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Caos pronto soccorso, 95 accessi al giorno: 9 codici bianchi e 53 “verdi”. “Ma se chiude, sono dolori”

I numeri della struttura dell’ospedale di Terni: quasi 35mila pazienti nel 2021, i ricoveri sono poi stati 12.400. Il direttore Giorgio Parisi: salviamo vite e incassiamo botte e minacce. Diciassette ore in attesa, la “verità” del Santa Maria

La “medaglia” è una, ma le facce – evidentemente – sono due. Viste da altrettante prospettive diverse: chi aspetta e per cui il tempo non passa mai. Chi è al lavoro, per salvare vite e per cui il tempo scorre a volte anche troppo velocemente.

Partiamo dai numeri. Secondo la relazione delle performance dell’azienda ospedaliera Santa Maria di Terni, il numero degli accessi al pronto soccorso è fortemente diminuito tra il 2019 e il 2020 (44.833 nel 2019, 31.282 nel 2020), per poi aumentare di nuovo nel 2021 (34.881 accessi).

“Esaminando l’andamento dei dati secondo il codice di gravità dei pazienti, valutandoli dai meno gravi (codice bianco) ai più gravi (codice rosso) è scritto nel documento - si evidenzia che i codici bianchi sono stati 3.467 (9,9% del totale degli accessi), i codici verdi 19.245 (55,2%), i codici gialli 10.549 (30,2%) e i codici rossi 1.620 (4,6%). Il numero dei pazienti recatisi al pronto soccorso poi direttamente ricoverati sono stati 12.482 (35,8%). I pazienti inviati all’osservazione breve intensiva sono stati 506 (1,5% del totale degli accessi), di cui ricoverati 158 (31,2% delle Obi). Andando infine a valutare il carico medio giornaliero di pazienti che sono acceduti al pronto soccorso nell’anno 2021, dai dati precedenti si evince che in media ogni giorno hanno ricorso alle prestazioni di pronto soccorso 95 pazienti (9 codici bianchi, 53 codici verdi, 29 codici gialli, 4 codici rossi)”.

“È interessante inoltre analizzare – rileva la relazione - come sia variata nel triennio 2019-2021 a causa della pandemia da Covid19 la composizione degli accessi al pronto soccorso secondo il codice di gravità: la riduzione maggiore, in particolare nel 2020 rispetto al 2019, si riferisce ai codici di minore gravità (bianco e verde), confermando l’ipotesi che il timore di frequentare un luogo potenzialmente a rischio di infezione ha frenato il ricorso al pronto soccorso dei pazienti con problemi di salute non tali da giustificare una necessità impellente di accesso. Quanto detto avvalora la tesi della storica inappropriatezza di una gran parte degli accessi al pronto soccorso”.

Il punto del direttore

All’indomani della visita del direttore regionale della sanità, Massimo D’Angelo, che ha avviato un percorso per la ridefinizione dei percorsi del pronto soccorso ternano, il direttore della struttura, dottor Giorgio Parisi, ha affidato ad un lungo post su facebook una riflessione sullo stato di salute del Ps dell’ospedale cittadino. Parisi utilizza un esempio, paragonando il pronto soccorso ad un bar fino ad arrivare alla conclusione che quello di Terni è, ad oggi, l’unico bar aperto h24 e che – soprattutto – oltre a cappuccini e brioche, viene chiesto alla struttura e al suo personale – sempre più ridotto – di preparare altre specialità. Per cui serve tempo, materia prima e manodopera.

“Nessuno si è mai chiesto, nonostante tutto – scrive Parisi nel suo post - quanta gente morta di fame e di sete abbia avuto la vita salva in quel bar, quanta gente che ha aspettato è stata poi dimessa con una serie di accertamenti gratuiti che nemmeno nella migliore clinica avrebbero fatto, quanta gente che si è allontanata è poi morta (zero). Certo, quei baristi sono esseri umani e sono suscettibili di errore ma quanti politraumi sono usciti stabilizzati dalla sala più importante di quel bar, quanti infarti in arresto sono stati salvati, quante dissecazioni dell’aorta sono state scoperte, quanti ictus sono stati gestiti, a quanta gente abbiamo dato “asilo”, quanto aiuto ha dato quel bar alle donne ed ai bambini vittima di violenza, quanto è stato progettato per il disagio giovanile, quanto è stato ricevuto (botte) da pazienti violenti e/o psichiatrici.

