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Cronaca

Il carcere dei boss, da Terni comandava la sacra corona unita pugliese: condannato Antonio Campana

Pena ridotta per il quarantenne che ha deciso di collaborare con la giustizia. Lo scorso anno aveva tentato la fuga dal penitenziario di vocabolo Sabbione

Antonio Campana e Raffaele Martena si sono conosciuti nel carcere di Terni. Prima di allora, i due esponenti della sacra corona unita pugliese si conoscevano soltanto di nome. Dopo quell’incontro, avrebbero tirato insieme le fila di un pezzo dell’organizzazione di stampo mafioso. Fino a quando Campana, quarantenne ergastolano, ha deciso di seguire le orme del fratello Sandro e di cominciare a collaborare con la giustizia.

Collaborazione che è iniziata ad aprile di quest’anno, dopo il trasferimento in una località segreta per motivi di sicurezza dal carcere di vocabolo Sabbione, dal quale Campana nel 2018 aveva anche tentato di evadere, progettando il piano di fuga assieme allo zio, Igino Campana, 53 anni, per trascorrere il Natale 2018 con i suoi familiari, da latitante, ma pur sempre uomo libero, sulle colline della Selva di Fasano. Le istruzioni su come e quando segare le sbarre della finestra della sua cella furono intercettate, dopo che gli agenti della penitenziaria trovano il telefonino nella sua cella. Per segare le sbarre chiese allo zio fili d’angelo diamantati da nascondere nel pane che doveva essere consegnato in occasione di uno spettacolo teatrale. I fili furono effettivamente acquistati on-line e trovati nell’abitazione di Igino Campana.

Ieri, 3 ottobre, Campana è stato condannato dal Tribunale di Lecce a sei anni e otto mesi di reclusione, pena ridotta in conseguenza del riconoscimento delle attenuanti, in relazione all’accusa di aver promosso e organizzato una frangia della sacra corona unita sino alla fine del 2017, nel periodo in cui era detenuto nel carcere di Terni. Altri 12 brindisini sono stati giudicati con rito abbreviato dal gup, Simona Panzera. Queste le condanne, al netto della riduzione di un terzo della pena per la scelta del rito alternativo al dibattimento: Raffaele Martena, 20 anni di reclusione; Jury Rosafio, venti anni; Igino Campana (zio di Antonio Campana), otto anni e otto mesi; Ronzino De Nitto, 10 anni; Fabio Arigliano, 12 anni e otto mesi più quattromila euro di multa; Mario Epifani, 14 anni più quattromila; Andrea Martena, 10 anni; Andrea Polito, 12 anni e 8 mesi; Vincenzo Polito, 10 anni e 8 mesi; Nicola Magli, 8 anni ed Enzo Sicilia 8 anni di reclusione. Le motivazioni saranno depositate fra 90 giorni. Il gup ha disposto la misura della sicurezza della libertà vigilata per la durata di tre anni, a pena espiata, per Raffaele Martena, Jury Rosafio, Ronzino De Nitto, Fabio Arigliano, Mario Epifani, Andrea Martena, Andrea Polito e Vincenzo Polito. Un anno per Enzo Sicilia, Igino Campana e Nicola Magli.

La sentenza arriva a conclusione dell’operazione “Oltre le mura”, condotta dagli agenti della squadra mobile di Brindisi e che ha coinciso anche con le prime ammissioni di Campana di “pentirsi”. L’ex uomo della Scu è dunque “attendibile” così come lo è stato il fratello Sandro che lo ha preceduto nella scelta di passare dalla parte dello Stato, mentre resta a capo della frangia storica dell’associazione mafiosa l’altro fratello, Francesco, già condannato all’ergastolo per omicidio anche per effetto delle dichiarazioni di Sandro.

Nei primi verbali depositati, Campana ha riferito di “recenti affiliazioni all’associazione mafiosa e di traffico di droga”, dichiarazioni poi riscontrate dagli investigatori, che sono state alla base delle richieste di condanna presentate nei confronti degli imputati, finiti sotto processo per la creazione di un nuovo gruppo in seno alla Scu. Gruppo, appunto, tenuto a battesimo e gestito dal carcere di Terni da Antonio Campana in tandem con Raffaele Martena. Campana ha presenziato all’udienza, collegato in videoconferenza da una località protetta, nota unicamente al sistema di protezione centrale.

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