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Crisi Sangemini-Amerino, l’attacco: “Lavoratori ancora senza soldi, dove sono i politici?”

I sindacati si appellano alla Regione, proprietaria delle concessioni: “Faccia la sua parte per il rispetto degli accordi"

È la Regione ad essere chiamata in causa per far fronte alla situazione di emergenza in cui si trovano a vivere i lavoratori della Sangemini-Amerino. Ma non solo: l’appello è anche alla proprietà, chiamata ad adoperarsi per accrescere i volumi produttivi, anche grazie ad azioni di manutenzione assolutamente necessari per gli impianti.

Sono le segreterie di Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uila-Uil dell’Umbria e le Rsu dei siti delle acque umbre, in rappresentanza di tutti i lavoratori, ad esprimere forte preoccupazione per l’andamento dei due siti, la cui situazione è “aggravata dalle continue “passerelle politiche” intorno alla vicenda”. 

“Le iniziative di lotta dei lavoratori - scrivono Flai, Fai e Uila - non possono e non devono essere oggetto di strumentalizzazione da parte di nessuno. Attualmente siamo ancora in attesa del decreto ministeriale per la cassa Covid19 e i lavoratori non hanno ancora percepito i mesi di marzo e aprile 2020. Ci chiediamo dove siano ora tutti i grandi politici che manifestavano vicinanza ai lavoratori. Perché nessuno si è mosso per aiutare le maestranze? Nessuno a parte le organizzazioni sindacali, che come sempre alla fine sono le uniche al fianco dei lavoratori.

Questa proprietà̀, il gruppo Ami, ha nel corso degli anni promesso faville, ma ci ha poi consegnato un futuro precario e una fabbrica che stenta a ripartire - continuano Flai, Fai e Uila - Noi, sindacati e Rsu, dobbiamo mettere in campo azioni concrete per poter salvaguardare la produzione, le vendite, i livelli occupazionali e lo sviluppo dei due siti”. 

I lavoratori vogliono lavorare e in piena stagione estiva chiedono una maggiore spinta commerciale nel canale GdoNei prossimi mesi di picco produttivo - osservano dalla Rsu - la cassa non deve essere utilizzata. Vanno quindi riacquisiti volumi produttivi e fatta una manutenzione mirata degli impianti”. I sindacati si dicono invece indisponibili ad accettare "soluzioni di comodo o poco chiare”. “Ricordiamo - continuano Flai, Fai e Uila - che sul sito della Regione si legge che l’Umbria è ricca di sorgenti idrominerali e che proprio l’ente regionale ha compiti di concessione per la coltivazione e per l’emungimento delle acque. Con orgoglio, possiamo asserire che questi due stabilimenti con la loro gloriosa storia, hanno orientato e plasmato i modi di vivere dei nostri territori, garantendo un lavoro dignitoso e permettendo a molte famiglie autonomia e libertà".

Il 20 maggio si terrà l’incontro al Mise e a breve verrà̀ convocato un coordinamento nazionale tra le organizzazioni sindacali a tutti i livelli e la proprietà̀. "Siamo convinti che un ruolo in questa vicenda lo dovrebbe giocare la Regione Umbria - aggiungono i sindacati - che è proprietaria delle concessioni e depositaria di un accordo con la proprietà e noi rappresentati dei lavoratori su sviluppo e occupazione”. 

Per i sindacati, infatti, rimangono validi gli accordi siglati in Regione nel 2014 e nel 2018, che mettevano gli stabilimenti umbri al centro di un progetto di rilancio, con gli investimenti e la salvaguardia occupazionale. “Perciò - insistono i sindacati -  alla Regione Umbria, alla presidente Tesei e agli assessori di riferimento chiediamo di fare la propria parte, come garanti dell'accordo e delle concessioni, con la costituzione di un tavolo permanente di confronto a supporto dei lavoratori e del territorio. Diversamente da ciò - concludono Flai, Fai e Uila - non faremo sconti a nessuno".

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