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Papa Francesco e le unioni civili, don Ciro Miele: “Non sono più un eretico”

L’intervento del sacerdote: non si vuole stravolgere la dottrina cattolica sul matrimonio, ma dobbiamo comprendere che ci sono persone che hanno un orientamento omosessuale che desiderano vivere insieme e devono avere un riconoscimento legale

“Da ieri non sono più considerato un eretico, ne sono felice”. Don Ciro Miele, un passato a Terni anche come direttore della rivista Adesso e da più di un anno a Casalvecchio di Puglia, parroco da marzo del 2019 della Parrocchia dei Santi Pietro e Paolo Apostoli, predicava da sempre che le persone omoaffettive - gli piace chiamarle così, esaltando l’aspetto dell’affettività più che la sessualità - avessero diritto ad un riconoscimento civile (introdotto nell’ordinamento italiano 4 anni fa).

Le parole pronunciate da Papa Francesco in un docufilm presentato al Festival di Roma sono inequivocabili per lui, per quanto oggi i più intransigenti provino a fornire una interpretazione diversa o a obiettare che quelle frasi decontestualizzate assumano un altro significato.

“C’è chi tenta di dire che abbiamo capito male, ma le parole che ha detto sono quelle. Il papa ha detto espressamente che ciò che dobbiamo creare è una legge di convivenza civile, ‘in questo modo, sono coperti legalmente’, parlando delle persone omosessuali, ‘mi sono battuto per questo’. Questo è quello che ascoltiamo, tradotto, in quel documentario”. È l’esegesi di don Ciro Miele, sulla base degli elementi che ormai hanno fatto il giro del mondo.

“Ovviamente quello non è un documento magisteriale - chiarisce - cioè il papa non ha parlato ex cathedra, gli hanno fatto una domanda e ha risposto alla maniera sua. Vero è che è diverso dal colloquiare molto spontaneo in aereo: quella era un’intervista preparata, lui ha avuto tempo di riflettere. Conoscendo Papa Francesco, e per chi conosce il Vangelo, quelle parole non suonano strane. Intanto, attenzione: qui non si vuole stravolgere la dottrina cattolica sul matrimonio, il papa non sta facendo questo - spiega don Ciro Miele - Le unioni civili sono questioni di tipo laico, e noi non siamo in Iran dove la religione islamica entra nella Costituzione e detta legge. Noi dobbiamo avere rispetto del mondo laico. Dobbiamo, anzi, essere esperti in umanità e comprendere che ci sono situazioni che non possono lasciarci estranei di persone che hanno orientamento omosessuale che desiderano vivere insieme e devono avere un riconoscimento legale”.

L’esempio più lampante è rappresentato dai diritti del congiunto in caso di decesso. “Lasciamo perdere le questioni dottrinali, qui c’è una questione prettamente umana e il papa vuole essere esperto in umanità, tra l’altro imitando Gesù, perché Gesù si occupava di emarginazione delle persone”.

Don Ciro Miele sfoglia l’ultima enciclica di Bergoglio, Fratelli tutti, e cita, in particolare, alcuni passi ai commi 218-221 “Il gusto di riconoscere l’altro”: “Papa Francesco riconosce all’altro il diritto ad essere diverso da me e per me questo deve essere un arricchimento”.

È prete ormai da 25 anni, docente di ecumenismo all’Istituto superiore interdiocesano di scienze religiose di Nola-Acerra. Ha guardato negli occhi il dolore delle mamme e dei papà e di tanti giovani omosessuali. Da qui la sua sensibilità e particolare comprensione. “Nella mia vita ho raccolto davvero tante lacrime di genitori, che vedevano i figli trattati come stracci, emarginati, e anche di tanti ragazzi e ragazze che volevano farla finita perché si sentivano una nullità. In tanti anni questa gente mi ha toccato profondamente”.

Le parole di Papa Francesco sembrano inaugurare un nuovo Umanesimo. “Direi finalmente. Noi cristiani dobbiamo essere esperti in umanità, essere umani è il segreto per essere veramente cristiani. Per troppo tempo, all’interno della Chiesa nell’educazione cristiana abbiamo cercato di educare un cristiano senza umanità. Ma abbiamo costruito dei mostri. Perché un cristiano che non sia anzitutto un uomo è un mostro che non riesce a mettersi nei panni degli altri e a comprendere le necessità altrui, ma parla per articoli di codice di diritto canonico, per scampoli di dottrina. Non è così che deve funzionare: Gesù ci ha insegnato altro. Più siamo umani - conclude don Ciro Miele - e più scopriamo il divino che c’è dentro di noi”.

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