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Cronaca

Coronavirus, l’incognita degli “asintomatici”. La proposta: tampone per tutti

Sono oltre 400 le persone nel Ternano in isolamento domiciliare che però non manifestano sintomi della presenza del virus. Il professor Crisanti: se non identifichiamo i casi uno per uno, non elimineremo la malattia

I numeri rendono bene l’idea della complessità del fenomeno. Su un totale di quasi duemila persone in isolamento in Umbria (1.995 per la precisione), 1.550 sono “asintomatiche”, ossia non evidenziano sintomi della presenza del Coronavirus. Di questi, gli asintomatici “ternani” sono 403, 1.147 quelli in provincia di Perugia. I sintomatici in isolamento sono invece 445, di cui 281 nel Perugino e 164 nel Ternano.

Di fatto, soltanto uno su quattro di chi finisce sotto osservazione manifesta sintomi che potrebbero presagire la presenza del Covid19. Gli altri, no. Questo significa che, potenzialmente, una importante fetta della popolazione potrebbe essere infetta e dunque trasportare il virus in famiglia, al supermercato, nei luoghi di lavoro. Anche seguendo in maniera rigida le disposizioni dei protocolli anti-contagio.

Se non identifichiamo i casi uno per uno, non elimineremo la malattia”. Fin dal debutto dell’emergenza Coronavirus, il professor Andrea Crisanti si è trovato in prima linea. Direttore del laboratorio di microbiologia e virologia dell’Università di Padova, Crisanti è anche coordinatore del progetto internazionale “Target malaria” che a Terni nell'ambito del Polo di genomica genetica e biologia del polo scientifico didattico della città studia la zanzara della malaria per debellarne la trasmissione.

“Seguendo l’esempio cinese - ha dichiarato Crisanti in una intervista al Fatto Quotidiano - fin da subito abbiamo controllato tutto il personale e i pazienti dell’ospedale di Padova per evitare che chi entrasse potesse infettare o essere infettato”. Stessa strategia è stata utilizzata nei confronti della popolazione di Vo’ Euganeo, uno dei punti “cladi” della crisi sanitaria. “Abbiamo fatto fin dal primo momento tamponi a tutti, scoprendo che il 3% della popolazione era positivo, ma che più della metà non presentava sintomi”. L’individuazione e l’isolamento degli asintomatici a due settimane di distanza ha permesso di ridurre il numero dei positivi dal 3% allo 0,3%, con una riduzione di circa il 90%.

“L’utilizzo su larga scala dei tamponi è utilissimo - ha scritto qualche giorno fa sulla sua bacheca Facebook Fabrizio Presicce, dirigente di urologia dell’ospedale San Filippo Neri di Roma - Le misure restrittive da sole sarebbero sufficienti se tutti fossimo chiusi in casa, non infettando altri. Tuttavia tralasciando gli irresponsabili, ci sono alcuni individui che sono costretti a circolare ed entrare in contatto con altri (personale sanitario, di polizia, filiera agro-alimentare, banalmente chi esce a far la spesa). Se qualcuno tra chi circola dovesse essere inconsapevolmente infetto, contagia anche altri che circolano e poi tornando a casa questi a loro volta infettano i congiunti rallentando lo spegnimento del contagio. Per questo tutti quelli che di necessità circolano dovrebbero essere sottoposti ai tamponi periodici. Inoltre i tamponi sono utili perché permettono di individuare precocemente pazienti diffusori asintomatici e approntare misure di isolamento e circoscrizione del focolaio immediate. Qualcuno potrebbe obiettare che non è possibile incrementare il numero di tamponi eseguibili. In realtà l’esempio Veneto (oltre 32mila tamponi, un quarto di tutti quelli eseguiti in Italia, ndr) dimostra che è fattibile. Inoltre non penso sia accettabile da parte di un Governo lungimirante un atteggiamento del tipo ‘non ci sono, non si fanno’. L’obiettivo dovrebbe essere: non ci sono ma servono, diamoci da fare per produrre ogni giorno, ogni ora più Dpi e tamponi!”.  

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