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Cronaca

Dramma dietro le sbarre, detenuto si toglie la vita nel carcere di Terni

La segnalazione del Sarap: “Nonostante l’intervento e le cure degli agenti non è stato possibile scongiurare il peggio. Solidarietà al collega che si è trovato a gestire questa situazione”

Un detenuto italiano si è tolto la vita nel carcere di Terni. A darne notizie è Roberto Esposito, segretario nazionale del Sarap, Sindacato autonomo ruolo agenti penitenziaria, che rileva come “nonostante le fulminee cure e l’intervento dei colleghi e dei sanitari” non è stato possibile “sventare l’evento critico”. Il primo in questo 2023 a fronte dei 58 casi di autolesionismo che sono stati registrati nel corso del 2022 nella casa circondariale di vocabolo Sabbione.

Secondo Fabrizio Bonino, segretario nazionale dell’Umbria del Sappe, Sindacato autonomoo polizia penitenziaria, “l’uomo, detenuto siciliano ad alta sicurezza, era rimasto coinvolto nel pomeriggio in una rissa con alcuni ristretti campani dopo che ad uno di questo era stato rinvenuto, in un pacco pervenuto dai familiari, un telefonino”, spiega. “Le ragioni della rissa non si conoscono, ma in serata il detenuto siciliano si è tolto la vita in cella. Purtroppo il pur tempestivo intervento degli Agenti non ha potuto evitare che il ristretto riuscisse a togliersi la vita”.

“Come sapete, abbiamo sempre detto che la morte di un detenuto è una sconfitta per lo Stato”, commenta amareggiato Donato Capece, segretario generale del Sappe. Per Capece, “la via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Anche la consistente presenza di detenuti con problemi psichiatrici è causa da tempo di gravi criticità per quanto attiene l’ordine e la sicurezza delle carceri del Paese. Il personale di polizia penitenziaria è stremato dai logoranti ritmi di lavoro a causa delle violente e continue aggressioni”.

E richiama un pronunciamento del Comitato nazionale per la Bioetica che sui suicidi in carcere aveva sottolineato come "il suicidio costituisce solo un aspetto di quella più ampia e complessa crisi di identità che il carcere determina, alterando i rapporti e le relazioni, disgregando le prospettive esistenziali, affievolendo progetti e speranze. La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Proprio il suicidio è spesso la causa più comune di morte nelle carceri. Gli istituti penitenziari hanno l’obbligo di preservare la salute e la sicurezza dei detenuti, e l’Italia è certamente all’avanguardia per quanto concerne la normativa finalizzata a prevenire questi gravi eventi critici. Ma il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti e sconforta che le autorità politiche, penitenziarie ministeriali e regionali, pur in presenza di inquietanti eventi critici, non assumano adeguati ed urgenti provvedimenti”.

Impietosa la denuncia del leader del Sappe, che si appella al ministro della giustizia, Carlo Nordio: a cui chiede “un netto cambio di passo sulle politiche penitenziarie del Paese. È necessario prevedere un nuovo modello custodiale. Ne abbiamo parlato in un recente incontro con il sottosegretario alla giustizia Del Mastro, che ci è sembrato particolarmente sensibile. A lui abbiamo ribadito che tutti i giorni i poliziotti penitenziari devono fare i conti con le criticità e le problematiche che rendono sempre più difficoltoso lavorare nella prima linea delle sezioni delle detentive delle carceri, per adulti e minori. Mi riferisco alla necessità di nuove assunzioni nel Corpo di polizia penitenziaria, corsi di formazione e aggiornamento professionale, nuovi strumenti di operatività come il taser, kit anti-aggressioni, guanti antitaglio, telecamere portatili, promessi da mesi dai precedenti vertici ministeriali ma di cui non c’è traccia alcuna in periferia. Confidiamo dunque che ora si vedano finalmente fatti concreti”.

“La grave carenza di personale che quotidianamente vive la polizia penitenziaria – rileva invece Esposito - porta ad una gestione preoccupante e poco attenta dell’utenza, nonostante i tanti sacrifici messi in atto dal personale durante l’espletamento dei propri compiti istituzionale”. Carenza di personale che “nella stragrande maggioranza dei casi, rende impossibilitato il personale a sventare tali eventi critici”.

Ed a proposito di quest’ultimo episodio, il segretario Sarap esprime “piena solidarietà al collega che si è trovato a gestire tale situazione, vedendosi inerme dinanzi ad un avvenimento che andrà a segnare la propria carriera lavorativa e personale”.

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