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Cronaca

Ragazzi morti a Terni, il punto di vista psicologico

La psicologa psicoterapeuta Margarita Assettati, esperta di psicologia dello sviluppo, già giudice onorario minorile nella Corte d’Appello di Perugia: “C’è un buco nero nella nostra società che sta inghiottendo famiglie e generazioni di adolescenti”.

Un vero e proprio “buco nero” all’interno della società che sta risucchiando intere famiglie e, nello specifico, l’attuale generazione di adolescenti. Una questione che non si circoscrive a questo tragico caso di cronaca, ma deve essere rilanciata con urgenza dentro le istituzioni.

A parlarne in questi termini è la dott.ssa Margarita Assettati, psicologa e psicoterapeuta che da oltre quindici anni lavora a stretto contatto con gli adolescenti e le loro famiglie: “Sono assolutamente d’accordo con quanto affermato oggi dal procuratore Liguori circa le responsabilità di questa tragedia da individuare nel tessuto sociale. In questo senso tendo a rifiutare ogni eventuale accusa nei confronti delle famiglie. Non possono accollarsi un epilogo drammatico come questo. Non è giusto ma soprattutto non è giustificabile”.

La dott.ssa Assettati spiega la sua posizione: “La famiglia è la prima agenzia educativa di un minore ma è anche la cellula più vulnerabile della società. La pandemìa ha solo accentuato un processo di deterioramento sociale che sta avvenendo da anni. Pensiamo, ad esempio, alle politiche di welfare sempre più carenti e insufficienti, che denotano una scarsa cura, empatia e sostegno concreto verso le famiglie. Il risultato è l’abbandono a loro stesse”.

L’adolescenza: una linea di passaggio delicata e invisibile ai più

L’adolescenza è una fase evolutiva complessa, costellata da trasformazioni fisiche, psicologiche, umorali e si regge su equilibri precari. “Ma è anche un momento evolutivo – prosegue Assettati – che richiede l’aggregazione sociale. Il confronto con i pari, il sentirsi partecipi di un gruppo sono atti profondamente identitari. Ora, evidentemente, i contesti nei quali gli adolescenti si identificano con altri pari è determinante. Questo, a mio avviso, è il nodo problematico – sottolinea Assettati – perché soprattutto nei nostri territori non esistono forme di aggregazione specifiche altamente strutturate per questa fascia di età. O se esistono, sono confinate in piccoli spazi, sono realtà (alcune anche bellissime e funzionali) ma circoscritte, slegate fra loro. Il problema è proprio l’inesistenza di una rete di welfare specifica per gli adolescenti”.

Insomma, le questioni si intrecciano per cui un contesto disfunzionale ma altamente identitario potrebbe indurre un adolescente a rifiutare i valori sani trasmessi dalla famiglia: “Gli adolescenti, per loro natura, tendono a sfidare i confini, andare oltre il seminato per vedere come gli adulti reagiscono per fare esperienza della vita. Tutto assolutamente normale. Il problema nasce quando questa sperimentazione avviene, purtroppo, non in contesti protetti o in luoghi sani ma all’interno di circuiti ad alto rischio”.

Il rischio che le istituzioni devono contenere

Si ritorna, allora, sulle responsabilità: “Tutti noi percepiamo che la nostra società non sta concedendo dei terreni fertili ai nostri figli adolescenti affinché possano sperimentarsi ed essere stimolati. Un’intera generazione completamente invisibile alle istituzioni, che, lo abbiamo visto, non si sono neanche curate dell’impatto del lockdown su di loro e sulla loro psiche. E, ancora oggi, non arrivano messaggi confortanti riguardo un sistema di politiche permanenti per il benessere di questi minori. Si parla di futuro senza coltivare il presente. Un po’ come voler costruire una casa partendo dalle fondamenta e dal tetto, dimenticando però le mura”. E poi conclude: “Sono convinta, osservando la mia esperienza personale e professionale, che tutti gli adolescenti abbiano delle risorse inimmaginabili ma che gran parte del mondo adulto non le voglia vedere, perché stare accanto a un adolescente significa mettersi interamente nei suoi panni, seguendo i suoi tempi con un'attenzione costante. Qualcosa di impensabile in una società votata fortemente all’individualismo. Ma se non diamo il giusto valore a questi ragazzi, se non li facciamo sentire importanti per quello che sono ossia il futuro della nostra società, dovremo fare i conti con un futuro che non ci sarà. E questa prospettiva drammatica non può lasciarci indifferenti".

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