria 2 che delle Asl extra regionali".

Una settimana dopo è arrivato il parere del direttore sanitario che ha dato il via libera all’adozione fuori regione. Anzi, l’ok al momento è ad un affido provvisorio che diventerà definitivo e dunque si trasformerà in adozione se entro i prossimi 60 giorni nessuno si farà avanti per reclamare la proprietà di Tea.

“Ce l’abbiamo fatta, Tea è a casa”, commenta sulla sua pagina Facebook Patrizia Braghiroli, capogruppo di Fratelli d’Italia al consiglio comunale di Terni. Fd’I che nei mesi scorsi aveva iniziato a sollevare la questione del regolamento comunale sugli animali, avviando il dibattito per eventuali modifiche che però non sono mai arrivate. Concentrandosi in particolare sul divieto di adozioni fuori regione.

“Il regolamento, salvo deroghe, le vieta – scrivono in una nota le associazioni Grandi Amici, Monteargento, Enpa e Lai - Come si può pensare che il legislatore abbia inserito questo divieto senza avere gravi motivi per farlo? Come mai il nostro regolamento è apprezzato e imitato a livello nazionale? Come si può sospettare che associazioni, presenti sul territorio da decenni in difesa degli animali, abbiano piacere di tenere i cani nei canili? È un’accusa ridicola e infondata. Sappiamo benissimo che i canili devono essere luoghi di transito e non prigioni a vita, ma per noi transito non significa partenza verso l’ignoto, significa adozioni controllate, serie, tracciabili. La mancanza di controlli, che non vengono garantiti dalle autorità preposte nemmeno nella nostra provincia, ci hanno costretto a dire no alle adozioni fuori regione, che rendono impossibile avere notizie certe sul cane affidato. Il nostro no è protesta, è preoccupazione, è accorata richiesta che vengano applicate le leggi, perché le leggi esistono. I canili si svuotano con la prevenzione,con la collaborazione di tutti i soggetti interessati: Comune, Asl, associazioni animaliste, cittadini e volontari. A questo doveva servire la Consulta, che si è trasformata invece in una partita di calcio che finisce spesso in parità, arbitro il direttore sanitario cui spetta il parere finale e decisivo. La cagnetta Tea, come tutti gli altri cani su cui ci siamo espressi, ha ottenuto dal direttore sanitario il nullaosta all’adozione fuori regione, anche se con alcuni validi paletti. Speriamo che vada a stare bene, che lasci il canile per una vita migliore. È chiaro che la nostra è una lotta di principio, che prescinde dal caso singolo e riguarda tutti i cani, anche quelli di cui non si sa più nulla, ma che noi non abbiamo dimenticato. Sappiamo che il canile rappresenta un costo per la collettività ma assolve ad una funzione pubblica incontestabile e irrinunciabile. Un ultimo suggerimento al solito gruppo consiliare che, dopo una prima bocciatura nel 2021, è tornato alla carica chiedendo la modifica del regolamento comunale e l’abolizione del divieto di adozioni fuori regione: non si mandano animali allo sbaraglio per risparmiare o per ottenere visibilità politica”.

Sono centinaia i cani in carico al Comune di Terni: circa 400 per una spesa da diverse centinaia di migliaia di euro. A Colleluna gli ingressi nel 2022 sono stati 85, le adozioni concluse 45. Le adozioni fuori regione sono, mediamente, una all’anno. Il “divieto” riguarda soltanto i cani in carico a Palazzo Spada: non è così per quelli di Narni, Amelia e degli altri comuni della provincia, anche in considerazione del fatto che la legge nazionale consente di fare adozioni dentro e fuori i confini regionali. E neanche tutte le associazioni animaliste sono d’accordo su questi vincoli del regolamento comunale che “vanno a discapito degli animali e dei contribuenti. Sapessi – rileva qualcuno - quanti cani non sono stati adottati in questi anni e sono morti in un box del canile anziché tra l’affetto di una famiglia”.

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