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Cronaca

Neonato abbandonato, scenari inquietanti: schiavitù e traffico di bambini

Gli assistenti sociali dell’Umbria: gesti frutto di degrado e sofferenza. Il professor Epicoco: serve più informazione sulla possibilità del parto in anonimato

Al momento, l’unica drammatica certezza è che un bambino appena nato è stato abbandonato nel parcheggio di un supermercato alla prima periferia di Terni. Probabilmente, quando la busta di plastica coi manici azzurri è stata lasciata accanto ad un idrante in un’aiuola, il bambino era ancora vivo. Questo lo stabilirà l’autopsia. E questo determinerà i profili penali di cui dovrà rispondere chi sarà ritenuto responsabile di questo gesto. Disegnata la cornice, i colori di questa storia nera sono pieni di ombre. Gli investigatori indagano a tutto campo. Lasciando aperta ogni possibile ipotesi.

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La culla per la vita avrebbe potuto evitare questa tragedia?

“Si tratta di uno strumento diffuso in alcune città – risponde Cristina Fargaghini, presidente dell’Ordine degli assistenti sociali dell’Umbria – rispetto al quale io nutro però alcune perplessità, soprattutto legate all’effettiva rispondenza con la tutela della salute della donna. Senza dubbio, la culla termica mette al sicuro il neonato, ma non ha la stessa efficacia con le mamme. Servono, semmai, un accompagnamento per le donne in gravidanza e un percorso formativo per gli assistenti sociali. Dobbiamo ricordare che c’è la possibilità, garantita dalla legge, del parto in anonimato. Si tratta di un gesto protettivo, frutto di una minima capacità materna”.

Potrebbe darsi che il neonato abbandonato a Terni non sia stato lasciato dalla madre…

“Se così fosse, ci troveremmo di fronte a una donna possibile vittima dello sfruttamento della prostituzione, in un contesto di schiavitù. Una donna insomma non libera, che vive dentro povertà estreme. E che potrebbe avere visto quella gravidanza come frutto di una violenza, di un abuso”.

Se invece fosse stata la madre? Quale meccanismo si mette in moto per arrivare ad un gesto del genere?

“Il contesto è sempre legato a degrado, violenza, fragilità. Una donna in gravidanza è già fragile. Va dunque accompagnata, seguita. Se queste condizioni non si verificano, scatta una disperazione. Potrebbe anche essere il risultato di traumi già vissuti, di esperienze passate di abbandono. C’è, sicuramente, alle spalle una vita difficile, magari costellata di maltrattamenti e abusi. E spesso, ci è capitato di assistere a più abbandoni da parte di una stessa donna. Con la conseguenza di creare emergenze prima per la salute della donna e poi gravi conseguenze psicologiche”.

Infatti adesso si rischia di puntare il dito contro la madre.

“Siamo di fronte ad un dramma che coinvolge due vite. Una che non c’è più. E l’altra che proseguirà portandosi dietro un trauma chissà quanto profondo. L’unica alternativa è l’informazione: le donne devono sapere che esiste la possibilità del parto in anonimato”.

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La culla per la vita rischia di essere uno strumento inutile. Presuppone che una donna partorisca in casa e poi lasci il figlio nella struttura.

“Sicuramente ci sono situazioni particolari – risponde il professor Giorgio Epicoco, direttore della struttura complessa di ostetricia e ginecologia dell’azienda ospedaliera di Perugia – come possono essere quelle di alcune immigrate clandestine o di alcune comunità, sempre di immigrati, che vivono in alcune zone rurali e che praticano il parto in casa. Ma senza dubbio, la culla per la vita ha un senso limitato, soprattutto perché non garantisce assistenza medica”.

Cosa che al contrario avviene per il parto in anonimato.

“La donna in gravidanza che sceglie di partorire in anonimato ha tutte le tutele del caso: nessun riferimento viene fatto sui documenti deil bambino che, dopo il parto, viene custodito nel reparto di neonatologia dell’ospedale e dichiarato adottabile in tempi molto brevi. Credo che questa sia la situazione migliore per i neonati. Meno per le mamme, perché costrette ad affrontare senza sostegno una situazione molto difficile, col rischio di cadere in depressione”.

Nonostante questo strumento, però, si verificano ancora casi di abbandono dei bambini, come successo a Terni. Perché?

“Può capitare, e capita, pur essendo assolutamente illegale, che alcune gravidanze vengano portare avanti per dare il bambino ad altre persone. Ma se poi qualcosa va storto… Oppure, ci sono ancora donne che non si rendono conto del loro stato di gravidanza fino ad una fase molto avanzata. Quando però non possono più accedere agli strumenti previsti dalla legge 194, oppure continuano a voler tenere segreto quel figlio”.

E allora?

“L’unica soluzione, anche a livello mediatico, è quella di promuovere il parto in anonimato”.

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