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Bambina malata sotto le bombe dell’Ucraina: “Un viaggio della speranza, così è stata portata in salvo”

Dalla guerra ad un ospedale in Italia, il grande lavoro dei volontari della protezione civile: “Ci sembrava una missione impossibile, ma siamo di Allerona e la ‘tigna’ ci bagna le scarpe fin da piccoli”

E questa, invece, è una storia a lieto fine. Una delle tante, fortunatamente, in questi tempi bui. Segno di speranza e del fatto che le atrocità della guerra continueranno ad avere vita dura.

A raccontare i fatti è Serena D’Andrea, volontaria della protezione civile di Allerona. E lo fa attraverso un “post lunghissimo”, scritto soltanto dopo che tutte le tessere di questo mosaico sono andate al loro posto. “Fino all’ultimo abbiamo fatto tutto quello che prevede la scaramanzia. Serviva logistica, aiuto dalle persone amiche, speranza ma anche tanta fortuna. È andata bene. Ora resta da aspettare che la bimba possa uscire dall’ospedale e venire a vedere quanto è bella Allerona”.

La “bimba” in questione è una ragazzina di 10 anni, rimasta sotto le bombe dell’Ucraina assieme alla mamma, mentre la sorella più grande ha trovato ospitalità presso una famiglia alleronese. “All’inizio – racconta Serena - non capivamo come mai fossero rimaste sul territorio ucraino. Purtroppo la ragione era semplice: la bimba ha dei problemi di salute seri e uscire dal confine sarebbe stato rischioso. Servivano delle garanzie. Abbiamo tradotto la diagnosi, sentito diversi pareri medici, pregato, benedetto le uova...  Abbiamo preso qualche tempo per cercare delle soluzioni: questa ci sembrava una missione impossibile. Ma siamo di Allerona e la tigna ci bagna le scarpe fin da piccoli”.

protezione civile-3E con la “tigna” in mano, il meccanismo ha cominciato a muoversi. “Ho contattato un amico conosciuto a L’Aquila che è un funzionario del dipartimento di protezione civile. In trenta secondi mi ha spiegato come funziona il servizio della Cross, la struttura operativa che si occupa del trasporto sanitario internazionale in caso di emergenza. In quindici minuti mi ha confermato che avremmo avuto i posti sul volo internazionale. Rimaneva il problema di far arrivare la bimba e la mamma al confine con la Polonia. Trecentomila telefonate, tantissimi volontari mai visti di persona, un pullmino che fino all’ultimo non si sapeva se sarebbe partito e quale tragitto avrebbe fatto”.

Il sabato di Pasqua, la mamma fa sapere che l’appuntamento con il pulmino che le avrebbe portate via dalla trincea è per le 4 della domenica. “La stessa notte riprendono a bombardare l’area est. Dopo una ventina d’ore di viaggio arrivano a Leopoli, e anche lì riprendono a bombardare. Dopo un giorno di sosta a Leopoli escono dal confine, vengono subito accolti dal personale medico della Cross, trasferite in una struttura apposita e venerdì 22, finalmente, c’è stato il volo in aereo: destinazione Italia. Sapevamo che sarebbe arrivata a Roma ma poi, per questioni di organizzazione ospedaliera, è stata trasferita a Pescara”.

È a questo punto che entra in scena anche la protezione civile che sabato scorso si muove in direzione di Pescara. “Un totale di 616 km per portare una sim card”.

Perché una sim card? “Trasferire un paziente che non conosce la lingua, qualora non gli venga data la possibilità di avere un accesso ad Internet, significa metterlo nelle condizioni di non comunicare con la famiglia né di poter avanzare piccole richieste al personale sanitario. Per le comunicazioni mediche c’è l'interprete ma non è fisso in ospedale, viene solo chiamato dai sanitari qualora ci sia la necessità. Nonostante il viaggio della speranza la vera difficoltà comunicativa l'abbiamo avuta proprio all’ingresso dell’ospedale. Ma dato che la tigna è tigna e che i chilometri non ci spaventano, che la spesa per una sim è banale rispetto al valore della tranquillità e della salute di una bambina, siamo partiti e l'abbiamo consegnata”.

Missione compiuta, ma non senza ringraziare chi ha partecipato a questo lavoro di squadra. E Serena cita tutte le persone che si sono date da fare. “Antonio Salpietro che è il funzionario pubblico che tutti dovrebbero incontrare: professionalità, umanità e disponibilità ad ogni ora. Giorgio Albani, uomo e medico sempre disponibile quando si tratta di aiutare chi si trova in difficoltà. Alessandra Dionisi Parrucchiera e Momo Simeunovic che oltre ad ospitare la sorella maggiore si sono adoperati per questo ricongiungimento familiare. Non solo: con il camper si sono fatti trovare davanti all'ospedale di Pescara. Nel piatto c'era una carbonara squisita che insieme a quattro chiacchiere meravigliose ci hanno tranquillizzato un po’. Renata Carletti e Margherita Cannas che stanno aspettando con ansia che la mamma e la bimba escano dall'ospedale per poter accoglierle nella loro casa. Gli operatori della Cross, i tanti volontari, il personale medico (quasi tutto, via) e le famiglie alleronesi ospitanti (Sara Serranti, Fausto Macchi, Sauro Basili, Sauro Tardiolo). Infine ringrazio quei ‘matti scocciati’ dei miei volontari che stano lavorando veramente oltre le forze: Claudio Pietrini, Dima El Shaarawy, Milani Danilo”.

Grazie a tutti.

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