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Martedì, 23 Aprile 2024
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La bufala di Papa Francesco nemico degli animali

Il pontefice additato adesso come “nemico delle bestie” perché si sarebbe permesso di rimproverare una donna che aveva definito un cane “il suo bambino”

“Un giorno rivedremo i nostri animali nell’eternità di Cristo”.

Sapete chi lo ha detto? Papa Francesco. Ebbene sì, proprio il pontefice additato adesso come “nemico delle bestie” perché si sarebbe permesso di rimproverare una donna che aveva definito un cane “il suo bambino”. Episodio, peraltro, smentito dalla diretta interessata. Il problema è che nell’era dell’idiotocrazia, in cui le polemiche virali si basano sul titolo di un articolo che nessuno ha letto ma che viene ripetuto e commentato all’infinito, il contenuto non conta, la verità non interessa: quello che serve è confermare un pregiudizio e intonare un ritornello unendosi al coro degli indignati di turno.

Nel delirio generale papa Francesco – l’autore della prima enciclica ambientalista della storia della Chiesa - è diventato un nemico del Creato, odiatore di cani e specista impenitente. E il fatto che (a differenza di Ratzinger) ritenga che gli animali non siano privi del “soffio divino” conta davvero poco, quando il Popolo dei Meme ha già emesso la sua sentenza, bollata con tanto di citazione falsa di Francesco d’Assisi. Già, perché l’aggravante – secondo i benpensanti contestatori - è che Bergoglio abbia scelto di chiamarsi come il santo animalista per antonomasia.

“Se avete uomini che escluderanno una qualsiasi delle creature di Dio dal rifugio della compassione e della pietà, avrete uomini che trattano nello stesso modo i simili”. Questa la frase attribuita a Francesco d’Assisi e usata come un’arma contro il papa omonimo. Peccato che san Francesco questa cosa non l’ha mai detta, e non l’ha mai nemmeno pensata. L’amore per il creato che aveva il santo di Assisi è totalmente estraneo all’atteggiamento sdolcinato con cui viene ritratto. Il celebre episodio (leggendario) del Lupo di Gubbio ha infatti un significato politico-sociale ben preciso, così come le prediche agli uccelli. Ad Alviano, poi, Francesco arriva a rimproverare le rondini che – col loro garrire – gli impediscono di predicare. E per inciso, nel suo Testamento Francesco d’Assisi parla dei lebbrosi: non degli amici pelosi.

Al tempo stesso, sull’amore di papa Francesco per gli animali le testimonianze non mancano. E non c’è bisogno di essere esperti vaticanisti: basterebbe fare lo sforzo di cercare su Google “papa Francesco cani” per trovare abbondanti notizie di benedizioni. Qualche episodio a caso: l’udienza con la Lega Anti Vivisezione al termine della quale – nel dicembre 2014 – il Papa ha impartito la benedizione a tre cani salvati dai maltrattamenti in un canile. In un’altra occasione il Papa accarezza e benedice un cane guida per persone cieche: “Papa Francesco – racconta il giornalista Alessandro Forlani – aveva detto che gli uomini oggi hanno un rapporto difficile con il creato, aveva visto Asià e voleva salutarla”. 

Gli animalisti che oggi si scagliano contro il pontefice come fosse un promotore di caccia e allevamenti intensivi, hanno dimenticato anche che dieci anni fa Bergoglio, alla sua prima Pasqua da papa, aveva invitato “a sostituire la carne di agnello con menù alternativi”. Il problema è che quando il saggio indica la Luna, lo stolto guarda il dito. E così, ogni volta che Francesco affronta il tema delle adozioni (totalmente assente dal dibattito pubblico, concentrato solo su fecondazione assistita e utero in affitto) e stigmatizza il fatto che cani e gatti spesso prendono il posto dei figli, suscita puntualmente asprissime polemiche. Il gravissimo crimine di cui si è macchiato papa Francesco, dunque, è aver ricordato che i figli non sono cani e i cani non sono figli. Crimine imperdonabile, perché confondere i ruoli, invece, fa molto comodo. Soprattutto a noi che non abbiamo figli ma abbiamo cani.

Un cane costa molto meno di un figlio, un cane resta cucciolo tutta la vita. Un cane si accontenta di uscire un paio di volte al giorno, e per il resto è a disposizione: se vuoi le coccole ti fa le coccole, se vuoi giocare ha voglia di giocare. E se hai da fare se ne dormicchia sul letto senza romperti le scatole. Il cane se te ne vai ti aspetta e quando torni - dopo un’ora o dopo un anno - ti riempie di baci. Il cane non piange durante la notte, non torna alle tre del mattino, non ti chiede soldi, non si droga, non frequenta brutte compagnie, non va a scuola né all’università, non se ne va di casa e – soprattutto - non ti contraddice mai. Il cane è fedele per sempre, non ti abbandona. Quindi sì, i cani sono una cosa meravigliosa, ma proprio per questo è molto più facile adottare un cane che adottare un bambino.

E chi scrive lo dice per esperienza personale. Perché non ha figli e ha una meravigliosa cagnetta che gli ha cambiato la vita. Che però è la sua cagnolina: non sua figlia. I figli sono figli, i cani sono cani e i gatti sono gatti. Ognuno ha la sua dignità, il suo amore, la sua natura. Le persone non sono migliori dei cani, e i cani non sono migliori delle persone. Quindi un cane non è e non deve essere un surrogato di un figlio (come un figlio non deve essere il surrogato di un cane!).

Dunque il Papa ha ragione. E non c’entra niente la presunta benedizione negata: il Papa ci ricorda spesso che per una persona egoista e autocentrata è più facile “farsi un cane” che occuparsi di altri esseri umani. D’altra parte ci sarà pure un motivo se l’espressione “fatti un cane” è tutt’altro che affettuosa e si usa per stigmatizzare l’incapacità di qualcuno a relazionarsi con gli altri. Ma senza dubbio è più facile criticare un papa (che peraltro è il primo papa della storia  - e l’unico personaggio pubblico - ad accettare le critiche e a chiedere scusa quando sbaglia) piuttosto che lasciarsi interrogare sulla propria vita.  

                                                                                                                                                              *direttore dell'Istess

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