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Post pandemia “Si vive una volta sola". Anche in Umbria si registra il fenomeno degli under 30 che si dimettono per un futuro diverso

Tutti i dati elaborati dall'Agenzia Umbria Ricerche. Obiettivo di chi lascia contratti e metropoli: "Rimanere produttivi, senza però rinunciare ad una migliore qualità della vita"

Anche in Umbria arriva la Yolo, l'acronimo dello slogan americano You only live once (tu vivi una volta sola), termine coniato dal sociologo Corey Keyes e diventato virale con la canzone del rapper canadese Drake nel 2011. In sostanza è la nuova e rinvigorita consapevolezza che la vita è una sola ed è troppo breve per dedicare la maggior parte del tempo a un lavoro o un’attività che non ci rende felici, con la sola speranza di portare a casa uno stipendio per arrivare a fine mese. Da cui la Yolo Economy, il movimento nato negli Stati Uniti e arrivato anche in Italia e diffuso soprattutto tra i Millennials - la fascia di coloro che hanno ad oggi tra i 26 e i 40 anni - e la Generazione Z - gli under 25. Dopo i due anni di pandemia che hanno rivoluzionato nel profondo lo stile di vita ben consolidato in precedenza, è stato ampiamente dimostrato che è possibile rimanere produttivi, senza però rinunciare ad una migliore qualità della vita. La sfida che si prospetta alle aziende, quindi, è di adattarsi ai cambiamenti e mettere flessibilità e benessere dei propri dipendenti ai primi posti della loro scala di valori.

Anche in Umbria questo nuovo modo di vivere ha fatto breccia nel cuore dei lavoratori: si è verificata infatti una significativa e piuttosto inattesa crescita del numero di persone che hanno lasciato volontariamente il lavoro. Come emerge dall'ultima indagine dell'Agenzia Umbra Ricerche (Aur), ad essere interessate dalle dimissioni sono diverse tipologie contrattuali, ma ciò che colpisce di più è scoprire che nel 2021 gli abbandoni volontari siano stati in Umbria la causa di quasi i 3/4 delle cessazioni dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato (73% contro il 69% nazionale). Quello che sorprende ancora di più è che nella nostra regione non si tratta di un fenomeno segnatamente femminile: la propensione alle dimissioni è più alta tra gli uomini che tra le donne, rispettivamente del 35,8% e del 27,2% considerando il totale dei contratti. 

La media italiana si attesta al 30,7% per gli uomini e al 26,9% per le donne. Le differenze più importanti si trovano isolando i tempi indeterminati: nel 2021 in Umbria, 77 cessazioni di contratti a tempo indeterminato maschili su 100 (70 in Italia) sono attribuibili a dimissioni; per le donne tale valore, pure alto, rimane sotto 68, in Umbria come in Italia. Il fenomeno risulta relativamente più presente tra gli under 30 e assume valori minimi tra gli ultra cinquantenni: in particolare, tra i tempi indeterminati dei più giovani (ancorché si tratti di numeri esigui), nel 2021 le cessazioni di lavoro, in 82 casi su 100 (78 in Italia) sono da attribuire a dimissioni. Al 2021 l’Umbria presenta rispetto al contesto italiano propensioni alle dimissioni nei tempi indeterminati maggiori soprattutto nei seguenti settori: commercio, riparazione autoveicoli e motocicli, trasporto e magazzinaggio, servizi di alloggio e ristorazione; Costruzioni; Attività professionali, scientifiche e tecniche, amministrazione e servizi di supporto. Un po’ inferiori al dato nazionale, ma sempre alte, quelle relative all’Amministrazione pubblica e difesa, assicurazione sociale obbligatoria, istruzione, sanità e assistenza sociale e alle Attività artistiche, di intrattenimento e divertimento; riparazione beni per la casa e altri servizi.

Secondo una recente ricerca di Microsoft sui trend del lavoro, a livello mondiale addirittura più del 40% dei lavoratori ha manifestato l’intenzione di cambiare il proprio posto di lavoro. Un numero molto alto, probabilmente inimmaginabile fino a poco tempo fa. Ma quali sono le principali motivazioni? La ricerca di condizioni economiche più favorevoli, sicuramente, ma anche il desiderio di conquistare un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata, e la volontà di trovare maggiori opportunità di carriera altrove. Per chi è ancora indeciso se cambiare vita, una nota positiva proviene dalle comunicazioni obbligatorie rilasciate dal Ministero del lavoro, secondo le quali i dipendenti che hanno rassegnato volontariamente le dimissioni hanno trovato una nuova occupazione più rapidamente e più frequentemente rispetto al periodo pre-pandemico, con spostamenti anche verso professioni o settori diversi da quelli di provenienza. E per chi non ha trovato immediatamente un rimpiazzo, il reddito di cittadinanza è risultato essere una buona alternativa a un lavoro non soddisfacente, sottopagato, senza possibilità di carriera e, ove nel frattempo si recupera il proprio tempo di vita, si può attendere una collocazione migliore.

È ora che le rigidità, la bassa dinamicità salariale, le scarse opportunità professionali che hanno da tempo stigmatizzato il nostro mercato del lavoro cedano il passo a nuovi approcci, con buona pace di tutti coloro che rifiutano il progresso tecnologico e i vantaggi che ne derivano.

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