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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Storie di ragazzi ternani 'emigrati' al nord Italia: tra sogni, speranze e scelte di vita

Simone, Eleonora, Marco e Diego hanno lasciato Terni per inseguire i loro sogni. Una fotografia della città vista da fuori provincia

Quattro storie diverse legate da un minimo comun denominatore. Bologna, Torino, Milano e Treviso le destinazioni scelte da tre giovani ternani che hanno lasciato la propria città per iniziare nuovi percorsi professionali. Ne aveva parlato anche il vescovo Giuseppe Piemontese, durante lo scorso Pontificale :”La preoccupazione per un inverno demografico foriero di sterilità generalizzata e dell’avvento di una società di vecchi. La disoccupazione, specie quella giovanile tende ad accelerare tale fenomeno perché spinge i giovani ad emigrare. Le statistiche parlano di numeri importanti di giovani che dalla nostra Provincia hanno lasciato la nostra terra”.
 

Le storie di Simone, Eleonora, Marco e Diego 

Simone Cennamo ci racconta la sua storia “Lavoro a Bologna per una società italiana di consulenza specializzata nello sviluppo software e ricerca economica per banche, assicurazioni e imprese. Personalmente seguo processi di Risk Management bancario. Il mio trasferimento è stato una naturale ed inevitabile conseguenza del proseguimento degli studi universitari in economia e finanza che ho terminato nel 2014, data che coincide con il mio spostamento a Bologna. Non vi è infatti alcuna possibilità di lavorare nel settore a Terni, come nel 95% delle province italiane essendo il settore prevalentemente polarizzato a Milano. Le differenze sono estremamente rilevanti in termini di offerta occupazionale, ma parallelamente vi sono marcate differenze anche nel costo della vita. Quest'ultimo aspetto si è acuito in maniera prepotente negli ultimi anni, basti pensare al fatto che un Kg di pane al supermercato costa un minimo di 4,5 E e che per un bilocale in affitto non si riesce a trovare nulla per meno di 700 euro al mese, utenze escluse. Ovvio che lo stipendio minimo sia in media superiore a Bologna rispetto a Terni, ma tale delta non riesce a compensare l'elevato costo della vita”.

Eleonora Ferrante: "A Terni non ci sono motivi per investire"

Eleonora Ferrante lavora a Torino all’interno di un gruppo sanitario italiano. “Dopo aver ottenuto la laurea triennale mi sono specializzata a Torino. Si tratta della città del nord con il più alto tasso di disoccupazione giovanile, quindi, molto vicina alle caratteristiche di Terni. La differenza che noto è che forse ci sono più idee e più voglia di realizzarle. A Terni non ci sono motivi per investire, non ci sono idee. Sogno di conoscere qualcuno che mi dica che Terni, e non Verona o Parigi, è la città degli innamorati, che ha partecipato agli eventi valentiniani e che ci tornerà di annualmente. Prima delle Olimpiadi del 2006, Torino era una città sconosciuta, ora la crescita del turismo è irrefrenabile. Sono però anche altri i sogni, quelli personali. Sogno di tornare più spesso nella mia città perché, prendere un treno ad alta velocità, passare in Umbria e non potersi fermare per questioni politico- organizzative, è come essere invitati al ristorante per vedere gli altri mangiare. Spesso basta poco, quel poco che però porta occupazione, è lapalissiano asserirlo ma, posti di lavoro in più, danno alla persona la possibilità di spendere e magari far aprire un'attività commerciale in più in città. Ma quel poco, interessa effettivamente a qualcuno? La differenza per me è proprio quella di provenire da una città che fa da spettatore inerme, da pubblico partecipante ma silente, non da attore principale e portatore di idee volte al cambiamento”.

Marco Petti: "Da Milano le notizie che leggo non sono proprio belle"

