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“Teatro Verdi, alto rischio archeologico: potenziale strumento di distruzione di un pezzo del centro storico ternano”

Intervento della senatrice Margherita Corrado che scrive a Soprintendenza, Comune di Terni e carabinieri: “Ignavia, pressappochismo e inconsapevolezza del proprio ruolo rischiano di produrre un danno irreparabile alla città”

Il cantiere per la costruzione del “nuovo” teatro Verdi di terni rischia di rappresentare un “potenziale strumento della distruzione di un importante lembo del centro storico ternano rimasto finora sepolto”.

Lo scrive la senatrice Margherita Corrado, ex esponente dei 5 Stelle, ora in forza al gruppo misto e membro della settima commissione permanente che a Palazzo Madama si occupa di istruzione pubblica e beni culturali. Corrado nei giorni scorsi ha scritto “una dura lettera alla Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio (Abap) dell’Umbria, mettendo in indirizzo per conoscenza anche la Direzione generale romana e i carabinieri per la tutela del patrimonio culturale di Perugia, competenti sull’intera regione in merito ai lavori di presunta riqualificazione del teatro Giuseppe Verdi di Terni. Ne ho scritta una anche al sindaco – spiega la senatrice in una nota stampa - simile ma non identica alla prima”.

L’intento della missiva è quello di “richiamare l’attenzione dell’ufficio di tutela territoriale del ministero della cultura e dei tecnici dei lavori pubblici dell’ente locale su cosa significhi l’attestazione di alto rischio archeologico, agli atti fin dal 2019, per l’area dov’è allocato l’edificio per spettacoli costruito negli anni 1840-1848 su progetto dell’architetto pontificio Luigi Poletti nell’imminenza dell’apertura del contestatissimo cantiere per l’esecuzione del primo lotto funzionale dei lavori, dal momento che in mancanza della somma totale necessaria a realizzare l’intervento si procede per step”.

“Danneggiato durante la seconda guerra mondiale e subito dopo trasformato in cinema-teatro, tale rimase per mezzo secolo – ricostruisce Corrado - Oggi, dopo un decennio di abbandono, si vorrebbe recuperarlo (proposito meritorio) trasformandolo, però, in un teatro con capienza molto più ridotta dell’originale, incapace e inadatto ad ospitare opere liriche, e, peggio, potenziale strumento della distruzione di un importante lembo del centro storico ternano rimasto finora sepolto”.

“Non è scritto espressamente che ogni rudere sarà demolito, perché è intuitivo che non si può prendere una decisione così grave prima di sapere cosa si dovrà sacrificare – scrive Corrado - ma il teatro ridotto già prevede 200 posti solo a parole (circa 150 su carta) e ben difficilmente potranno essere di meno ‘solo’ per tutelare pur preziosi tasselli originali di storia ternana. Non è neppure certo che le risorse disponibili basteranno ad eseguire uno scavo lungo e complesso come sempre sono quelli di archeologia urbana, soprattutto quando s’interviene su edifici di alto rango gerarchico – e dopo lo scavo occorrerà il restauro, sia che si decida di lasciare in situ quanto emergerà, sia che si decida di delocalizzare, scelta dolorosa e da adottare solo in casi estremi – tanto più quando sarà chiaro a tutti, e prima o poi lo sarà, che il progetto del teatro ridotto, a meno di non violare espressamente il codice dei beni culturali, dovrà essere adattato alle preesistenze o addirittura abbandonato”.

Considerazioni queste che fanno parlare la senatrice di “uno scenario molto scabroso: la Soprintendenza non ha opposto a quella parte del progetto comunale il no che sarebbe stato ragionevole e doveroso opporre fin dall’inizio. Compito costituzionale di detto ufficio e del Mic è infatti la tutela del patrimonio culturale per conto della comunità dei cittadini, ternani in specie e italiani in genere. Suppone, evidentemente, di poter dettare le proprie condizioni in qualsiasi momento, come la normativa in effetti le consente, quando lo scrigno sarà stato aperto e il tesoro messo in piena luce. Ma se per qualsiasi ragione verranno a mancare le risorse a disposizione del Comune, la conservazione di detto tesoro potrebbe essere a rischio, senza che in tutto ciò alcuno si preoccupi della valorizzazione, cioè di dare ai cittadini l’opportunità di conoscere e fruire di quel patrimonio”.

“Ignavia, pressappochismo e inconsapevolezza del proprio ruolo rischiano di produrre un danno irreparabile alla città di Terni, di cui sarebbero parimenti responsabili la giunta in carica, che è facile prevedere si dirà ‘ingannata’ dallo Stato, e quest’ultimo, nelle vesti dell’ufficio territoriale del Mic. Un ripensamento è ancora possibile, così com’è ancora possibile subordinare la decisione di aprire uno scavo che potrebbe essere metaforicamente ‘senza fondo’ solo dopo avere eseguito, rimosse pavimentazioni e massetti, tutte le indagini geognostiche oggi possibili per valutare a monte l’entità e la qualità delle vestigia antiche sottostanti l’area di sedime del Verdi e dei nuovi volumi in progetto”.

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