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Cronaca

Incubo usura, a Terni mille imprese rischiano di trovarsi gli “strozzini” alla porta

Scivolate nell’insolvenza e segnalate alla centrale rischi interbancaria, non possono accedere a strumenti finanziari “legali”. Ottomila famiglie in bilico e un giro d’affari milionario: la situazione

La segnalazione alla centrale rischi interbancaria è un istituto giuridico che risale al diciannovesimo secolo. L’allora condannato, perdeva tutti i diritti civili e veniva allontanato dalla società. Oggi la forma sarà pure cambiata, ma la sostanza resta drammaticamente la stessa.

“Chi è schedato presso la centrale dei rischi – spiegano dall’ufficio studi dell’Associazione artigiani e piccole imprese Cgia di Mestre - difficilmente può beneficiare di alcun aiuto economico dal sistema bancario, rischiando, molto più degli altri, di chiudere o, peggio ancora, di scivolare tra le braccia degli usurai”.

Si tratta a livello nazionale – secondo le proiezioni di Cgia che ha elaborato i dati della Banca d’Italia – di 146mila le imprese italiane che sono “concretamente a rischio usura. Attività che attualmente danno lavoro a circa 500mila addetti. Si tratta prevalentemente di imprese artigiane, esercenti/attività commerciali o piccoli imprenditori che sono scivolati nell’area dell’insolvenza e, conseguentemente, sono stati segnalati dagli intermediari finanziari alla centrale dei rischi della Banca d’Italia. Di fatto, questa schedatura preclude a queste attività di accedere a un nuovo prestito”.

Le ultime statistiche disponibili sono dell’Eurispes e spiegano che se in tema di rischio usura l’Umbria non è messa bene, Terni sta sicuramente peggio con un “indice di permeabilità” all’usura pari a 47,72 rispetto ad una media nazionale di 44,02, ad una media del Centro di 38,49 e dell’Italia di mezzo (Toscana-Umbria-Marche) di 35,54. Il dato di Perugia dice 35,79. Segno evidente che la crisi, nel Ternano, ha fatto più male. L’elaborazione di Uilca Uil dei dati Eurispes specifica ancora di più che nel Ternano sono circa ottomila le famiglie già finite o che rischiano di finire nelle grinfie dei “cravattari”, per un giro d’affari - fuorilegge - che si aggira almeno attorno ai 200 milioni di euro l’anno, che diventano 700 se la lente d’osservazione si allarga sulla situazione regionale.

A livello di imprese che rischiano di trovarsi i “cravattari” alla porta, Cgia - sulla base dei dati della Banca d'Italia – rileva che le imprese “affidate con sofferenza” a Terni e in provincia sono 919, lo 0,6% del totale a fronte di una quota umbra pari a 3.246, ossia il 2,2% del totale. Quasi mille aziende nel Ternano che, ai margini del sistema bancario, potrebbero finire “strozzate”.

A livello nazionale, il numero più elevato di imprese segnalate come insolventi si concentra nelle grandi aree metropolitane. Al 31 marzo scorso, Roma era al primo posto con 12.118 aziende: subito dopo scorgiamo Milano con 8.179, Napoli con 7.199, Torino con 5.320, Firenze con 3.252 e Salerno con 2.987. Le province meno interessate da questo fenomeno, invece, sono quelle che, in linea di massima, sono le meno popolate: come Belluno (con 253 aziende segnalate alla centrale rischi), Sondrio (246) e Aosta (197).

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