Marco Petti ed una scelta maturata ben quindici anni fa :”Lavoro a Milano come pasticciere. Cause che mi hanno portato al trasferimento non ce ne sono, diciamo curiosità, voglia di mettersi in gioco, scoprire nuovi gusti e modi di lavorare. Vivo fuori da ben 15 anni, sono tornato a Terni solo un anno fisso, dopodiché' sempre in giro. Milano è Milano, non lo dice il detto o Marco, lo dice le opportunità di lavoro che offre, i servizi, la gente che si adatta ai cambiamenti ed e' pronta ad essere sempre al passo con l’Europa, la possibilità che qualsiasi giovane, già dalle scuole, venga inserito in un programma x o y in un posto di lavoro, dal negozio al ristorante o in hotel, un corso formativo di mesi, remunerato che equivale a spinta emotiva e  responsabilità con l’opportunità di un futuro inserimento: investimento sul personale, avendolo gia' formato. Da qua le notizie che leggo non sono proprio belle, purtroppo vedo una negatività che sembra non aver fine, anche se a dire il vero, guardando il mio lavoro (ristorazione) ogni volta che torno a casa tutti i locali sono pieni e se non hai prenotato non mangi, da quel punto di vista direi che siamo messi bene, il resto sarebbe da resettare o comunque da staccare totalmente col passato, sembra che molte persone (generazioni ndr) abbiano paura a cambiare o tentare nuovi modi/metodi di lavoro/posti di lavoro. Lo dico e lo ripeto da anni: fosse per me tornerei subito a Terni, la mia città, a determinate condizioni ovviamente, perché lavorare nella propria città dopo che per anni vivi e lavori fuori per me e' solo motivo di orgoglio. Certo è che la situazione economica non attira né investitori né leggendo o sentendo news al telegiornale si dà un bell'aspetto della nostra città”.

Diego Ceccobelli: "Tornare a Terni metterebbe freno alla nostra crescita"

Sono quasi 300 i km che suddividono Firenze e Treviso. La storia di Diego Ceccobelli abbraccia entrambi i capoluoghi :"Attualmente sono assegnista di ricerca in comunicazione politica presso la Scuola Normale Superiore. La mia vita ora si sviluppa tra Firenze, sede del mio dipartimento, e Treviso, dove vivo insieme alla mia compagna. Ho 32 anni e dal 2012 in poi ho vissuto a Firenze, Barcellona, Francoforte, Bologna. Insomma, ho girato un bel po’. Le cause? Il lavoro, ovviamente. Il mio e quello della mia compagna. Perché tornare a Terni per noi vorrebbe dire mettere un freno alla nostra crescita professionale, molto probabilmente dover proprio cambiare lavoro, buttando così alle ortiche anni di studi e sacrifici. Visto il fortissimo legame affettivo che abbiamo con il nostro territorio lo faremmo pure, ma finora non ce la siamo sentita". Differenze tra la città dell'acciaio e Treviso "Che c’è lavoro. Mentre a Terni, dati alla mano, il lavoro non c’è. Soprattutto per i più giovani e quelli senza “santi in paradiso”. Dall’Emilia Romagna in su, se vuoi lavorare, lavori. A Terni la situazione è leggermente diversa… Per non parlare di quanto sia drammatica la situazione dal punto di vista ambientale. Il Nord Italia è una delle aree più inquinate al mondo, ma almeno qui c’è lavoro, anche se nel 2019 un lavoro ambientalmente non sostenibile non dovrebbe più esistere. A Terni si muore di inquinamento e allo stesso tempo non c’è lavoro. Qualcosa non torna". L'analisi di Diego si sposta sulla situazione economica-occupazionale:" È disastrosa. Terni vive da oramai 15 anni un processo di “meriodionalizzazione” che non tende ad arrestarsi, tutt’altro. Peggiora di anno in anno. E meridionalizzazione significa una cosa molto semplice: tanti giovani di questa città partono con un biglietto di sola andata direzione Nord Italia o estero e poi non riescono più a rientrare. Ossia le classiche storie di vita che abbiamo storicamente associato ai giovani campani, pugliesi, calabresi, lucani o siciliani. Ecco, Terni attualmente fa parte di questa lista. La soluzione? Fermare questa emorragia. Il prima possibile. Creando lavoro. E per creare lavoro servono neuroni, estro e intraprendenza. Tutte doti ahinoi poco apprezzate dalle passate e presenti classi dirigenti ternane. In un contesto del genere, chi resta è un eroe. Chi resta e trova comunque una sua strada senza avere santi in paradiso, è un eroe. Non trovo altre parole per descrivere quei tantissimi ternani armati unicamente del loro talento che hanno scelto di lottare sul nostro territorio. Come è un eroe chi parte. Perché abbandonare le proprie radici è sempre difficilissimo. E le ciriole al tartufo piacciono tanto anche a chi è partito, non solo a quelli che hanno ridotto la nostra città in questo stato".

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