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Cronaca

Mamme contro la droga: "Le istituzioni non ci lascino da sole"

Dopo il racconto-denuncia raccolto da Terni Today, una lettera di un'altra donna che si unisce al grido di aiuto di tante famiglie

"Le istituzioni non ci lascino sole nella lotta alla droga". Dopo il racconto fatto da Terni Today del viaggio tra gli spacciatori per salvare la giovane figlia, un'altra signora, un'altra madre, ha preso carta e penna per non lasciar cadere nel vuoto il grido d'aiuto e di denuncia lanciato dalla donna. Una lettera raccolta dal Popolo della Famiglia Umbria e inviata alla redazione. "Vogliamo prestare la massima attenzione alle parole che tutti questi genitori hanno speso nel trattare questo argomento - commenta il presidente Claudio Iacono - quando sono state un grido di protesta, quando un resoconto straziante e quando un tentativo di reciproco conforto nella direzione di una concreta e possibile via di uscita.

Carissima Sig.ra Anna, ho letto con sincera e profonda empatia la sua storia nell’intervista pubblicata su Ternitoday. Ciò che mi spinge a scrivere questa lettera non è un interesse particolaristico e individualistico per parlare dei soliti temi politicamente caldi e facilmente strumentalizzabili, come quello dell’immigrazione clandestina a cui spesso si rifanno reati satelliti, quali lo spaccio di sostanze stupefacenti e l’istigazione alla prostituzione, ma la volontà di denunciare insieme a lei la piaga meno evidente che si cela dietro “l’inferno” che ha colpito tutta la sua famiglia.

La sua esperienza di vita vissuta lancia un grido molto più forte delle nostre parole e delle nostre battaglie per la tutela della persona nella sua integrità, che troppo spesso oggi viene di fatto considerata come qualcuno, o peggio qualcosa, di a sé stante, avulso dalla rete di relazioni famigliari e sociali; la sua voce è più forte semplicemente perché denuncia, nei fatti terribili che hanno colpito la sua famiglia, la realtà sociale e la dimensione antropologica che viviamo in questo tempo e, per questo, mi sprona affinché l’uomo, in tutta la sua dignità, torni ad essere al centro di un dibattito serio e attivamente impegnato, sia nell’ambito della nostra amministrazione locale, che nelle intenzioni e nel progetto politico di chi è attualmente al governo.

A questo proposito la mia riflessione ricade principalmente sulla triste constatazione di come lo Stato stia nei fatti venendo meno ad una delle sue prerogative principali, cioè la protezione e il sostegno della persona umana, compresi i giovani, in base alla quale doveva “favorire gli istituti necessari a tale scopo” (art. 31 della Costituzione); dalle sue parole infatti, è risultato subito evidente che la strada da lei intrapresa per aiutare sua figlia è stata percorsa in solitudine, senza l’aiuto di quelle Istituzioni che dovrebbero tutelare e garantire la sicurezza e il benessere dei cittadini. In questi casi si tende sempre a ricercare il colpevole e le denunce si sprecano.

C’è chi accusa le agenzie formative, la scuola prima di tutto, di non saper far fronte al crescente disagio giovanile, che dilaga sempre più velocemente nelle nuove generazioni. La scuola, sempre più promotrice di progetti e iniziative, attivate in collaborazione con associazioni, enti esterni e istituzioni statali per combattere la dipendenza dalle droghe, il bullismo, il cyberbullismo e altre questioni legate ai problemi giovanili, riesce ad individuare veramente il cuore del problema? Consigliare ad un giovane di non abusare delle sostanze stupefacenti, portando come giustificazione un elenco infinito di conseguenze dannose a livello fisico e psichico, risolve la questione? Ponendo queste domande, non voglio fare del vacuo riduttismo, ma porre degli interrogativi sull’effettiva efficacia dei mezzi messi in campo per combattere le tante piaghe sociali.

Quel che è certo è che i giovani non hanno bisogno di una risposta scientificamente dimostrata e quindi inopinabile, hanno bisogno di capire e conoscere cosa li agita, cosa li angoscia e come affrontare tutto questo, senza dover ricorrere a soluzioni psichedeliche di ogni tipo per cercare una vana via di fuga.

Cadono spesso sotto giudizio anche altre istituzioni statali (Polizia di Stato, Magistratura) che sembrano non agire in conformità con le necessità e i bisogni dei cittadini, manifestandosi manchevoli nella salvaguardia della persona umana. Non voglio proporre una “caccia all’uomo”, alla ricerca dei responsabili effettivi dello stato di abbandono in cui si riconoscono molti, soprattutto le famiglie, né è mia intenzione dispiegare le cause ancestrali di questa deriva antropologica nella quale siamo immersi, perché entrare nel merito della questione, significherebbe cercare l’uscita in un labirinto dedalico.

Cara sig.ra Anna, voglio solo dare seguito alla sua storia e alle sue parole, unendomi a quel grido di aiuto che vorrebbe costringere lo Stato a volgere concretamente lo sguardo su coloro di cui dovrebbe farsi garante, perché la famiglia umana, cuore e pilastro della società, non debba più trovarsi sola nell’esplicitare la sua missione di piccola cellula vitale in cui i figli crescono, trovano aiuto e protezione. San Giovanni Paolo II, la cui grandezza e profondità di spirito è riconosciuta da tutti, credenti e non, diceva: «La famiglia è il prisma attraverso cui considerare tutti i problemi sociali e attraverso cui passano tutte le questioni politiche».

Mia cara Anna, da mamma a mamma, ha tutta la mia stima, pur nello strazio delle sue difficoltà considero la sua battaglia eroica e sono sicura che del suo coraggio e della sua fatica non andrà perduto nulla.

Lettera firmata

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