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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca

Tribunale, matrimonio Terni-Rieti per salvare la sezione fallimentare

Dossier allo studio del Parlamento: le ipotesi sul tappeto per non trasferire tutto a Perugia. Minacce e opportunità per la città dell’acciaio

Il giorno del giudizio è arrivato. E mai termine fu più appropriato visto che in ballo c’è il futuro del tribunale di Terni. O meglio, quello della sezione fallimentare. Oggi scade infatti il termine entro il quale il governo avrebbe dovuto esercitare le funzioni attribuite dalla legge delega sula riforma del diritto fallimentare

La riforma

Introdotta alla fine dello scorso 2017, la riforma del diritto fallimentare divide, sostanzialmente, le competenze sulle procedure di insolvenza in tre macro gruppi. Per i grandi gruppi di imprese, la competenza di merito spetta alle sezioni dei tribunali delle imprese istituiti presso i capoluoghi di distretto. Per le insolvenze dei privati – introdotte da qualche anno e che rappresentano una percentuale residuale del monte complessivo del lavoro – sono competenti i tribunali ordinari. Per la cosiddetta “fascia intermedia”, il Governo è delegato ad individuare, con un proprio decreto, le strutture competenti che dovrebbero corrispondere a determinati parametri. Primo fra tutti, quello di poter disporre di un organico di magistrati di carriera che dovranno occuparsi soltanto di questo settore compreso tra 6 e 8.

Cosa rischia Terni. E l’Umbria

Una apposita commissione, la commissione Rordorf, ha lavorato alla necessità di declinare sul territorio le indicazioni della legge. Il piano “segreto” del ministero – sospeso nel limbo scaturito dalle Politiche di marzo - partendo dalle caratteristiche oggettive del tribunale di Terni, prevede che la competenza sulla fascia intermedia non possa essere gestita nella città dell’acciaio, dove opera un totale di 20 magistrati compreso il presidente del Tribunale, ma vada spostata su Perugia. Nel piano del ministero non si parla, ovviamente, soltanto di Terni. Lo stesso destino viene però delineato per il tribunale di Spoleto che ha in organico 14 magistrati, compreso il presidente, invece dei 19 che gli spetterebbero di diritto in base alla popolazione-utenza servita. Se la riforma dovesse trovare concretezza, una imponente mole di fascicoli pioverebbe dunque su Perugia che, nell’immediato, vedrebbe moltiplicato il numero di processi da gestire. Dovendo però fare i conti con un singolare paradosso. Spogliare i tribunali di Terni e Spoleto del fallimentare - ossia di un quarto del lavoro ordinario - potrebbe voler significare mettere in crisi l’esistenza stessa di questi tribunali e - di conseguenza - del Distretto di corte d’appello. Scenario futuristico ma plausibile, anche nell’ottica di una nuova mappatura della geografia giudiziaria nazionale.

La (proposta di) soluzione

Su iniziativa parlamentare della Lega, si sta lavorando ad un “matrimonio”. Perché la stessa sorte di Terni potrebbe toccare al tribunale di Rieti che vedrebbe emigrare la sua sezione fallimentare verso Tivoli. Due minacce potrebbero a questo punto diventare una opportunità in quanto trasferire i fallimenti di Rieti su Terni, salverebbe il palazzaccio di corso del Popolo e consentirebbe agli utenti del Reatino una soluzione quanto meno più comoda: Rieti è divisa da Tivoli da circa 80 chilometri, ossia circa un’ora e mezza di viaggio per una spesa di circa 10 euro. La distanza con Terni è molto più abbordabile: meno di 40 chilometri da percorrere in massimo mezz’ora, con un costo decisamente più abbordabile. Il problema, è evidente, non è soltanto legato alla logistica: occorre verificare la praticabilità tecnica dell’accorpamento e capire se la mole di lavoro sarebbe gestibile dall’attuale organico (oltre 7mila le pendenze in carico alla sezione civile del tribunale ternano) o se sarebbe necessario rimpolpare le toghe.
Fatto sta che l’unione potrebbe in qualche modo essere antipasto di altre “rivoluzioni” socio geografiche che sulla carta appaiono tutt’altro che remote.

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