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Cronaca

Il boss mafioso dal carcere di Terni scrive alla mamma, lettera sequestrata: “Contiene messaggi in codice”

Nella missiva intercettata, Giuseppe Graviano scriveva di pizza, bonifici, studi del figlio, Dna e batteri. I giudici: “Intendeva suggerire o far recepire al destinatario, sia con lo strumento grafico che con gli intricati contenuti, qualcosa di pericoloso per l’ordine e la sicurezza”

“Cara mamma…”. Cosa c’è di più innocente? Ma non è sempre così. Perché l’intento di quella lettera sarebbe stato di “suggerire o far recepire al destinatario, sia con lo strumento grafico che con gli intricati contenuti, qualcosa di non meglio comprensibile o decifrabile, con conseguente pericolosità della missiva per l’ordine e la sicurezza”.

A confermare la tesi del tribunale di sorveglianza di Perugia sono i giudici della Corte di cassazione a cui si è rivolto – tramite il suo legale, avvocato Giuseppe Aloisio – il boss mafioso Giuseppe Graviano, sottoposto al regime di 41 presso il carcere di Terni.

Motivo del contendere è il provvedimento con cui il magistrato di sorveglianza di Spoleto trattenne una lettera che Graviano, ritenuto responsabile delle stragi di mafia del 1992 e 1993, aveva scritto alla madre, Vincenza Quartararo.

Il blocco della missiva avvenne in considerazione della presenza di alcuni elementi sospetti come ad esempio “modalità di scrittura che ne rendono difficoltosa la decrittazione, con frequenti cambiamenti di stile grafico e con uso di stampatelli e corsivi senza apparenti ragioni” oltre al fatto che “anche nei contenuti si affacciano espressioni criptiche”.

Secondo i giudici, nella lettera Graviano aveva inserito una “congerie di argomenti (un ammasso confuso, ndr) che si intersecano in modo non lineare”. In particolare, viene evidenziata la presenza “dell'invito a mangiare la fratta o la pizza” oltre “alla menzione di versamenti di soldi effettuati a proprio favore” come ancora la richiesta di “notizie sul corso di studi frequentato dal figlio” fino a “considerazioni di tipo scientifico su alimenti, Dna, batteri, cure terapeutiche” oltre a riferimenti “a soggetti terzi non ben identificati e alle loro attività lavorative, notizie su processi in corso” e così via.

Il dubbio è insomma che quella lettera non fosse un semplice modo per fornire o avere notizie “innocue” ma contenesse piuttosto dei messaggi in codice di ben altra natura.

Da qui la decisione di “bloccarla” per evitare appunto che il boss suggerisse o fornisse al destinatario “sia con lo strumento grafico che con gli intricati contenuti, qualcosa di non meglio comprensibile o decifrabile, con conseguente pericolosità della missiva per l'ordine e la sicurezza”.

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