Una volta in questo bar veniva chiesto: mi salverò? Ho qualcosa di grave? Sai diagnosticare questo mio problema? Oggi al bar viene chiesto: quanto ci metto? Rispondo che visto che la diagnosi non è scritta sulla fronte, è ragionevole pensare che si possa stazionare anche a lungo in osservazione”.

“Ultima considerazione: non maltrattate più questo bar, è l’unico rimasto aperto h24, è preferibile confrontarsi. Non possiamo mandare via nessuno. Come in moltissimi altri pronto soccorso italiani, in queste condizioni quei pochi baristi che sono rimasti se ne vogliono andare. I giovani non vogliono più lavorarci. Guardate che il pronto soccorso non è per tutti, non è una passeggiatina. Se chiude, sono veramente dolori. Per chi come me ci ha fatto un progetto di vita, è veramente doloroso scrivere queste cose”.

Attese e polemiche

Arriva in queste ore anche la replica della direzione del Santa Maria rispetto alla vicenda di un paziente rimasto in attesa per 17 ore al pronto soccorso. “Fra il 19 e il 20 luglio, nelle ore in cui si colloca l’esperienza del paziente che ha esposto il reclamo per la lunga permanenza nel pronto soccorso di Terni – spiega la direzione del Santa Maria - lo stesso ha visitato 214 pazienti, numero al di sopra anche dei picchi più volte registrati. Precisamente il paziente è giunto in pronto soccorso alle 23.35 del 19 luglio in codice verde, con sintomi che quindi non rappresentavano una condizione di gravità, ed è stato ricoverato alle 15.30 del giorno successivo, dopo essere stato tenuto in osservazione durante tutta la sua permanenza. Nel frattempo il personale del pronto soccorso, con la collaborazione dei professionisti di tutto l'ospedale, ha accolto e visitato numerosi pazienti di cui 4 in condizioni molto gravi che erano giunti con codice rosso e 32 che erano giunti con codice giallo, qualificandosi pertanto come pazienti affetti da patologie a rischio per la sopravvivenza ai quali i medici di pronto soccorso hanno letteralmente salvato la vita”. 

“Siamo spiacenti che il paziente abbia vissuto come ‘apparentemente futile’ quella lunga attesa, perché in realtà, per valutare la reale necessità del ricovero, durante la sua permanenza è stato visitato e tenuto in osservazione come avviene per ogni altro paziente, fatta eccezione che per alcuni esami eseguiti il giorno precedente, che il signore aveva portato in visione e che il personale medico non ha ritenuto utile ripetere a distanza di così poche ore. Senza dimenticare - ricorda il direttore generale Pasquale Chiarelli - che tutto questo avviene non in uno ma in due strutture di pronto soccorso che si affiancano costantemente per tenere separati e in piena sicurezza i percorsi dei pazienti con Covid, a discapito degli spazi disponibili e, purtroppo, del comfort dei pazienti”.

“Nonostante la cronica e ormai  insostenibile situazione di iperafflusso di pazienti - aggiunge  Chiarelli - il pronto soccorso di Terni non soltanto non ha mai respinto alcuna persona malata proveniente da tutto il territorio regionale e anche dalle regioni limitrofe, ma continua a lavorare con la massima serietà secondo percorsi improntati all’accoglienza e alla sicurezza della persona, procedure condivise e costantemente aggiornate,  e facendo fronte a criticità più volte rese note a tutti i livelli. È importante a mio avviso che anche gli organi di stampa, al pari delle istituzioni tutte, si facciano carico di non far passare la visita del direttore D’Angelo come un blitz, perché le nostre porte sono sempre state aperte e, anzi, a nome della direzione e dei professionisti dell’ospedale di Terni, posso dire che tutti ci auguriamo che il dialogo con il direttore regionale alla salute prosegua al fine di affrontare in modo serio e costruttivo ogni aspetto e ogni criticità del sistema sanitario regionale di cui l’ospedale è parte integrante, senza puntare il dito contro una sola parte di questo complesso sistema”.

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