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“Inquinamento a Terni, serve un grande progetto di riforestazione urbana e territoriale”

L’analisi dell’ingegner Porrazzini: “La siderurgia di Ast emette da sola il 10% dell’anidride carbonica prodotta in tutta l’Umbria. Ecco perché l’azienda deve essere protagonista di questo piano”

Si susseguono notizie allarmanti su fenomeni estremi, di stravolgimenti climatici. La causa di tutto ciò è ben nota: l’aumento in atmosfera della anidride carbonica che provoca, con l’effetto serra, l’aumento della quota di energia solare assorbita da mari, ghiacciai, e territori e quindi delle temperature. Intervenire sul mutamento climatico, già drammaticamente in atto, vuol dire ridurre le emissioni di CO2, provenienti da industria, traffico, riscaldamento urbano, allevamenti intensivi di bestiame e, allo stesso tempo, richiede di catturare quella che già c’è, in eccesso, tramite processi industriali o sistemi naturali, basati anche sulla capacità delle piante di assorbirla, per la propria crescita, rilasciando ossigeno.

A Parigi, i leader mondiali, nel 2015, avevano sottoscritto un accordo, vincolante, per ridurre questo micidiale gas che altera il clima. A quattro anni di distanza, i risultati di tale impegno sono sostanzialmente nulli. Il tempo per intervenire sta scadendo e occorre che anche le comunità locali facciano la loro parte, tanto più quelle che sono fonte di emissioni assai più alte della media.

Questo è esattamente il caso di Terni, dove, soprattutto per la presenza di grandi industrie ed in particolare della siderurgia di Ast, il contributo alle emissioni totali dell’Umbria è molto alto. Basti pensare che Ast, da sola emette, direttamente, ogni anno, 300.000 tonnellate di CO2, cioè circa il 10% di tutta l’anidride carbonica emessa in Umbria; ne emette inoltre altre 300.000, indirettamente, presso le centrali termoelettriche che producono energia elettrica per i fabbisogni Ast, a cui occorrerebbe aggiungere le emissioni dovute al trasporto su gomma di rottami e prodotti finiti.

La discussione sulle emissioni inquinanti, a Terni, non può limitarsi all’aspetto, pur fondamentale, della tutela della salute dalle polveri sottili contenenti metalli pesanti e tossici, ma deve estendersi anche al tema, drammaticamente attuale, della lotta alla CO2. Ciò vuol dire che Ast, nel valutare il suo impatto ambientale sul territorio, deve porsi il problema di una significativa riduzione di tale gas serra, sia riducendone le emissioni, sia promuovendo o partecipando all’attivazione di sistemi di cattura, stoccaggio e riutilizzo del gas.

In attesa che la ricerca e la sperimentazione di efficaci sistemi industriali offrano soluzioni realisticamente praticabili, non resta che affidarsi, nel breve termine, a un grande piano di riforestazione urbana e territoriale, di cui Ast sia principale protagonista. C’è da augurarsi che, da parte dell’attuale o di una eventuale nuova proprietà, si affronti anche questo tema, ponendosi un obiettivo di riduzione della CO2, in linea con gli obiettivi internazionali di contenimento dei gas serra, ovvero un taglio delle emissioni del 55%, entro dieci anni.

Una quota significativa di tale riduzione può essere affidata ad un grande piano di riforestazione. Le idee e le proposte per una città ed un territorio intercomunale più verdi debbono misurarsi, per avere un impatto positivo sulla sostenibilità, con il tema della riduzione significativa, in termini quantitativi della CO2, in linea con gli obiettivi dell’accordo di Parigi e di quelli più recenti dell’Unione europea. Ast dovrebbe tener conto che anche il sistema dei “certificati di emissione” è destinato ad avere forti aumenti del prezzo di acquisto e rischia di essere, prima o poi, mandato in soffitta dalla Commissione europea.

La riforestazione urbana e territoriale, inoltre, offre altri notevoli vantaggi, sia per l’ottimizzazione del ciclo delle acque superficiali e profonde, sia per il miglioramento del microclima urbano, sia per l’abbattimento del particolato inquinante, sia per la tutela della biodiversità nell’ambiente naturale ed in quello urbano. Servirà uno sforzo pluriennale ed una capacità di accesso ai fondi europei e nazionali di settore, un accordo con le proprietà pubbliche e private dei terreni idonei, il concorso delle istituzioni pubbliche e della stessa comunità locale. Si tratterà di impegnare, nel piano qualche migliaio di ettari sui 220.000 che formano l’intera provincia di Terni. Un progetto per il future sostenibile del nostro territorio.

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