“Cella troppo stretta e bagno senza acqua calda, così la detenzione è inumana”
Detenuto nel carcere di Terni presenta ricorso per le condizioni della struttura: “Grosse ripercussioni sull'igiene intima e sul pudore personale”. Ma i giudici: non è vero. E lo condannano anche a una ammenda da tremila euro
Mancanza di acqua calda nel bagno annesso alla cella e, in particolare per il carcere di Terni, “precarie condizioni igienico sanitarie”. Con questi motivi un detenuto sessantenne - presunto boss di un sodalizio laziale dedito al traffico di sostanze stupefacenti - ha presentato un reclamo al magistrato di sorveglianza, rigettato dal tribunale, e poi riproposto ai giudici della corte di cassazione.
Nel reclamo, l’uomo sollevava la questione della “mancanza di acqua calda all'interno del bagno annesso alle camere di pernottamento occupate” in diversi istituti di pena italiani, tra cui anche quello di Terni. E in particolare per la casa circondariale di vocabolo Sabbione, il detenuto aveva evidenziato “precarie condizioni igienico sanitarie”. Condizioni che avrebbe dunque avuto “grosse ripercussioni sull’igiene intima e sul pudore personale” del detenuto stesso.
L’assenza di acqua calda, scrivono però nella loro ordinanza i giudici della settima sezione penale, “non viola alcun diritto soggettivo del detenuto perché il diritto alla salute, inteso come condizione generale di benessere raggiunto anche con un’adeguata cura dell’igiene personale, è stato ampiamente garantito al ristretto dalla fruizione quotidiana di acqua corrente fredda presenti nei servizi igienici annessi alla cella e di docce calde presenti nei locali comuni”.
“Si rileva inoltre – proseguono i giudici - quanto alla doglianza relativa alle dedotte precarie condizioni igienico sanitarie della casa circondariale di Terni, che sul punto, nonostante lo spazio detentivo sia stato tra i tre e i quattro metri quadrati, il reclamo non ha puntualizzato alcun elemento istruttorio meritevole di approfondimento, mentre la nota informativa della direzione ben descrive sia le dimensioni della camera detentiva, dotata di un’ampia finestra che ha consentito l’ingresso di aria e luce naturale, sia l’ampia offerta trattamentale rivolta ai detenuti”.
Il ricorso è stato perciò dichiarato inammissibile e il detenuto condannato al pagamento di una ammenda da tremila euro.