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Burocrazia lumaca, tutti in fila davanti agli sportelli degli uffici pubblici

Ogni cento utenti, quasi la metà aspetta più di venti minuti alla Asl, e uno su quattro resta in coda all’anagrafe. Per pagare le tasse servono 238 ore: tutti i dati

Nel 2017, ogni cento utenti in coda agli sportelli Asl dell’Umbria, quasi la metà (45,5) hanno dovuto aspettare più di venti minuti. In vent’anni, dal 1997, la fila si è allungata di 14 persone. Per quanto riguarda, ad esempio, l’ufficio anagrafe, la fila davanti agli sportelli dei municipi dell’Umbria – sempre negli ultimi vent’anni – è cresciuta di 18 unità: erano 7 nel 1997, sono diventate oltre 25 nel 2017.

Mediamente, a livello nazionale, rispetto a 20 anni fa la coda davanti agli sportelli delle Asl è idealmente aumentata di 19 persone, quella invece che ipoteticamente ci troviamo di fronte quando ci rechiamo all’ufficio anagrafe del nostro Comune di residenza è cresciuta di 13.

L’elaborazione, eseguita dall’ufficio studi della Cgia di Mestre su dati Istat, è stata possibile grazie alla periodica indagine condotta dall’Istituto di statistica su persone maggiorenni che si sono recate agli sportelli della nostra pubblica amministrazione e hanno atteso più di 20 minuti.

Nel 2017, infatti, 52,7 intervistati su 100 hanno dichiarato di aver atteso più di 20 minuti davanti allo sportello di una Asl, il 56% in più rispetto a quanti si erano trovati nella stessa situazione nel 1997. Sono 23,8 su 100, invece, gli intervistati due anni fa dall’Istat rimasti in lunga attesa di fronte allo sportello di un ufficio anagrafe; il 126,7% in più di 20 anni prima.

A livello territoriale le situazioni più difficili si registrano nel Centro-Sud. Presso gli sportelli delle Asl i tempi d’attesa più lunghi si sono verificati in Calabria, in Basilicata e in Puglia. Le attese in coda agli uffici anagrafe, invece, si sono fatte sentire in particolar modo nei

Comuni ubicati nel Lazio, in Sicilia e in Puglia. Tra le realtà regionali più virtuose notiamo, in entrambi i casi, Friuli Venezia Giulia, Veneto e Valle d’Aosta. La regione più efficiente d’Italia è il Trentino Alto Adige.

Se la situazione delle famiglie e dei lavoratori autonomi è decisamente peggiorata, le cose non vanno meglio nemmeno per le imprese, in particolar modo per quelle di piccole dimensioni che pagano più delle altre i costi dell’inefficienza della nostra macchina pubblica.

Sempre da una elaborazione dell’ufficio studi della Cgia su dati della Banca mondiale (Doing Business 2019) emerge che nel nostro Paese sono necessari 228 giorni per ottenere tutti i permessi/certificati/pratiche necessari per costruire un fabbricato ad uso produttivo contro i 186 della media dell’area euro. In buona sostanza in Italia sono necessari mediamente 42 giorni in più. Per pagare le tasse, invece, gli imprenditori italiani “perdono” 238 ore, ovvero quasi un mese di lavoro. Nei paesi dell’area euro occorrono “solo” 147 ore all’anno, praticamente 11 giorni in meno che da noi. La situazione più “pesante”, infine, si verifica quando un imprenditore è costretto a rivolgersi al tribunale per la risoluzione di una disputa commerciale. Se il Tribunale di Roma impiega 1.120 giorni (poco più di 3 anni) per definire la controversia, la media riferita ai tribunali delle capitali europee è di 661 giorni, ben 459 in meno.

“A pagare il conto di queste inefficienze – dichiara il coordinatore dell’ufficio studi Paolo Zabeo - non sono solo i cittadini, ma anche molti micro imprenditori. Ricordo che oltre il 70% dei 3 milioni di artigiani e commercianti presenti in Italia lavora da solo. Pertanto, quando un autonomo si deve recare presso un ufficio pubblico che, spesso, è aperto solo al mattino, è costretto ad abbassare la saracinesca della propria attività e a mettersi in fila. Crediamo che molti uffici pubblici che hanno un rapporto diretto con il cittadino dovrebbero, tuttavia, organizzarsi in funzione di quest’ultimo e non in relazione alle esigenze di coloro che lo gestiscono. In particolar modo al Sud, dove l’efficienza della nostra pubblica amministrazione è spaventosamente insufficiente”.

Nonostante il processo di informatizzazione abbia interessato tutta la nostra PA – segnala il segretario Renato Mason - la fila agli sportelli non è cresciuta per colpa di chi ci lavora. La responsabilità va ricercata negli effetti che caratterizzano moltissime leggi, decreti e circolari che, spesso in contraddizione tra loro, hanno aumentato a dismisura la burocrazia, complicando non solo la vita dei cittadini e delle imprese, ma anche quella degli impiegati pubblici”.

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