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Cronaca

Sballo e sesso, gli affari delle mafie straniere a Terni. Il boss gestiva i traffici col Sudamerica anche dal carcere

La relazione della Dia: ormai acclarata la presenza di organizzazioni criminali straniere dedite soprattutto al traffico e allo spaccio di droga. E l’allarme: rischio “colonizzazione” per la presenza di detenuti reclusi ai regimi speciali

La premessa è necessaria: la situazione non è da allarme rosso perché gli esiti investigativi non hanno “al momento” evidenziato “forme di stabile radicamento delle mafie tradizionali”. Ci sono però, a Terni come nel resto dell’Umbria, “oltre a strutture criminali di matrice etnica, soggetti o proiezioni di consorterie mafiose che apprezzano le opportunità offerte dal territorio per riciclare e reinvestire capitali illeciti, infiltrandosi nel tessuto socio-produttivo caratterizzato da un reticolo di piccole e medie imprese”. Un elemento che risulta dall’accertamento di alcune “pratiche usurarie ed estorsive finalizzate ad assumere il controllo di attività economiche”.

Le pistole hanno insomma lasciato lo spazio ai contanti per la costruzione di “un fenomeno che deve essere attentamente monitorato nella considerazione degli effetti della crisi pandemica che hanno ulteriormente aggravato la preesistente difficoltà economica, rendendo le realtà imprenditoriali particolarmente vulnerabili”.

Sono alcuni estratti della relazione semestrale della Dia, la Direzione investigativa antimafia, che fa il punto sul rischio di infiltrazioni mafiose in Italia. E dal dossier emerge un quadro di rischio elevato non tanto per la presenza “militare” delle organizzazioni criminali, quanto perché il territorio risulta “permeabile” rispetto agli affari illeciti di alcune consorterie criminali – in special modo di origine straniera – e soprattutto al fenomeno del riciclaggio. La crisi, acuita dalla pandemia, può dunque diventare il grimaldello attraverso il quale i boss in giacca e cravatta si impossessano di “pezzi” di territorio.

“Gli esiti investigativi degli ultimi anni evidenziano l’ormai acclarata presenza di organizzazioni criminali straniere dedite soprattutto al traffico e allo spaccio di droga”, specificano gli investigatori della Dia nel dossier, citando almeno un paio di importanti operazioni.

“Il 25 settembre 2020 – cita la relazione della Dia - la polizia di Stato e la guardia di finanza hanno concluso l’operazione Alì Park, con la quale è stata disarticolata un’organizzazione criminale di matrice pakistana dedita al traffico di eroina importata in Italia per via aerea. Giunta a Terni, la droga veniva lavorata e immessa sul mercato cittadino e in alcune aree della Toscana. Il sodalizio si avvaleva quale base logistica di un money-transfer ubicato nei pressi della stazione ferroviaria”.

Non solo, perché nelle pagine del dossier trova menzione una ulteriore operazione che conferma – secondo gli inquirenti – come il traffico di stupefacenti rimanga “uno dei settori prediletti dai gruppi criminali sud americani. Il 20 ottobre 2020, nell’ambito dell’operazione Domingo 60, nelle province di Roma e Reggio Calabria, i carabinieri hanno eseguito una misura restrittiva nei confronti di 21 appartenenti a un gruppo criminale attivo nel narcotraffico internazionale attuato attraverso un intermediario della Repubblica Dominicana per l’acquisto di cocaina. In alcuni casi la droga giungeva in Italia nascosta all’interno di flaconi di prodotti fitoterapici. Due degli indagati, sebbene detenuti in carcere a Frosinone e Terni, avevano continuato a gestire l’approvvigionamento della droga con la collaborazione di cittadini peruviani residenti a Roma in contatto con fornitori loro connazionali. Fondamentale inoltre il ruolo svolto da tre soggetti originari di Locri (Reggio Calabria) uno dei quali ritenuto vicino alla famiglia Giorgi. Complessivamente nel corso delle indagini sono stati sequestrati circa 8 chili di cocaina e una pistola revolver”.

Lo sballo non è però l’unica fetta di mercato appetita dai criminali. “Altro settore di forte attrazione soprattutto per i gruppi stranieri che riescono a ricavarne ingenti guadagni – spiega infatti la Dia - è dato dal favoreggiamento e dallo sfruttamento della prostituzione”. Soltanto la settimana scorsa, i carabinieri hanno scoperto un appartamento del sesso in via Lungonera Savoia all’interno del quale venivano fatte prostituire tre giovanissime mamme che “garantivano” ai due aguzzini arrestati un business vicino ai 60mila euro al mese.

La Dia cita ancora un’altra operazione: “Il 15 ottobre 2020 la polizia di Stato ha concluso l’operazione Donna Claudia in esito alla quale è stata svelata l’operatività di un sodalizio criminale composto da tre colombiani e un italiano che pianificando nei dettagli viaggi, alloggi e pubblicizzando le attività su siti online reclutava donne e transessuali dalla Colombia per avviarli alla prostituzione in città”.

Gli affari sporchi sono però soltanto una faccia dei tentacoli delle mafie sul territorio. “Altro elemento di agevolazione per una ‘colonizzazione’ del territorio – dice la Dia - è dato dalla presenza nelle case di reclusione di Spoleto e Terni di detenuti sottoposti ai regimi speciali che nel tempo hanno determinato il trasferimento e lo stanziamento di parenti dei reclusi”.

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