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Rifiuti e inceneritore, c’è anche un pezzo della provincia di Terni fra le aree “idonee”

Il termovalorizzatore in funzione dal 2028, Regione e Auri alla ricerca del sito: ecco le aree “candidate” ad ospitare l’impianto che brucerà 160mila tonnellate l’anno di immondizia

La strada è ancora – relativamente – lunga ma l’inceneritore in Umbria si farà. La cornice è stata individuata nel piano d’ambito per la gestione dei rifiuti presentato nei giorni scorsi da Palazzo Donini che ha anche indicato il “timing” che dovrebbe portare all’accensione del termovalorizzatore dal 2028. Il problema adesso è capire dov’è che l’impianto sarà realizzato. I documenti – ufficiali – per adesso non lo dicono. Ma a scorrere le pagine del piano ci si può almeno fare un’idea sia sui territori che sicuramente non saranno interessati che su quelli che, invece, potrebbero essere candidati.

Secondo il piano della Regione Umbria, la capacità effettiva del servizio di incenerimento sarà limitata a 160.000 tonnellate l’anno di rifiuto trattato, di cui 120mila tonnellate di rifiuti indifferenziati al 2028 che scenderanno a 100mila nel 2035. Tra questi, ci saranno anche 8mila tonnellate di fanghi di depurazione, 2mila tonnellate di rifiuti ospedalieri e 19mila tonnellate di rifiuti speciali di “provenienza umbra”.

Il piano d’ambito prevede di raggiungere il 75% di raccolta differenziata - regionale - entro il 2035 e un indice di riciclo del 65% al 2030. L’obiettivo è dunque di smaltire in discarica solo il 7% dei rifiuti entro il 2030: questo comporterà la “riduzione del numero di discariche da 5 a 3 (Borgogiglione, Belladanza e Le Crete) mentre a regime ne resteranno operative soltanto 2 (Belladanza e Le Crete)”.

Il tema centrale è ora legato all’individuazione del luogo che ospiterà l’impianto di termovalorizzazione. Il dossier della Regione a pagina 20 individua le “aree non idonee”, ossia quelle zone che per diverse motivazioni - criticità ambientali, presenza di concessione di acque minerali, aree a rischio idrogeologico o di interesse storico, archeologico o paesaggistico - sicuramente non verranno indicate come “casa” dell’inceneritore.

Il quadro che emerge è quello di un’Umbria “rossa”: Terni, Narni, Orvieto, in parte Perugia come ancora Assisi, Bastia Umbra e una buona fetta del territorio del lago Trasimeno sembrano escluse dalla conta.

Va da sé però che le aree “bianche” sono “candidabili”. Per quanto riguarda l’Umbria sud, la fascia di confine con il Lazio presenta delle zone possibili, almeno fino ai limiti con il territorio Orvietano: una buona fetta della Teverina potrebbe essere indicata come plausibile, ma potrebbe dover fare i conti con una distanza troppo elevata rispetto a tutto il resto del territorio regionale. Un fattore logistico che potrebbe giocare a sfavore di questa zona.

Molto più appetibile - da questo punto di vista - la media valle del Tevere fra Todi e Marsciano o - ancora - nella zona a sud di Perugia. Qui c’è un’ampia area bianca che potrebbe essere indicata come luogo adatto, non solo per gli insediamenti presenti ma anche per un aspetto logistico. Siamo infatti al centro dell’Umbria, ad una cinquantina di chilometri da Terni e altrettanti da Perugia.

Altra “zona bianca” è quella ad ovest di Castiglione del Lago, al confine con la Toscana. Ma anche in questo caso, la logistica potrebbe non rappresentare un punto a favore, così come potrebbe accadere per l’area a sud di Gubbio, dove qualche sprezzo di bianco c’è a fronte però di collegamenti più difficoltosi che potrebbero rappresentare un ostacolo. 

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