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Sanità, Paparelli: “In piazza per difendere il diritto alla salute: ecco le ragioni”

L’intervento di Fabio Paparelli, consigliere Regionale del Partito Democratico e Portavoce della Minoranza in Assemblea Legislativa

di Fabio Paparelli, consigliere Regionale del Partito Democratico e Portavoce della Minoranza in Assemblea Legislativa

Lo scorso 13 ottobre è iniziato finalmente l'iter di esame del nuovo piano sanitario regionale, con le audizioni e l'illustrazione in Consiglio regionale dell'Assessore Coletto e del Direttore D'Angelo. Un piano sanitario che giunge in ritardo, a tre anni dall'inizio della legislatura, senza nessuna partecipazione con gli attori della sanità, già bocciato dall'Università e dalle organizzazioni sindacali che hanno indetto per oggi una manifestazione volta a denunciare lo sfacelo della sanità pubblica. Lo stesso atto sconterà un iter complesso, in quanto dovrà, dopo la sessione di bilancio, approvare propedeuticamente le modifiche al vigente testo unico regionale in materia di sanità.

Come ho avuto già modo di sottolineare, in qualità di membro della commissione sanità, occorre una lettura politica congiunta tra modifiche di legge, il piano sanitario e la convenzione con l'Università, in modo da rendere evidenti non solo le sconnessioni e le contraddittorietà, ma evidenziare meglio anche i limiti di proposte che andrebbero radicalmente ridiscusse con la partecipazione ampia di chi, in questi anni, è stato protagonista della gestione dell'emergenza sanitaria, dalla quale sono emersi forti limiti organizzativi. Già dalla prima riunione le minoranze hanno richiesto un ampio dibattito e una larga partecipazione, non condividendo né il metodo né i contenuti.

La prima contraddizione che emerge dal nuovo piano è data dal fatto che sia volutamente scarno e sintetico pur essendo ampliata la sua vigenza da 3 a 5 anni, in quanto si pensa, da un lato ad una gestione dello stesso rimandata ad atti successivi e volta a limitare le prerogative di indirizzo politico dell'assemblea legislativa, e, dall'altro, perché non affronta i temi della salute mentale, delle dipendenze, la salute materno infantile e dell'età evolutiva, non prevede interventi a sostegno delle persone con disabilità, delle malattie rare, la medicina di genere, l'assistenza agli immigrati e la salute in carcere. Tutti temi rilevantissimi evidentemente non ritenuti centrali dalla giunta Tesei.

Ulteriori contraddizioni sono date dalla riduzione dei distretti sanitari da 12 a 4, con enormi problematiche rispetto ad efficienza, controlli delle prestazioni, a scapito dei cittadini e dei territori che si vedranno sottratti molti dei servizi di prossimità oggi esistenti, con migliaia di persone che saranno sempre più costrette a spostarsi sul territorio, con grave aumento dei disagi e delle diseguaglianze sociali. 

Se pensiamo alla rete ospedaliera, la Giunta regionale farebbe bene a passare rapidamente dalle enunciazioni ai fatti, visto che l'assessore Coletto ed il direttore D'Angelo si sono detti d'accordo, ad esempio, con la previsione del piano sanitario da me preadottato nel maggio 2019, in qualità di Presidente, che intendeva assegnare funzionalmente e gerarchicamente taluni ospedali come quelli di Narni, Amelia o Pantalla alle aziende ospedaliere di Terni e Perugia, al fine di sgravare i medesimi dalla bassa e media complessità e realizzare una effettiva integrazione. 

La giunta si preoccupi davvero di potenziare le due aziende ospedaliere con pari dignità e non provi a smantellare l'ospedale di Terni, ridotto a poco più di una Rsa, o ad inventarsi percorsi di finanza creativa, tutti ancora da accertare, spacciandoli come soluzioni salvifiche per la realizzazione del nuovo Ospedale.

Pensi piuttosto, con maggior coscienza, alla  presa in carico dei malati cronici, specie oncologici, le cui prestazioni e i cui controllo debbono essere, da subito, prenotate e cadenzate direttamente dallo specialista, senza entrare nelle infinite liste di attesa, rispetto alle quali il piano proposto non da alcuna soluzione concreta. Tale previsione era già compresa nel piano di abbattimento delle liste di attesa del maggio 2019, incredibilmente accantonato e sostituito con il nulla.

Anche le sei strategie individuate nel nuovo piano sanitario, se esaminate attentamente, appaiono in taluni casi mere enunciazioni ed in altri casi delle vere e proprie prese in giro.

Come si può infatti parlare di "attenzione al personale" quando in questi anni non si è fatta un’assunzione e personale si è sobbarcato di una mole straordinaria di prestazioni o quando si firma una convenzione con l'Università di Perugia, su cui nutriamo molti dubbi giuridici e politici, che penalizza fortemente il personale ospedaliero. Come si fa a parlare di "sanità a misura del cittadino" con migliaia di prestazioni inevase, liste abnormi, in molti casi chiuse, con cittadini che per curarsi debbono recarsi dal privato, sempre che se lo possano permettere.

La verità è che il nuovo piano sanitario andrebbe riscritto così come è stato evidenziato dalle forze sociali e dalla stessa università e va messa al centro la sanità e la medicina territoriale, l'innovazione, le case di comunità in maniera diffusa, potenziati i servizi nei territori e non chiusi i luoghi dove fare analisi e diagnostica, tanto per fare alcuni esempi.

Auspichiamo dunque che dopo la manifestazione di oggi si avvii davvero un processo partecipato e serio, che possa far scaturire un percorso fortemente condiviso con una conseguente quanto  decisa correzione di rotta.

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