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Venerdì, 19 Aprile 2024
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“Gandalf il bianco ora è finalmente libero. Adesso tocca a noi difendere i valori lasciati da tutte le persone anziane”

Qualche giorno fa è morto l’oculista ternano Giorgio Rapaccini. Ecco la lettera scritta dal figlio Andrea: “Era un’anima antica, con lui se ne va un’epoca storica di questa città”

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Andrea Rapaccini, figlio di Giorgio, scritta a seguito della morte dell’oculista ternano.

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Nelle società antiche gli anziani avevano una notevole rilevanza dal punto di vista sociale e culturale. All’anziano era riconosciuta una grande conoscenza ed esperienza di vita e, essendo in grado di consigliare ed indirizzare le nuove generazioni, gli veniva riservato il posto più elevato della scala sociale e politica.

Dopo la rivoluzione industriale e nella organizzazione capitalistica moderna, l’identità e il ruolo sociale della persona hanno iniziato a coincidere con la sua produttività e quindi con l’attività lavorativa. Di conseguenza, l’anziano non più produttivo ha iniziato ad essere considerato un peso, un costo per la società. In economie mature come quelle occidentali che presentano crescite limitate del Pil, per migliorare la produttività del sistema economico non rimane altro che ridurre i costi improduttivi. E gli anziani rappresentano l’elemento fragile del sistema, i rami secchi da tagliare per rendere le società più efficienti.

Questo approccio è oggi reso ancora più evidente dalla pandemia che, in modo colposo (ma forse anche doloso) colpisce in modo letale quasi esclusivamente le persone fragili e quindi gli anziani, la componente della società considerata non solo inutile, ma anche negativa dal punto di vista economico.

In Italia, uno dei Paesi più vecchi del mondo insieme a Giappone e Germania, stiamo seguendo questo modello di darwinismo sociale nonostante le nostre tradizioni siano fortemente comunitarie. Anche nel nostro Paese gli anziani sono sempre più considerati uno “scarto” della società, persone lasciate sole in casa o rinchiuse in una rsa, ma comunque da tenere lontano dalla nostra vita quotidiana. Essi ci ricordano le nostre fragilità, la caducità della vita, ci rievocano la visione della morte che vogliamo rimuovere in questa società che sembra costruita solo per i vincenti e gli immortali.

Qualche giorno fa a Terni è passato a miglior vita Giorgio Rapaccini, mio padre. Con lui se ne va un’epoca storica di questa città. Giorgio era una anima antica, l’ultimo di una classe di medici che avevano contribuito allo sviluppo professionale di Terni, partecipando attivamente alla vita sociale e culturale della città. Questo suo contributo ha continuato a fornirlo anche nella ultima parte della sua vita, molti anni dopo il pensionamento.

Tra i primi oculisti ternani e primo oculista antroposofo in Italia, la vita di Giorgio Rapaccini è stata esempio per molti, non solo per noi familiari: saggio e tenero insieme, credeva fermamente nella dimensione spirituale dell’uomo e nei rapporti profondi tra le persone. All’amore per il sapere e per l’arte, univa un profondo senso etico e una forte tensione verso la libertà e la responsabilità di ogni persona.

Purtroppo, negli ultimi anni, non ritrovava più questi valori nella società odierna, sostituiti troppo spesso da superficialità, arroganza, impreparazione, incoscienza. Un mondo da cui Giorgio voleva separarsi, attanagliato da una tristezza profonda e da un senso di inadeguatezza, nonostante egli continuasse a rappresentare un punto di riferimento per tanti, anche per i più giovani.

Ora, dopo la sua morte, tocca ad ognuno di noi difendere questi valori e i comportamenti che ne conseguono, soprattutto in questa maledetta pandemia che non ci consente di abbracciarci nel dolore, che rischia di renderci tutti più insensibili e disumani. Gli insegnamenti tramandati da tutte le persone anziane e in particolare da uomini come Giorgio Rapaccini, sono valori assoluti, senza tempo, per i quali dovremmo lottare se vogliamo lasciare ai nostri figli una società migliore. Se vogliamo farlo, però, dovremmo partire proprio da qui, riconoscendo il valore dei nostri anziani e delle loro esperienze di vita. Assistendoli in modo disinteressato e rispettando il loro desiderio di libertà.

Una mattina di un novembre quasi primaverile, dopo aver salutato alcuni amici e i parenti più stretti, lo spirito di mio padre, Gandalf il bianco, si è staccato definitivamente dal suo corpo. 

Ed è stato finalmente libero.

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