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Scuole chiuse in Umbria, genitori e docenti ricorrono al Tar: "Le scuole sono i posti più sicuri"

In una nota le rappresentanti del comitato "A scuola" indicano le motivazioni del ricorso: "I contagi avvenuti in ambito scolastico rappresentano una percentuale irrisoria del totale"

Il comitato "A scuola", che si è generato spontaneamente dall'unione di famiglie e docenti dopo le restrizioni dovute all'emergenza sanitatia che hanno interessato la scuola, ha presentato formalmente un ricorso al Tar dopo gli orientamenti della regione che hanno riportato in didattica a distanza tutti gli alunni di ogni ordine e grado. In una nota a firma delle rappresentanti Francesca Leone e Martina Leonardi le motivazioni del ricorso. 

"Giovedì 11 febbraio - scrivono in una nota - stato notificato tramite Pec un ricorso al Tar Umbria contro il provvedimento della Regione Umbria (Ordinanza n. 14 del 6/2/2021) che ha disposto, tra l'altro, all'articolo 2, la chiusura in presenza di tutte le classi delle scuole primarie, secondarie di primo e secondo grado, statali e paritarie, di tutti i comuni della Provincia di Perugia, nonché nei comuni della Provincia di Terni indicati nell’allegato. 

Nel momento più buio per l’Umbria - prosegue la nota, speravamo di non dover essere costretti a rivolgerci agli organi della giustizia. Anche noi siamo preoccupati come tutti per la situazione dei contagi e abbiamo genitori e nonni anziani da proteggere, ma è inaccettabile che in questa Regione gli studenti siano utilizzati come capro espiatorio. I principali focolai di Covid-19 in Umbria sono nelle RSA e negli ospedali. Finora le scuole si sono dimostrate posti sicuri e questo lo dicono i dati: i contagi avvenuti in ambito scolastico rappresentano una percentuale irrisoria del totale. E giunti a questo punto è inaccettabile avanzare la scusa del trasporto pubblico urbano. Passato più di un anno dall’inizio della pandemia, qualcuno avrebbe dovuto affrontare (e risolvere!) il problema molto tempo fa.

Non si può nemmeno sostenere che il problema siano gli assembramenti fuori dalla scuola. Certo, a fronte di una larghissima maggioranza di studenti che si comportano in maniera attenta e disciplinata, ce ne sono alcuni che ancora non hanno capito l’importanza del rispetto delle regole. Questi vanno prontamente indirizzati ed educati al rispetto delle norme (ma chi educa con le scuole chiuse?), gli istituti scolastici siano aiutati dalle forze dell'ordine preposte al controllo. È compito degli enti locali prevedere l'utilizzo delle forze dell'ordine a questo scopo, come ad esempio avviene nella vicina Toscana. Non è necessario chiudere tutto. È necessario trovare soluzioni nuove.

Come genitori e docenti - si osserva - ci siamo proposti in più occasioni di essere coinvolti nei tavoli preposti al fine di suggerire linee ed indirizzi più mirati per monitorare sistematicamente al meglio lo stato di pandemia cogliendo l'opportunità di tenere le scuole aperte anche come presidio di tracciamento e prevenzione sul territorio per migliorare e mantenere lo stato di sicurezza generale della popolazione intera. E invece, di nuovo, la Regione ha preferito la via più semplice, sospendendo ancora una volta un diritto imprescindibile per bambini e ragazzi, e mettendo in difficoltà molte famiglie che si sono ritrovate dall'oggi al domani a dover gestire figli a casa e lavoro, a volte ricorrendo ai nonni, coloro che dovrebbero essere tutelati e protetti. Inoltre questa chiusura aggrava indirettamente la situazione sanitaria in quanto molti genitori che svolgono attività sanitarie, si trovano a dover scegliere tra garantire la loro presenza in ospedale e assistere i figli piccoli a casa.

Infine, vorremmo ricordare la triste situazione dei ragazzi delle scuole secondarie superiori che vivono in un isolamento assoluto praticamente per il secondo anno scolastico consecutivo, privati della scuola, dello sport e di qualsiasi altra opportunità di socializzazione. In Umbria, questi studenti hanno subito l'interruzione dell’attività didattica in presenza a partire da 3 novembre 2020 fino al 23 gennaio 2021, rientrando poi in presenza solo per una settimana e tornando in DAD subito dopo. I dati dimostrano che questa prolungata chiusura, insieme a quella di tutte le scuole nel periodo natalizi, non ha portato alcun rallentamento dei contagi.

Come possiamo pensare che i ragazzi abbiano fiducia nelle istituzioni? Il problema non sta solo nella minore efficacia della DAD rispetto alla didattica in presenza, ormai dimostrata da numerosi studi nazionali e internazionali. Dobbiamo anche tutelare l’equilibrio psicologico dei ragazzi. Infatti, è drammaticamente cresciuto l’abbandono scolastico, sono decine le richieste di aiuto agli psicologi e sono in aumento i casi di autolesionismo. Dobbiamo intervenire prima che questa diventi un’altra emergenza sanitaria.”

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