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Giovedì, 5 Ottobre 2023
Cronaca

Fondo anti Covid, maxi inchiesta fra Terni e Perugia: cento imprese finiscono sotto indagine

La denuncia di Gepafin dopo il bando Restart che garantiva l’accesso ad un bonus fino a 25mila euro. Domande sotto la lente, la verifica delle guardia di finanza

Maxi inchiesta fra Terni e Perugia che coinvolgerebbe oltre cento imprese finite sotto la lente della guardia di finanza per l’accesso ai fondi Restart, messi a disposizione dalla Regione Umbria per fronteggiare l’emergenza Covid.

Il bando venne promosso all’inizio di maggio 2020 e prevedeva che, attraverso Gepafin e Artigiancassa, le “piccole e micro imprese, inclusi i professionisti e le società tra professionisti (...) costituite e operative prima del primo gennaio 2020, la cui attività” fosse “stata danneggiata dall’emergenza Covid” potessero accedere ad un finanziamento compreso tra un mino di 5mila e un massimo di 25mila euro, di cui la metà a fondo perduto, a patto che i beneficiari avessero maturato alcuni requisiti previsti dal bando. Il bando venne pubblicato l’8 maggio del 2020, il plafond a disposizione è stato portato a 28,5 milioni di euro mentre i soggetti beneficiari sono stati 913.

Chiuse le graduatorie ed erogati i fondi, uno dei soggetti indicati da Palazzo Donini come “gestore” del bando, ossia Gepafin, ha poi presentato una denuncia alla guardia di finanza con l’obiettivo di fare chiarezza sulle domande presentate e sulla effettiva veridicità dei dati dichiarati dalle imprese in fase di istruttoria.

È così nata una maxi inchiesta che in Umbria riguarderebbe oltre cento imprese: una trentina in provincia di Terni e circa settanta nel Perugino. Al momento, la contestazione, in base all’articolo 56 del codice penale, è quella di tentato delitto e punisce “chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica”, integrata dalla “l’indebita percezione a danno dello Stato di erogazioni pubbliche” che in base all’articolo 316 ter punisce “chiunque mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l’omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, sovvenzioni, (1-bis) finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni”.

Le procure di Terni e Perugia hanno dunque messo sotto inchiesta qualche buona decina di imprenditori con l’accusa di avere presentato “una domanda (...) di ammissione all’intervento di finanziamento agevolato fondo Restart secondo le modalità previste dall’avviso pubblicato nel bollettino ufficiale della Regione Umbria (...) attestando falsamente - è spiegato in uno degli avvisi di garanzia recapitati agli indagati - al punto 10 della domanda medesima l’assenza del requisito perdita fatturato (...)” e compiendo così “atti idonei diretti in maniera non equivoca a tentare di percepire la somma di 25mila euro provenienti dal fondo europeo di sviluppo regionale”.

In estrema sintesi, l’ipotesi degli investigatori è che una parte dei beneficiari del fondo – ma nell’inchiesta sarebbe finito anche chi ha ricevuto l’inammissibilità al contributo e quindi non ha incassato denari – abbia fornito informazioni non veritiere pur di accedere al beneficio.

Leggendo gli atti della procura di Terni si può verificare che viene contestato di avere “attestato (…) l’assenza del requisito perdita di fatturato” che era uno dei requisiti richiesti. I magistrati, dunque, appuntano ad alcuni indagati di avere dichiarato il falso relativamente al volume di affari che era invece uno dei punti cardine per accedere al contributo, visto che l’istruttoria chiedeva di mettere a confronto i dati di bilancio del primo quadrimestre 2019 con quelli dello stesso periodo del 2020.

Fra le contestazioni c’è poi quella legata alle attestazioni relative all’appendice 1 del bando stesso (ecco il documento>> bando restart) che indica i “requisiti generali di ammissibilità”. Sono in tutto 14 punti, ma tra questi non c’è alcun riferimento alla questione della perdita del fatturato.

Fatto sta che, proprio su questo punto, si attestano le contestazioni della magistratura ed è dunque questo il campo di battaglia su cui, presumibilmente, si affronteranno imprese e magistratura per chiarire se il fondo Restart sia stato utilizzato in maniera corretta o meno.

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