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Cronaca

Corsi di formazione col trucco, condannata azienda ternana: deve restituire i soldi a Regione, Ue e Governo

Le accuse della Corte dei conti: firme false, lezioni non tenute e una segretaria come docente per incassare i finanziamenti pubblici

“Dalla documentazione acquisita dagli inquirenti è emerso che i corsi di formazione non sono stati completati, che, con riguardo ad alcune lezioni, la presenza degli allievi sarebbe stata attestata attraverso firme false (disconosciute dai pretesi firmatari), la società non effettuata la ricalendarizzazione delle lezioni non tenute entro il periodo previsto, non raggiungendo il monte ore complessivo previsto ai fini del finanziamento. Dalle dichiarazioni degli studenti peraltro sarebbe emerso che una signora qualificata come docente nella documentazione presentata ai fini del finanziamento, non avrebbe in realtà mai svolto attività di insegnante presso i corsi di formazione, occupandosi, invece, di meri adempimenti amministrativi, di segreteria e di organizzazione dei corsi”.

Sono le accuse avanzate dalla procura regionale della Corte dei conti nei confronti di una azienda ternana e della sua amministratrice che – secondo la magistratura contabile – avrebbero percepito illecitamente un finanziamento per l’organizzazione di corsi di formazione per i quali la società avrebbe dunque presentato “documentazione falsa”.

L’attività di indagine delegata dalla Corte dei conti avrebbe infatti fatto emergere che “la rendicontazione dei corsi non è stata effettuata correttamente, con falsità ed irregolarità prove (falsità che il giudice contabile può accertare incidentalmente al fine di sottovalutare la fondatezza della esperienza azione di responsabilità). A ciò si aggiunga che, come emerge dalle dichiarazioni dei corsisti, una persona qualificata come docente nelle rendicontazioni non ha mai svolto tale attività, essendosi esclusivamente a svolgere compiti amministrativi e di segreteria”.

L’atto di citazione risale al 17 giugno 2020, mentre lo scorso 14 maggio è stata pronunciata la sentenza di condanna per la quale l’azienda è stata condannata al pagamento di 32.780 euro “a titolo di restituzione delle somme indebitamente percepite a titolo di finanziamento pubblico per attività di formazione”. I soldi saranno così ripartiti, in base ai finanziamenti ricevuti: 14mila euro all’Unione europea, 13.040 euro alla presidenza del consiglio dei ministri e 5.740 euro alla Regione dell’Umbria.

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