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Cronaca

Neonato abbandonato, gogna social per l’avvocato Pressi. La Camera penale: giustizialismo dilagante

I legali di Terni in difesa del collega: troppo spesso si confonde l’avvocato con il suo assistito e la funzione difensiva con la difesa del delitto

Il diritto alla difesa. E la difesa dei diritti. In queste ultime ore l’avvocato Alessio Pressi, che ha preso in carico la difesa della giovane ternana accusata dell’abbandono del figlio appena nato nel parcheggio dell’Eurospin di Borgo Rivo, dove poi il bimbo ha trovato la morte, è stato oggetto di feroci attacchi, transitati sui principali social network che rimbalzavano la notizia.

La gogna

Parole pesanti, giudizi feroci nei confronti del legale, non solo per la scelta di avere assunto la difesa della donna, ma anche perché questa potrebbe accedere – a fronte di uno stato di indigenza – al pagamento delle spese legali da parte dello Stato. Attacchi scomposti, che se riproposti conquisterebbero una ulteriore – e immeritata – notorietà, che sono soltanto l’ennesimo esempio di un “giustizialismo dilagante”, cavalcato però da chi ignora – o fa finta di ignorare – anche i più basilari concetti di democrazia e dignità. Da parte di chi non conosce, o fa finta di non conoscere, i principali diritti costituzionali di ogni cittadino. Un clima giustizialista che ha spinto il Consiglio nazionale forense ad avanzare una proposta per inserire nella Costituzione repubblicana la figura dell’avvocato.

“Difesa, un diritto costituzionale”

Un clima rispetto al quale la Camera penale di Terni ha ritenuto necessario intervenire anzitutto per “esprimere riprovazione ed orrore per il fatto occorso al neonato” ma anche per “evidenziare con forza e ricordare a tutti che l’affermazione della giustizia – scrive il direttivo della Camera penale di Terni - non può prescindere dal ruolo svolto dall’avvocato, che attua il diritto alla difesa tecnica”. “L’avvocato Alessio Pressi, svolgendo la sua professione, assicura l’esercizio di diritti costituzionalmente garantiti e non difende certamente l’agghiacciante reato che viene qui preso in considerazione. Troppo spesso si continua a confondere l’avvocato con il suo assistito e la funzione difensiva con la difesa del delitto, concetti questi che devono essere tenuti sempre distinti, dimenticando che l’avvocato svolge nel processo penale una funzione costituzionalmente garantita relativa all’attuazione del diritto alla difesa che è inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, così come sancito dall’articolo 24 della Costituzione”. Per questo la Camera penale di Terni esprime la più ampia solidarietà all’avvocato Pressi, condanna le ingiuriose frasi pubblicate sui social networks ed afferma senza se e senza ma che l’avvocato è per tutti una figura indispensabile: per il giudizio, per la decisione, per il pubblico ministero, per il giudice, per il cittadino. Infatti, estromettere qualunque difensore dell’indagato/imputato dalla dinamica processuale significherebbe violare le regole del giusto processo (articolo 111 Costituzione) e paralizzare il procedimento con l’impossibilità di giungere ad una eventuale sentenza di condanna e fare giustizia. Sussiste, quindi, un vero e proprio dovere di difesa che impone all’avvocato penalista di svolgere il suo mandato nel rispetto della costituzione, della procedura penale e del codice deontologico”.

“Dignità della toga”

Nel comunicato si ribadisce dunque “con convinzione la funzione difensiva dell’avvocato, evidenziandone la necessità, la nobiltà, l’irrinunciabilità in un autentico Stato di diritto e stigmatizza la mostruosa stortura di chi attribuisce all’avvocatura il ruolo di connivenza con il soggetto che delinque, come se il professionista potesse apporre obiezioni contro il colpevole, negandogli una difesa piena, arrivando a deformarsi spaventosamente fino a giudicare e condannare il suo assistito, privandolo del suo diritto ad un giusto processo, ad una difesa effettiva, ad una giustizia obbediente, ai principi costituzionali. Ci si augura che, in questa deriva giustizialista, venga compresa ed apprezzata la dignità della toga e la fierezza di indossarla anche e soprattutto quando ciò significhi esporsi a malevoli e superficiali giudizi che traggono la propria origine da una mancata conoscenza dei principi fondanti lo Stato di diritto, quale è il nostro e, ancora prima, delle regole che disciplinano il processo e che costituiscono una più ampia esplicitazione di quelli”.

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