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Le tasse locali schizzano alle stelle:"Un vero e proprio bollettino di guerra"

L'allarme è lanciato dopo l'indagine condotta dalla Cna Umbria. I dati dei rincari dal 2011 ad oggi: +43% l’addizionale Irpef, +112% l’Imu/Tasi sui laboratori artigiani, +94% l’Imu/Tasi sugli opifici e +36% la Tari

L’indagine è stata condotta da Cna Umbria - dal 2011 ad oggi - in collaborazione con il centro studio Sintesi e riguarda i principali venti municipi dell’Umbria, tra questi Amelia, Fabro, Narni, Orvieto e naturalmente Terni. Si è andato ad esaminare l’andamento dei tributi versati da cittadini e imprese, nelle casse dei comuni regionali. Nel periodo di riferimento le imposte sono letteralmente schizzate:”Un vero e proprio bollettino di guerra”. Nello specifico +43% l’addizionale Irpef, +112% l’Imu/Tasi sui laboratori artigiani, +94% l’Imu/Tasi sugli opifici e +36% la Tari. Per ciò che concerne l’addizionale sono ben quattordici i comuni dove l’aliquota è quella massima consentita (0,8%), quattro quelli dove è modulata, mentre Assisi è l’unico centro che non la applica. Per l’Imu/Tasi, l’indagine Cna ha preso in esame un laboratorio artigiano e un opificio. Sul primo grava una tassazione media di 610 euro l’anno, con Marsciano che si aggiudica il primato del più caro (659 euro) e Deruta quello del meno esigente (506 euro). Sul secondo, invece, il tributo medio corrisponde a 2.942 euro, che sale a 3.153 euro a Narni e si ferma a 2.537 euro a Foligno. Infine quanto agli introiti della Tari, che per legge devono coprire integralmente il costo del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, nei venti comuni presi in esame ammonta complessivamente a 146milioni di euro, pari a un gettito medio per abitante di 221 euro (dai 131 € di Gubbio, ai 287€ di Perugia), con un aumento del 7% negli ultimi 4 anni, ma del al 36% a partire dal 2011.

Il direttore della Cna Roberto Giannangeli analizza i dati

“Provate voi a far sopravvivere un’impresa con aumenti della tassazione fino a tre cifre e un calo drastico degli introiti dovuto alla peggior crisi economica dal secondo dopoguerra – afferma. La maggior parte di queste imprese si rivolge al mercato locale e quindi ha scontato la pesante contrazione dei consumi. Sul fronte delle uscite, invece, la crisi ha giocato al contrario, facendole lievitare. Infatti – prosegue Giannangeli – i comuni hanno reagito alla riduzione dei trasferimenti statali, che in otto anni è stata del 57%, agendo sull’aumento dei tributi locali. Noi siamo consapevoli che i comuni si sono trovati a dover coprire poste di bilancio improvvisamente scoperte, ma contestiamo che l’unica soluzione trovata sia stata quella di agire sulle imposte, soprattutto verso le imprese. Non c’è un solo comune dove si sia intervenuti davvero sulla razionalizzazione della spesa, sulla riorganizzazione degli uffici e del personale, sul taglio degli sprechi. Prendiamo i cosiddetti Suape, gli sportelli unici per le attività produttive: a distanza di dieci anni dalla loro introduzione normativa, i comuni dove funzionano sono pochissimi. Le pratiche e i tempi di risposta continuano a procedere come avveniva negli anni ’90. Anche dove ci sono stati tentativi di digitalizzazione di alcune procedure è aumentato l’utilizzo della carta, risolvendosi in una duplicazione di adempimenti e nell’allungamento dei tempi di risposta. Se le imprese avessero fatto come le amministrazioni pubbliche – incalza Giannangeli - non sarebbero sopravvissute al primo anno di crisi. Loro sì che hanno razionalizzato, risparmiato, ridotto i margini di guadagno, innovato processi e prodotti, cercato altri mercati. Anche sui rifiuti solidi urbani – continua il direttore di Cna Umbria - i diritti delle imprese vengono spesso negati. Infatti quasi ovunque sono costrette a pagare la Tari anche sulle superfici dove vengono prodotti rifiuti speciali che le imprese già smaltiscono separatamente e a caro prezzo, con il risultato di pagare doppiamente. Basterebbe scorporare queste superfici da quelle su cui applicare la Tari, invece si costringono le imprese a chiedere il rimborso delle cifre non dovute e, laddove ci riescono, devono aspettare anni. Insomma, dovremmo smetterla di parlare sempre e solo di competitività e di produttività delle imprese, puntiamo piuttosto sulla competitività dei territori e quindi su una pubblica amministrazione efficiente, su una tassazione equa verso le imprese quali soggetti che producono lavoro e ricchezza per l’intero territorio, sulla chiusura del ciclo dei rifiuti, su una rete di infrastrutture materiali e immateriali che ci salvi da un isolamento storico, sulla tutela e la valorizzazione delle eccellenze. Il rischio concreto è che, non appena passata la tornata delle elezioni amministrative, i comuni corrano a ritoccare al rialzo tutte le aliquote, a cominciare dalla Tari, visto che in Umbria non esiste un piano che preveda la conclusione del ciclo di smaltimento dei rifiuti nella regione. E portare i rifiuti fuori come facciamo adesso – conclude Giannangeli - costa molto caro.”

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