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Cronaca

Sei agosto 1985: la mafia uccide Roberto Antiochia, poliziotto eroe che cercò di difendere Ninni Cassarà

Il giovane agente ternano aveva solo 23 anni quando rimase vittima dell’agguato a Palermo in cui morì anche il vicequestore

Trentaquattro anni, duecento colpi di kalashnikov, sette metri e 80 centimetri. Era il 6 agosto del 1985 quando la mafia rigurgitò il suo odio verso uno dei suoi più accaniti nemici, il vicequestore Antonino Cassarà, detto Ninni. In quell’attentato morì anche un altro giovane poliziotto: Roberto Antiochia, nato a Terni 23 anni prima di quell’assurdo pomeriggio d’agosto.

GUARDA - La vita di Roberto Antiochia in immagini

Sono le 15.30, l’afa e il silenzio avvolgono Palermo. È una città stordita e insanguinata. Dieci giorni prima, i sicari di cosa nostra hanno freddato il commissario Giuseppe Montana, capo della sezione catturandi. Ora, il commando armato torna in azione.

Sono appostati nel palazzo al civico 77 che affaccia su via Crocerossa, dove all’81 si trova l’appartamento di Cassarà. Le indagini ricostruiranno che i killer, nove, si sono disposti su diversi piani dello stabile che ospita, tra gli altri, gli uffici dell’Aci. Sono arrivati intorno alle 13, sapendo che il vicequestore è solito tornare a casa fra le 14 e le 15.

L’Alfetta blindata con a bordo Cassarà e tre uomini di scorta, tra i quali anche Antiochia - che era lì come “volontario” visto che, nonostante fosse in ferie, aveva deciso comunque di dare una mano ai colleghi in quella particolare e convulsa stagione di lotta fra Stato e crimine – svolta verso casa. Sul balcone, al secondo piano, ad aspettare il vicequestore c’è la moglie, Laura. In casa, i suoi tre figli. L’Alfetta si avvicina al portone d’ingresso, una Ritmo blocca l’ingresso. È il segnale: i killer fanno spuntare le canne dei fucili fuori dalle finestre. Cassarà saluta dall’auto la moglie, scende. Deve percorrere 7 metri e 80 centimetri.

Roberto.Antiochia-2Si scatena un inferno di pallottole. I vetri delle finestre attorno vanno in frantumi, sull’intonaco si conficcano decine di colpi. Cassarà è colpito ma cerca di trascinarsi fin dentro il portone del palazzo. Antiochia scende dall’auto, cerca di fare da scudo a Cassarà e viene investito dalla raffica mortale. Per il giovane poliziotto ternano non c’è nulla da fare. Cassarà muore tra le braccia della moglie, scesa di sotto in un disperato tentativo. Gli altri due uomini della scorta sono vivi per miracolo.

L’autista, Natale Mondo, si è salvato gettandosi sotto l’auto. Giovanni Salvatore Lercara, venticinque anni, scivolando provvidenzialmente a terra ha battuto con la fronte il primo gradino del portone, ferendosi leggermente: se la caverà con quattro punti di sutura.

I sicari di cosa nostra guadagnano la fuga a bordo di un’altra Alfa che verrà ritrovata più tardi dopo essere stata incendiata.

Roberto Antiochia nasce a Terni il 7 giugno 1962. Dopo aver completato gli studi superiori a Roma – è scritto nella scheda con la quale il ministero dell’interno ricorda i fatti del 6 agosto 1985 - entra in polizia a soli diciotto anni, frequentando la scuola di Piacenza. Nel corso della carriera svolge le proprie funzioni presso Milano e Torino per poi essere assegnato a Palermo dove lavora a fianco di Giuseppe Montana e Ninni Cassarà. Nel 1985 è trasferito alla Criminalpol di Roma, tuttavia, sebbene in congedo per il periodo di ferie estive ad Ostia, decide di recarsi volontariamente in Sicilia per il funerale di Montana e portare il suo personale aiuto agli ex-colleghi della Mobile di Palermo. È stato insignito della medaglia d’oro al valore civile. A Roberto Antiochia è inoltre dedicata la via della questura di Terni e il commissariato di Orvieto”.

GUARDA - L'intervista di Enzo Biagi a Saveria Antiochia

La stessa scheda usa parole di profondo elogio per la madre di Roberto, Saveria che “da quel 6 agosto 1985 si è impegnata con tutta se stessa e per tutta la vita come testimone di legalità, prima col Circolo Società Civile e poi con Libera, per mantenere vivo il ricordo di Roberto e dei suoi amici poliziotti, Beppe e Ninni, riuscendo con le sue parole e la sua testimonianza nelle scuole, nelle parrocchie, nelle biblioteche, nei circoli di tutta Italia, a tramandare il valore inestimabile delle loro azioni e del loro sacrificio”.

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