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Cronaca

Dall’Emilia a Terni, la banda delle gioiellerie aveva puntato anche la città: così i colpi sono stati sventati

Dopo le rapine nel Modenese e nel Bolognese, secondo i carabinieri i quattro criminali volevano spostarsi anche in altre regioni. Provvidenziale è stato un posto di blocco nel Reatino. Intercettazioni e immagini: i dettagli dell’indagine

Nelle oltre venti pagine del provvedimento firmato dal pubblico ministero Giampiero Nascimbeni della procura della Repubblica di Bologna, il riferimento a Terni compare diverse volte. Segno che la banda aveva cominciato a ragionare sulla possibilità di spostare il proprio baricentro d’azione dall’Emilia fino alla città dell’acciaio per poi colpire anche in altre zone dell’Umbria, come Magione e Perugia.

I carabinieri hanno arrestato tre cittadini albanesi e un brindisino, con età compresa tra 23 e 28 anni, ritenuti responsabili di due rapine messe a segno a giugno e ad agosto scorsi presso le gioiellerie Stroili all’interno dei centri commerciali Meridiana di Casalecchio di Reno (Modena) e Le Piazze di Castel Maggiore (Bologna) per un bottino complessivo di circa 150mila euro. I reati contestati ai quattro fermati, in concorso tra loro, sono quelli di rapina aggravata e furto aggravato.

I giudici per le indagini di Brindisi (Vilma Gilli) e Modena (Andrea Scarpa) hanno convalidato i fermi del pubblico ministero Giampiero Nascimbeni della procura di Bologna e disposto la custodia cautelare in carcere per tutti gli indagati.

Il modus operandi era ormai collaudato: dopo aver rubato un’auto che utilizzavano per arrivare sul luogo dei colpi e per guadagnare la fuga, in pieno giorno entravano incappucciati armati di martelli, spaccavano teche e vetrine e arraffavano i preziosi per poi scappare a bordo di un furgone noleggiato nel Brindisino, che li seguiva in tutti gli spostamenti.

Le attività investigative tra Bologna, Brindisi e Modena hanno preso avvio mettendo insieme le immagini delle telecamere di sorveglianza e il traffico telefonico dei soggetti, già noti alle forze dell’ordine, tra i luoghi dove erano avvenuti i furti dei veicoli e quelli delle rapine. L’input all’inchiesta è arrivato proprio scorrendo i dati che erano stati lasciati per il noleggio del furgone nel Brindisino.

Ricostruendo i movimenti dei quattro arrestati, i carabinieri hanno appurato che avevano una sorta di “sede logistica” a Guiglia, in provincia di Modena, zona appenninica perfetta e isolata e dove tutti risiedevano, ma erano in stretto collegamento con la città di Brindisi, dove sono cresciuti. Infatti commesse e personale dei negozi rapinati hanno riferito agli inquirenti di un accento meridionale-pugliese.

La perquisizione nell'abitazione di Guiglia ha permesso di rinvenire le calzature utilizzate durante le rapine e riprese dalle telecamere, piedi di porco e passamontagna. Anche i rilievi su un’auto rubata e rinvenuta a Savignano sul Panaro hanno dato esito positivo: benché fosse stata ripulita con la candeggina, dagli accertamenti è spuntata una etichetta di una delle gioiellerie rapinate.

Durante uno dei frequenti spostamenti che i quattro criminali erano soliti mettere in atto per “studiare” i bersagli da colpire, uno di loro è stato fermato nel Reatino durante un posto di blocco della polizia stradale. Il fatto di essere stato fermato in zona – e dunque identificato – secondo gli investigatori ha fatto sfumare la possibilità di mettere a segno uno dei colpi proprio nel Ternano.

Ancora, una delle intercettazioni telefoniche captate dagli investigatori ha “posizionato” uno dei quattro criminali su un treno nei pressi di Firenze che lo avrebbe portato “proprio a Terni”, scrive il pubblico ministero nell’ordinanza di custodia cautelare.

I legami con l’Umbria non finiscono qui. Dalle intercettazioni emerge infatti una conversazione con una donna – cinquantenne, non indagata in questo procedimento – originaria di Gualdo Tadino e residente a Guiglia che parla al telefono con una della banda. Secondo gli investigatori, la cinquantenne sa delle attività criminali dei quattro e infatti li minaccia: “Se non mi date dei soldi – si lascia andare al telefono – spiffero tutto”. Ma i carabinieri li stavano ascoltando e sapevano già molto.

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